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Esame di avvocato. La valutazione di merito è sindacabile solo sotto il profilo della sua logicità – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3402/2011

Le decisioni delle commissioni esaminatrici costituiscono “atti di natura mista”, come tali aventi una “duplice valenza”, e cioè natura “provvedimentale”, quanto all’ammissione o meno alla fase successiva della procedura; nonché natura di “giudizio”, circa la sufficienza della preparazione del candidato stesso al fine di detta ammissione (Cons. Stato, sez. VI, nn. 935/2008; 689/2008; 172/2006). Quanto a quest’ultimo profilo, si è affermato che “la commissione giudicatrice di concorso esprime un giudizio tecnico-discrezionale caratterizzato da profili di puro merito . . . non sindacabile in sede di legittimità, salvo che risulti manifestamente viziato da illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento dei fatti” (Cons. Stato, sez. IV, n. 1237/2008).

Ciò comporta che il giudice amministrativo, in sede di sindacato giurisdizionale di legittimità, deve, in particolare, verificare – preso atto dell’iter logico seguito dall’amministrazione e risultante dalla motivazione – se la decisione adottata consegue, con coerenza logica e ragionevolezza, dalle premesse argomentative esposte concernenti l’analisi dell’elaborato del candidato.

Tale verifica, dunque, concernente la eventuale sussistenza (o meno) del vizio di eccesso di potere, si inserisce all’interno dell’iter logico seguito (ed esposto) dall’autorità emanante l’atto impugnato, ma non deve e non può sostanziarsi in una giustapposizione (o sostituzione) della valutazione del giudice rispetto a quella dell’amministrazione, unica titolare del potere amministrativo.

(© Litis.it, 13 Giugno 2011 – Riproduzione riservata)

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 3402 del 06/06/2011

FATTO

Con l’appello in esame, il Ministero della Giustizia impugna la sentenza 9 febbraio 2011 n. 178, con la quale il TAR per la Calabria, sede di Catanzaro, sez. II, ha accolto il ricorso proposto da [OMISSIS] ed ha annullato, tra l’altro, il provvedimento di non ammissione della stessa agli esami orali di abilitazione alla professione di avvocato per l’anno 2009, con attribuzione, alle prove scritte sostenute, del punteggio complessivo di 75 (prima prova 30, seconda prova 25, terza prova 20).

Secondo la sentenza appellata:

– al giudice amministrativo “è consentito il sindacato sulla discrezionalità tecnica, nei limiti del controllo sulla correttezza del procedimento tecnico di valutazione seguito e senza la pretesa di sostituire la propria valutazione a quella della P.A.”;

– nel caso di specie, non sussistono “i presupposti in base ai quali l’elaborato concernente la redazione di un atto giudiziario è stato valutato insufficiente “per gravi errori di grammatica e concettuali, forma impropria, ossia non adatta alla stesura di un atto giudiziario”, risultando “inesistenti i rilevati gravi errori di grammatica e risultando la forma dell’elaborato idonea allo scopo che si propone un atto giudiziario redatto in occasione di una prova di abilitazione”; con la conseguenza – stante la “manifesta scorrettezza della valutazione di uno degli elaborati” – della necessità della “ripetizione della valutazione, irreparabilmente viziata, di tutte le prove”.

Avverso tale decisione, il Ministero della Giustizia propone i seguenti motivi di appello:

violazione del principio di tassatività delle ipotesi di giurisdizione di merito del giudice amministrativo; violazione del principio di separazione dei poteri dello Stato; eccesso di potere giurisdizionale; poiché il TAR, giudicando “errata” la valutazione espressa dalla competente Sottocommissione giudicatrice, “ha in pratica sostituito la propria valutazione tecnico-giuridica a quella (negativa) già operata dall’amministrazione nell’esercizio delle proprie attribuzioni previste dalla legge”, laddove i giudizi di questa sono sindacabili solo sotto il profilo della illogicità manifesta e del travisamento dei fatti. Nel caso di specie, peraltro, la candidata “non ha indicato elementi di abnormità . . . ma si è limitata apoditticamente a sostenere la validità nel merito dei suoi elaborati”.

