Regione Friuli-Venezia Giulia – Contributi sugli acquisti di carburante per autotrazione – Corte Costituzionale, Sentenza n. 185/2011
L’art. 19 della direttiva consente, infine, la possibilità per il Consiglio di autorizzare gli Stati membri ad «applicare ulteriori esenzioni o riduzioni in base a considerazioni politiche specifiche». Tali deroghe devono tuttavia essere adottate previa comunicazione alla Commissione, la quale, tenendo conto, tra l’altro, di considerazioni attinenti al corretto funzionamento del mercato interno, della necessità di garantire una concorrenza leale e delle politiche comunitarie in materia di ambiente, di sanità, di energia e di trasporti, può proporre l’autorizzazione del provvedimento al Consiglio. In questo senso la valutazione della Commissione tiene conto del fatto che espressamente la direttiva prevede, all’art. 26, che i provvedimenti di esenzione o riduzione fiscale, differenziazione delle aliquote e rimborso d’imposta «possono configurarsi come aiuti di Stato e, in tal caso, sono da notificare alla Commissione, conformemente all’articolo 88, paragrafo 3 del Trattato».
5.3. – Proprio con riferimento al Friuli-Venezia Giulia, la direttiva in esame aveva contemplato, fra le eccezioni nell’armonizzazione delle accise, una riduzione dell’aliquota sulla benzina e sul gasolio per autotrazione consumati nel territorio del Friuli-Venezia Giulia, a condizione che tali aliquote differenziate fossero conformi agli obblighi definiti dalla direttiva ed in particolare alle aliquote minime di accisa.
Peraltro la Regione Friuli-Venezia Giulia, già con la legge 12 gennaio 1996, n. 47 (Disposizioni per l’attuazione della normativa nazionale in materia di riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti per autotrazione nel territorio regionale e per l’applicazione della Carta del cittadino nei vari settori istituzionali), aveva previsto un sistema di riduzioni del prezzo al distributore dei carburanti per autotrazione, sistema in seguito modificato dalla legge regionale 5 dicembre 2008, n. 14 (Norme speciali in materia di impianti di distribuzione di carburanti e modifiche alla legge regionale 12 novembre 1996, n. 47 in materia di riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti per autotrazione nel territorio regionale), con la previsione di nuove modalità di rimborso delle riduzioni del prezzo.
Tale sistema era stato autorizzato con decisione del Consiglio 1997/425/CE del 30 giugno 1997, fino al 31 dicembre 1998, data prorogata con decisioni (1999/255/CE del 30 marzo 1999, 1999/880/CE del 17 dicembre 1999, 2001/224/CE del 12 marzo 2001) ed infine annoverata fra le eccezioni dalla direttiva 2003/96/CE.
Successivamente, la Commissione europea, con nota C(2008) 7233 del 27/11/2008, aveva notificato allo Stato italiano una lettera di messa in mora, primo atto di una procedura di infrazione, precisamente in relazione alla legge regionale n. 47 del 1996, per violazione degli obblighi derivanti dalla direttiva 2003/96/CE, procedimento pendente da tempo. La Commissione, in quella circostanza, esaminando il meccanismo adottato dalla legge regionale per il rimborso, aveva ritenuto che le somme rimborsate corrispondessero alle imposte versate dalle compagnie petrolifere per il carburante fornito alle stazioni di servizio regionali, sicchè il vero beneficiario sarebbe stato il soggetto obbligato ad assolvere l’accisa, cioè la compagnia petrolifera.
5.3.1. A giudizio del ricorrente, anche la legge impugnata avrebbe introdotto, attraverso il meccanismo del rimborso, una riduzione indiretta dell’accisa, secondo un procedimento analogo a quello censurato dalla Commissione europea nella summenzionata lettera di messa in mora.
L’assunto, tuttavia, non trova alcun riscontro nella disciplina delineata dalla legge in esame. Il regime di agevolazione esaminato dalla Commissione in relazione alla legge precedente, infatti, appare del tutto diverso dal contributo oggi censurato. Il pregresso sistema era strutturato come una riduzione del prezzo “alla pompa” dei carburanti per autotrazione, in cui le somme corrispondenti alle riduzioni venivano rimborsate a ciascun gestore dai fornitori del carburante, i quali, a loro volta, ricevevano dalla Regione il rimborso delle somme anticipate al gestore. La legge regionale 11 agosto 2010, n. 14, invece, dispone l’erogazione dei contributi sugli acquisti di carburanti direttamente al consumatore, sia pure per il tramite del gestore e della Camera di commercio.
