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Accesso a numero chiuso ai corsi di laurea universitari – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3553/2011

Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 3553 del 13/06/2011

FATTO e DIRITTO

Con sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, sez. I, n. 1027/05 del 30.6.2006 (che non risulta notificata) veniva respinto il ricorso proposto dal signor [OMISSIS] avverso la nota n. prot. 0002266 del 17.1.2005, con cui l’Università degli Studi di Milano aveva negato la regolarizzazione dell’iscrizione del medesimo al corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria, ai sensi dell’art. 1 della legge 19.11.2004, n. 288.

Nella citata sentenza si osservava come il ricorrente – iscritto con riserva alla predetta facoltà nell’anno accademico 2001/2002 – non avesse titolo all’applicazione della sanatoria introdotta con la citata legge n 288/04, trattandosi di sanatoria riservata agli iscritti (anche sotto condizione, in virtù di provvedimento cautelare degli organi di giustizia amministrativa) per l’anno accademico 2000/2001. Avverso la predetta sentenza è stato proposto l’atto di appello in esame (n. 6595/06, notificato il 4.7.2006), sulla base dei seguenti motivi di gravame:

1) incompetenza del direttore amministrativo vicario per l’emanazione dell’atto impugnato, in quanto tutti i provvedimenti relativi ad iscrizione, trasferimenti o passaggi di corso degli studenti universitari sarebbero di competenza del Rettore, a norma dell’art. 1 del R.D. n. 12169/1938;

2) violazione o falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 288/2004 ed eccesso di potere sotto vari profili, in quanto la sanatoria, disposta dalla predetta legge, avrebbe dovuto riguardare gli studenti che, prima dell’entrata in vigore delle legge stessa, avessero ottenuto un provvedimento cautelare favorevole in sede giudiziale, con ulteriore superamento di un esame entro il 31.7.2001 o più di due esami entro il 31.7.2003; una diversa interpretazione – che discriminasse gli studenti immatricolati, come l’appellante, nell’anno accademico 2001/2002, rispetto a quelli immatricolati nell’anno accademico 2000/2001 – risulterebbe irrazionale e dovrebbe ritenersi frutto di frettolosa lettura della norma da parte degli amministratori dell’Ateneo;

3) incostituzionalità dell’art. 1 della legge n. 288/2004 per contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione, non potendosi disciplinare in modo diverso situazioni identiche e non essendo ammesse dall’ordinamento leggi “ad personam”;

4) violazione degli articoli 3 e 7 della legge 7.8.1990, n. 241, non essendo stati specificati nel provvedimento impugnato i termini e l’Autorità a cui proporre ricorso;

5) risarcibilità del danno, per gli ingenti pregiudizi subiti dall’appellante, per il ritardato accesso alla professione.

L’Amministrazione universitaria appellata, costituitasi in giudizio, rappresentava come l’iscrizione con riserva di cui si discute fosse frutto di un’ordinanza cautelare non confermata in sede di appello, con successivo annullamento dell’iscrizione stessa da parte dell’Università e ripresa – da parte dell’interessato – dei propri studi presso la facoltà di Medicina e Chirurgia, presso la quale detti studi erano iniziati nell’anno accademico 1993 – 1994, con frequenza fino all’anno accademico 1997 – 1998. La domanda di iscrizione alla facoltà di Odontoiatria per l’anno accademico 2001 – 2002, pertanto, sarebbe stata presentata in un contesto di studi universitari interrotti, che l’interessato mostrava di voler iniziare nuovamente in un diverso settore disciplinare, ma al di fuori dei parametri applicativi della sanatoria, prevista in via eccezionale dalla legge n. 288/2004; il provvedimento impugnato, infine, sarebbe stato correttamente adottato da un dirigente amministrativo, trattandosi non di adottare decisioni sulla carriera universitaria di uno studente (comunque rimesse ai Consigli di Facoltà e non al Rettore, in base alla legge n. 341/1990), ma di esprimere un indirizzo interpretativo vincolato, in ordine alla richiesta applicazione di una disposizione di legge.

Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che le argomentazioni difensive dell’appellante non siano condivisibili.

Deve considerarsi prioritaria, infatti, la disamina del più volte citato art. 1 della legge 19 novembre 2004, n. 288, che – disciplinando la situazione successiva all’introduzione, con legge n. 264/1999, del cosiddetto accesso a numero chiuso ai corsi di laurea universitari – ha dettato una disposizione eccezionale di favore per tutti coloro che, risultando esclusi dalla selezione, avessero tuttavia ottenuto l’iscrizione con riserva ai predetti corsi per l’anno accademico 2000/2001; a tali studenti veniva infatti consentita l’iscrizione al secondo anno di corso per l’anno accademico 2001/2002, purché avessero sostenuto almeno un esame entro il 31 luglio 2001, ovvero più di due esami entro il 31 luglio 2003. Tali essendo le disposizioni testuali di una legge, che per il ricordato carattere eccezionale non poteva ritenersi soggetta ad interpretazione estensiva o analogica, appare evidente che l’attuale appellante non rientrava tra i beneficiari della stessa, essendo stato iscritto con riserva (prima dell’annullamento, con atto che non risulta impugnato, di tale iscrizione) al corso di laurea in odontoiatria nell’anno accademico successivo a quello ammesso alla sanatoria.

Non può non essere richiamato, in tale situazione, l’art. 21-octies della legge n. 241/1990, secondo cui non può addivenirsi all’annullamento di un atto amministrativo per vizi di forma o di procedura, quando il contenuto dell’atto stesso non avrebbe potuto essere diverso: il primo, il secondo ed il quarto motivo di gravame non possono pertanto che essere respinti, non potendo censurarsi per incompetenza la mera comunicazione, da parte di un dirigente, della corretta lettura di una norma, preclusiva dell’accoglimento dell’istanza dell’interessato, né potendo darsi a detta norma una lettura diversa, in base al noto principio “in claris non fit interpretatio”, con ulteriore carattere non invalidante di mere irregolarità, come l’omessa comunicazione dei termini di impugnativa e dell’Autorità a cui ricorrere.

Manifestamente infondata, inoltre, risulta l’eccezione di incostituzionalità, sollevata come terzo motivo di gravame, essendo pacifica la possibilità di operare, in via eccezionale, la sanatoria di situazioni verificatesi entro un certo lasso temporale, per ragioni rimesse alla discrezionalità del legislatore, ma che, nel caso di specie, possono ricondursi al massiccio contenzioso, seguito alla prima applicazione della riforma sul cosiddetto “numero chiuso” per l’accesso ai corsi universitari (cfr. anche, sulla possibilità di disciplina differenziata di situazioni analoghe, ove ciò risponda all’interesse pubblico, Cons. St., sez. VI, 5 settembre 2002, n. 4488).

Al rigetto delle argomentazioni difensive sopra indicate segue l’infondatezza dell’istanza risarcitoria, contenuta nell’ultimo ordine di censure, con conclusiva reiezione dell’atto di appello in esame; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto della novità della normativa applicata nel caso di specie, alla data di instaurazione della controversia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Compensa le spese giudiziali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente FF
Roberto Garofoli, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore
Fabio Taormina, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 13/06/2011

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