Non sanzionabile l’avvocato che non si presenta all’udienza penale – Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza n. 12903/2011
Il quadro di garanzie che le norme deontologiche della professione mirano ad assicurare è quello dell’apprestamento della difesa nell’ambito del mandato defensionale. Fuoriesce dalla esatta e doverosa prospettiva sanzionatoria quell’atto che – per la sua assoluta episodicità – non sia riconducibile ad un contegno abdicativo del difensore ma ad una scelta individuale di un singolo comportamento. Nella fattispecie, l’avvocato, poi incolpato dal suo Consiglio dell’Ordine per abbandono di difesa, non era comparso ad una udienza dibattimentale per sua scelta difensiva. La Cassazione ha confermato la decisione del Consiglio Nazionale Forense che non aveva ritenuto sussistenti – ai fini della configurazione di una fattispecie sanzionabile – le doglianze poste a fondamento dell’apertura del procedimento disciplinare. Infatti, a giudizio della Cassazione, appare corretta la logica argomentativa seguita dal CNF di rinvenire i parametri della correttezza, fedeltà, diligenza e adempimento professionale del difensore di fiducia nel processo penale nello stesso disegno delle norme del rito penale tracciando un netto solco tra la singola – insindacabile – scelta di non presenziare ad un incombente dibattimentale e la inequivoca opzione per l’abbandono della difesa del proprio cliente.
(© Litis.it 16 Giugno 2011. Avv. Marco Martini – Riproduzione riserata)
Cassazione Civle, Sezioni Unite, Sentenza n. 12903 del 13/06/2011
Svolgimento del processo
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pinerolo con atto del 30/12/2010 ha proposto ricorso ai sensi degli artt. 56 comma 2 R.D. n. 1578 del 1933 e 66 comma 1 R.D. n. 37 del 1934 avverso la decisione del C.N.F. in data 22/10/2010, che ebbe ad accogliere il ricorso dell’avv. [OMISSIS] proposto avverso la decisione del predetto COA in data 9/6/2008, che aveva irrogato al B. la sanzione disciplinare della censura.
L’avv. B. era stato incolpato di violazione degli artt. 6,7,8 e 38 del codice_deontologico_forense per avere mancato di trasmettere comunicazione all’A.G. (Tribunale di Vicenza) in ordine alla sua assenza in data 11.4.2007 all’udienza dibattimentale, pertanto mancando ai doveri di correttezza, fedeltà e diligenza nei confronti del proprio assistito.
Il C.N.F. nella decisione del 22/10/2010, premesso che le contestate e censurate inadempienze del legale erano occorse in relazione ad udienza dibattimentale in processo penale e che il legale stesso era stato officiato come difensore di fiducia, ha rilevato che l’assenza del predetto difensore comporta la nomina del difensore di ufficio, che il difensore di fiducia non può tacitamente rinunziare all’incarico, che l’assenza ad una udienza non integra abbandono della difesa, che l’assenza stessa si ricollega anche a ragioni di scelta processuale non sindacabile dall’ A.G., che pertanto non sussisteva alcuna violazione del mandato di cui all’art. 38 C.D., che neanche si integravano le ipotesi di violazione dei criteri di correttezza, fedeltà e diligenza di cui agli artt. 6,7,8 C.D. posto che non incombe al difensore di fiducia giustificare le proprie scelte difensive e tampoco informare di esse il magistrato.
Nel proprio ricorso il COA di Pinerolo ha ribadito la propria opinione per la quale il CNF avrebbe sommariamente affrontato la questione dimenticando la rilevanza delle aspettative dell’imputato nel processo penale, quelle ad avere la presenza del proprio difensore di fiducia e non di un legale solo nominato dall’Ufficio, e al contempo la esigenza dello stesso imputato di avere tempestiva informazione dal proprio legale.
L’avv. B. ha depositato proprie deduzioni difensive nelle quali, dopo aver sottolineato la genericità del ricorso e l’assenza in atti della copia del provvedimento impugnato, nonché della delibera autorizzatoria del ricorso stesso recante procura alla lite, ha eccepito con riguardo alla vicenda che, dal luglio 2010, egli era stato cancellato dall’Albo con delibera del COA perché nominato dal Parlamento componente del CSM (art. 104 c. 7 Cost.) sì che in tal momento, e quindi alla data del ricorso 30/12/2010 del COA di Pinerolo, egli non era iscritto all’Albo e pertanto il ricorso era improcedibile od inammissibile. Il difensore del ricorrente COA in discussione orale ha prospettato dal canto suo la inammissibilità delle predette deduzioni perché non contenute in controricorso e non formulate da procuratore speciale.
Motivi della decisione
Giova preliminarmente rilevare la infondatezza dei rilievi mossi alla costituzione in giudizio dell’avv. B. : da un canto la costituzione è stata rettamente effettuata con memoria depositata e nel rispetto del termine, secondo il disposto dell’art. 66 u.c. R.D. n. 37 del 1934; dall’altro canto la procura speciale rilasciata dal B. all’avv. C. F. in calce a tale memoria è atto del tutto rispettoso della rilevata peculiarità di costituzione della parte intimata (oltre ad essere coerente con il nuovo disposto dell’art. 83 c.p.c. novellato dall’art. 45 c. 9 lett. A della legge 69 del 2009, applicabile al ricorso in disamina).
Le eccezioni contenute nelle appena considerate deduzioni difensive sono peraltro non condivisibili.