Il rimborso al consumatore di una quota del “prezzo” del carburante, in questo caso, non è in grado di influire sull’ammontare della tassazione assolta dai soggetti passivi dell’accisa, né conseguentemente di ledere le disposizioni comunitarie di armonizzazione dei livelli di tassazione.
L’accisa è, infatti, esigibile ed assolta al momento dell’immissione in consumo, che, come si è visto innanzi, non coincide con il momento dell’erogazione nel serbatoio del consumatore, ma con quello in cui, nelle varie fasi della fabbricazione, commercializzazione o importazione, i produttori o i titolari di deposito fiscale o comunque i destinatari registrati producono o ricevono il carburante. Poiché il contributo regionale oggi censurato viene corrisposto direttamente dalla Camera di commercio al gestore del distributore e non più al fornitore di questi (come nel precedente sistema esaminato dalla Commissione), non potrebbe configurarsi alcun rimborso dell’accisa già assolta.
In proposito, questa Corte ha già precisato che, in base all’attuale normativa comunitaria, l’obbligazione tributaria sorge già con la «fabbricazione» e che, fino al momento della sua «esigibilità», la tassazione è assoggettata ad un «regime di sospensione», sicchè le accise «sono trattate come tributi indiretti afferenti alla fabbricazione (produzione), indipendentemente dalla loro incidenza economica sul consumo». La nuova disciplina delle imposte, modificando, in applicazione della sopravvenuta direttiva comunitaria, solo il momento della loro esigibilità, non ha alterato la natura di imposte di produzione propria delle previgenti accise, sicchè l’eventuale incidenza delle accise sul consumatore finale, appare «circostanza inidonea ad infirmare le precedenti considerazioni sulla natura, propria delle accise in questione, di imposte sulla produzione» (sentenza n. 115 del 2010).
Il consumatore, quindi, sebbene possa subire – per effetto di una traslazione economica – il peso dell’accisa, ove questa sia inglobata nel prezzo del carburante, non può essere ritenuto soggetto passivo dell’imposta e, dunque, non può ritenersi che l’attribuzione in suo favore di un contributo si risolva in una parziale riduzione del tributo.
Tale ricostruzione rende evidente che, sotto il profilo ora esaminato, non sussiste la dedotta violazione della direttiva invocata, la quale peraltro non contiene alcuna norma che impedisca una differenziazione su base regionale del “prezzo” dei prodotti energetici, una volta rispettati i limiti minimi di tassazione imposti. E che tali limiti minimi siano rispettati non viene in alcun modo revocato in dubbio, né dal ricorrente, né dal raffronto fra i livelli di tassazione nazionali e comunitari.
Del resto, nella ricognizione dei limiti che l’armonizzazione europea determina, è necessario apprezzare il sistema al giusto, tenendo presente che il contributo di cui si discorre si inscrive nell’ambito di un riparto costituzionale di competenze in cui è evidente pure un grado di autonomia finanziaria afferente all’accisa, della quale la Regione dispone in base all’art. 49 del proprio Statuto, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), e sul quale l’ordinamento comunitario, rispettato nel minimo della tassazione armonizzata, non ha inteso incidere, salvi i profili di potenziale distorsione del mercato che un simile assetto potrebbe in concreto determinare.
6. – Il ricorrente sottopone a giudizio della Corte anche un diverso profilo di legittimità costituzionale, assumendo che la concessione dei contributi sugli acquisti di carburanti per autotrazione di cui all’impugnato art. 3, in quanto riservata a soggetti beneficiari, individuati dal precedente art. 2 della legge citata nelle persone fisiche residenti nella Regione e nei soggetti autorizzati in via permanente al rifornimento di mezzi intestati alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), si porrebbe in contrasto con gli artt. 107 e 108 TFUE e, quindi, con l’art. 117, primo comma, Cost. L’ampia formulazione della norma che individua i beneficiari sarebbe, infatti, tale da ricomprendere nel novero dei destinatari anche soggetti qualificabili come «imprese» ai fini dell’applicazione del diritto comunitario della concorrenza, concedendo l’agevolazione ad imprese individuali, ad esercenti professioni liberali ed alle ONLUS che svolgono anche attività economica, configurando quindi un aiuto di Stato vietato ai sensi del Trattato.