Si è costituita in giudizio la dott.ssa Valentina Arestia, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza, ritenendo anche essersi formato giudicato sulla statuizione della sentenza circa “insussistenza, nell’atto giudiziario, di gravi errori di grammatica o concettuali e la piena idoneità della forma dell’atto”.

Ha, inoltre, proposto appello incidentale, con il quale ha riproposto i motivi di cui al ricorso introduttivo del giudizio di I grado, con riferimento al parere di diritto penale, e relativi “in estrema sintesi, all’inveridicità totale e scorrettezza del giudizio di incoerenza della soluzione proposta rispetto alla fattispecie prospettata, essendo la ricorrente pervenuta alle medesime conclusioni cui erano giunte in un caso del tutto analogo, le Sezioni Unite della Cassazione, nell’arresto n. 22676/2009”.

Con decreto cautelare 9 marzo 2011 n. 1138, è stata sospesa l’esecutività della sentenza appellata.

All’odierna udienza in Camera di Consiglio, il Collegio, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 60 Cpa, ha riservato la causa per la decisione nel merito.

DIRITTO

L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha già affermato, in ordine alla natura delle decisioni delle commissioni esaminatrici, che esse costituiscono “atti di natura mista”, come tali aventi una “duplice valenza”, e cioè natura “provvedimentale”, quanto all’ammissione o meno alla fase successiva della procedura; nonché natura di “giudizio”, circa la sufficienza della preparazione del candidato stesso al fine di detta ammissione (Cons. Stato, sez. VI, nn. 935/2008; 689/2008; 172/2006).

Quanto a quest’ultimo profilo, si è affermato che “la commissione giudicatrice di concorso esprime un giudizio tecnico-discrezionale caratterizzato da profili di puro merito . . . non sindacabile in sede di legittimità, salvo che risulti manifestamente viziato da illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento dei fatti” (Cons. Stato, sez. IV, n. 1237/2008).

Ciò comporta che il giudice amministrativo, in sede di sindacato giurisdizionale di legittimità, deve, in particolare, verificare – preso atto dell’iter logico seguito dall’amministrazione e risultante dalla motivazione – se la decisione adottata consegue, con coerenza logica e ragionevolezza, dalle premesse argomentative esposte concernenti l’analisi dell’elaborato del candidato.

Tale verifica, dunque, concernente la eventuale sussistenza (o meno) del vizio di eccesso di potere, si inserisce all’interno dell’iter logico seguito (ed esposto) dall’autorità emanante l’atto impugnato, ma non deve e non può sostanziarsi in una giustapposizione (o sostituzione) della valutazione del giudice rispetto a quella dell’amministrazione, unica titolare del potere amministrativo.

Nel caso di specie, il primo giudice ha verificato – con riferimento alla correzione ed al giudizio espresso su uno solo dei due elaborati ritenuti insufficienti dalla Commissione – sia l’assoluto difetto del presupposto sul quale tale giudizio si è fondato (la asserita presenza di “gravi errori di grammatica”), sia la assenza delle (pur evidenziate dalla Commissione) incoerenze della forma in relazione alla tipologia dell’atto giudiziario: profili ambedue non contestati con specifiche argomentazioni nell’atto di appello.

Si tratta, a tutta evidenza, di un sindacato svoltosi nei limiti della giurisdizione di legittimità, volto proprio a verificare la sussistenza (o meno) del vizio d eccesso di potere, lamentato con il ricorso introduttivo del giudizio di I grado, e quindi senza alcuno “sconfinamento” nel merito, dovendosi escludere la lamentata sostituzione di una valutazione tecnico-.giuridica del giudice a quella dell’amministrazione (rilievo sul quale unicamente si fonda l’appello dell’amministrazione).

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere rigettato, non essendo necessario, di conseguenza, l’esame dell’appello incidentale proposto dall’appellata, che diventa improcedibile.

Stante la natura della controversia, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero della Giustizia (n. 1812/2011 r.g.), lo rigetta.; dichiara improcedibile l’appello incidentale della parte appellata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2011 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 06/06/2011

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