Le eccezioni afferenti l’omesso deposito del provvedimento e della delibera autorizzatoria della lite sono inconsistenti, tutto essendo stato depositato il 14.1.2011 (la notifica dell’atto essendo stata richiesta il 31.12.2010). Irrilevanti ai fini della decisione sono le pretese incompletezze dei dati identificativi del ricorso. Non fondato è poi il rilievo di inammissibilità del ricorso perché proposto quando il deducente avrebbe cessato di essere iscritto all’Albo, da questo essendo stato cancellato il 31.7.2010 (e quindi prima del, ricorso), per nomina a componente del CSM. In realtà la cessazione dell’iscrizione dell’avv. B. all’ordine professionale – iscrizione che è condizione per l’esercizio del potere disciplinare del COA – avvenne ben prima della data nella quale la decisione del CNF venne a giuridica esistenza (deposito del 22.10.2010) sì che la decisione del Consiglio di provvedere sul merito della impugnazione avverso la decisione del COA di Pinerolo, nonostante la sua intervenuta cancellazione dall’Albo, devesi ritenere frutto della scelta di privilegiare, sulla ipotesi di una pronunzia di natura processuale (ed in applicazione dell’art. 37 c. 9 del R.D. n. 37 del 1934), l’interesse ad esaminare il “fondo” della questione posta in ricorso. E su tal assorbimento della questione dell’interesse alla pronunzia nella questione della fondatezza della incolpazione disciplinare, l’avv. B. non ha mostrato alcun dissenso nella dovuta forma della impugnazione incidentale.
Nel merito il ricorso del COA di Pinerolo è privo di alcun fondamento ritenendo il Collegio affatto condivisibili le affermazioni del CNF nella impugnata decisione.
Va rammentato che nella disamina delle contestate violazioni degli artt. 6, 7, 8 e 38 del codice deontologico forense (nel testo risultante dalla delibera modificatrice del CNF in data 12.6.2008 n. 15) il CNF né è vincolato alla definizione dell’illecito quale scaturente dal testo delle disposizioni né è impedito di reperire al di fuori di esse gli elementi per configurare od escludere l’illecito stesso, essendo stato da queste Sezioni Unite precisato che le previsioni del codice deontologico forense hanno natura di fonti solo integrative dei precetti delle norme (S.U. n. 15952 del 2009).
Su tale premessa appare corretta la logica argomentativa seguita dal CNF nella impugnata decisione, quella di rinvenire i parametri della correttezza, fedeltà, diligenza e adempimento professionale del difensore di fiducia nel processo penale nello stesso disegno delle norme del rito penale tracciando un netto solco tra la singola – insindacabile – scelta di non presenziare ad un incombente dibattimentale e la inequivoca opzione per l’abbandono della difesa del proprio cliente.
È infatti indubbio che il quadro di garanzie che le norme deontologiche mirano ad assicurare è quello dell’apprestamento della difesa nell’ambito del mandato defensionale e che fuoriesce dalla esatta e doverosa prospettiva sanzionatoria quell’atto che – per la assoluta episodicità – non sia riconducibile ad un contegno abdicativo del difensore ma ad una scelta individuale di un singolo comportamento.
La riconduzione del comportamento “omissivo” del difensore di fiducia è dunque frutto di interpretazione, affidata al giudice del merito, alla luce delle norme del codice di rito penale (artt. 105 e 108 del C.P.P.) che ne costituiscono la trama obbligata. In tal senso è stato affermato che la sola assenza ad una udienza del difensore di fiducia non può interpretarsi come sintomo di un atto abdicativo espresso o di revoca dell’incarico, né tampoco di un comportamento di “abbandono” ai fini della concessione al difensore di ufficio del termine a difesa di cui all’art. 108 C.P.P. (Cass. sez V, n. 21889 del 2010). E nello stesso senso è stato ripetutamele affermato che l’ipotesi di abbandono di cui all’art. 105 C.P.P., ipotesi che espressamente radica il potere sanzionatorio dei COA, non è desumibile dal solo comportamento processuale del difensore di fiducia (anche nella ipotesi di mancata comparizione all’interrogatorio di garanzia) stante l’equivocità di un dato di mera astensione e la sua riconducibilità ad una diversa, alternativa ed insindacabile, strategia processuale (tra le tante, Cass. VI, n. 3968 del 1995 e n. 6660 del 1997, n. 1346 del 1997 e n. 9478 del 1998). Correttamente dunque il CNF ha dato sostanza alle generiche formule del codice deontologico ricavandola dal punto di equilibrio che le stesse norme del codice processuale penale individuano tra le ineliminabili esigenze di rendere l’officio della difesa e la libertà delle forme, dei tempi e dei modi per espletarlo.
E di tanto non pare consapevole il ricorrente COA che con censure affatto fuor di segno ribadisce la sua non condivisibile opinione per la quale anche il singolo atto di assenza, peraltro asseritamente giustificato dalla partecipazione a seduta pomeridiana della Camera dei Deputati alla quale apparteneva l’avv. B. , sarebbe costitutivo di grave lesione del diritto del difeso a vedersi assicurata l’assistenza del legale di fiducia in ogni singolo atto.
Le spese del giudizio si regolano secondo la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente COA di Pinerolo a corrispondere all’avv. [OMISSIS] le spese di giudizio che determina in Euro 2.500 (di cui Euro 200 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge.
Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2011