7. – La questione è inammissibile per la genericità dei termini in cui è stata formulata.
7.1. – La giurisprudenza comunitaria definisce la nozione di aiuti di Stato di cui all’art. 87, n. 1, Trattato CE (ora art. 107 TFUE) come aiuti concessi dagli Stati ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza, nella misura in cui incidano sugli scambi tra gli Stati membri. La nozione di aiuto di Stato risulta ben più ampia di quella di sovvenzione, dato che essa vale a designare non soltanto le prestazioni positive del genere delle sovvenzioni stesse, ma anche interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa.
In primo luogo, quindi, deve sussistere intervento dello Stato o di una sua articolazione o comunque effettuato mediante risorse pubbliche; in secondo luogo, tale intervento deve essere idoneo ad incidere sugli scambi tra Stati membri; in terzo luogo, l’intervento deve concedere un vantaggio al suo beneficiario; infine tale vantaggio deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (sentenza Altmark, causa C-280/00, del 24 luglio 2003). Non solo, ma la sovvenzione in questione deve superare i limiti al di sotto dei quali l’intervento può essere considerato «di importanza minore» (de minimis) ai sensi del regolamento n. 1998 del 2006 della Commissione del 15 dicembre 2006.
Si tratta, quindi, di una nozione complessa, che può ritenersi integrata soltanto ove sussistano tutti i presupposti previsti da tale disposizione del Trattato, e per l’accertamento del quale l’ordinamento comunitario prevede un ben preciso riparto di competenze, riservando alla competenza esclusiva della Commissione, sotto il controllo del Tribunale e della Corte di giustizia, la verifica della compatibilità dell’aiuto con il mercato interno, nel rispetto dei regolamenti di procedura in vigore. Ai giudici nazionali spetta solo l’accertamento dell’osservanza dell’art. 108, n. 3, TFUE, e cioè dell’avvenuta notifica dell’aiuto. Ed è solo a questo specifico fine che il giudice nazionale, ivi compresa questa Corte, ha una competenza limitata a verificare se la misura rientri nella nozione di aiuto.
7.2. – Orbene, il ricorrente si è limitato a sostenere soltanto che il contributo in questione consisterebbe in un vantaggio per alcuni soggetti qualificabili come «imprese», senza dedurre alcun riferimento agli altri elementi che possano consentire di ritenere integrabile la nozione di aiuto di Stato vietato dal Trattato, pur nei limiti della competenza attribuita al giudice nazionale e, per esso, alla Corte costituzionale, nella sua posizione di unico giudice chiamato a pronunciarsi sulla controversia in un giudizio di legittimità costituzionale in via principale.
La mancata esplicitazione di tali argomentazioni, atte a suffragare la censura proposta, è causa di inammissibilità della questione di costituzionalità.
8. – Da ultimo, è parimenti inammissibile la censura relativa alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost., che a giudizio del ricorrente sarebbe integrata, in quanto, non rispettando i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, la Regione avrebbe invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia di rapporti tra lo Stato e l’Unione europea. Risulta del tutto evidente in proposito, non solo la genericità ed assertività della censura, ma anche l’inconferenza del parametro evocato, che non può essere considerato un diverso ed ulteriore presidio, rispetto agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., del rispetto dei vincoli comunitari.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2010, n. 14 (Norme per il sostegno all’acquisto dei carburanti per autotrazione ai privati cittadini residenti in Regione e di promozione per la mobilità individuale ecologica e il suo sviluppo), proposta, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della citata legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 14 del 2010, proposta, in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione ed agli articoli 107 e 108 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della medesima legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2010, n. 14, proposta, in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione ed alla direttiva 2003/96/CE (Direttiva del Consiglio che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità), dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2011.
F.to:
Paolo MADDALENA, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 giugno 2011.