Provvedimento amministrativo. Basta la leggittimità di uno dei motivi – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3382/2011
Allorquando un provvedimento amministrativo è fondato su una pluralità di autonomi motivi, la legittimità di uno solo di essi è sufficiente a sorreggerlo, cosicché l’eventuale illegittimità di uno solo o più degli altri motivi non basta a determinare l’illegittimità del medesimo provvedimento
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Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 3382 del 06/06/2011
FATTO
Nel gennaio del 2002 la Società appellante presentava al Comune di Brescia istanza di rilascio di permesso di costruire per la realizzazione su un area di sua proprietà inserita dal PRG in zona F1/I di una struttura polifunzionale al servizio di insediamenti produttivi.
La richiesta veniva respinta con provvedimento di diniego n.01665 del 28/3/2002, emesso dal Comune sul rilievo del contrasto del progettato intervento con la destinazione impressa dalla classificazione urbanistica dell’area.
Successivamente, nel maggio del 2002, la Immobiliare Meridiana inoltrava un nuovo progetto, sostanzialmente identico a quello precedentemente inoltrato, ad eccezione di una minore altezza dell’edificio, ma anche tale richiesta veniva respinta con provvedimento prot. n.04537 del 19 agosto 2002,adottato anch’esso in ragione del riscontrato contrasto con la normativa di PRG riguardante la destinazione di zona.
L’anzidetta Società impugnava innanzi al Tar per la Lombardia, Sezione di Brescia, con ricorso originario, il primo dei predetti dinieghi e con motivi aggiunti il secondo provvedimento negativo, chiedendo altresì il risarcimento del danno subito e l’adito TAR con sentenza n.1152/03 rigettava il ricorso unitamente ai motivi aggiunti, respingendo anche la pretesa risarcitoria fatta valere, sul rilievo della infondatezza della proposta impugnativa.
L’Immobiliare Meridiana insorge contro detta sentenza, ritenendola errata ed ingiusta ed articola il proposto gravame su tre punti:
ripropone i profili di illegittimità già dedotti in primo grado nei confronti del provvedimento di diniego del 28/3/2002 (il primo) costituiti da cinque mezzi d’impugnazione recanti le censure di violazione di legge, violazione della normativa di cui a varie disposizioni delle NTA del PRG del Comune di Brescia e di eccesso di potere sotto vari profili: sviamento, erroneità dei presupposti, illogicità, difetto di motivazione, vizio e difetto di procedura e di istruttoria;
riproduce nei confronti del provvedimento di diniego del 19 agosto 2002 i quattro motivi dell’impugnativa di prime cure recanti le doglianze di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili (sostanzialmente identiche a quelle fatte valere per il primo dei provvedimenti per cui è causa);
critica la pronuncia assunta dal Tar ritenendo la motivazione del rigetto del ricorso laconica e semplicistica e denunciando altresì l’erroneità dei presupposti su cui sono fondate le statuizioni rese dal primo giudice.
Il Comune di Brescia costituitosi in giudizio ha in via preliminare eccepito la inammissibilità dell’appello e comunque la infondatezza nel merito del proposto gravame, di cui ha chiesto la reiezione.
All’udienza del 17 maggio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Si può prescindere dall’esame dei profili di inammissibilità e di (parziale) improcedibilità dedotti in limine litis dalla difesa del resistente Comune di Brescia (e che pure avrebbero una loro significativa rilevanza), dato che il proposto gravame si rivela infondato nel merito.
La controversia prende le mosse da una richiesta di edificazione di una struttura polifunzionale per attrezzature al servizio di insediamenti produttivi avanzata al Comune di Brescia dalla Società Immobiliare Meridiana nel gennaio del 2002 e riproposta, con parziali modifiche,nel maggio dello stesso anno, su un’area sita in una zona che il Piano Regolatore sin dalla Variante approvata nel febbraio del 1994 classifica come destinata ad attrezzature ed impianti di interesse generale (zona F), specificatamente con la sottocategoria F1/I, domanda che l’Ente locale ritenne non accoglibile perché in contrasto con le destinazioni di zona previste dallo strumento urbanistico.
Per il vero le istanze ad aedificandum sopra indicate ricalcano analoga richiesta di realizzazione di un struttura ricettiva presentata nel maggio del 1998 per la quale il Comune, opponendo l’incompatibilità del progettato intervento con le destinazioni di zona ( F1/I) emetteva, anche sulla scorta dei relativi pareri istruttori, provvedimento di diniego datato 12 ottobre 1998 che non risulta sia stato oggetto di impugnativa.
Tornando all’attualità, parte appellante lamenta, con il primo e secondo motivo del ricorso originario, coincidente quest’ultimo col primo motivo aggiunto, la violazione dell’art.41 quinquies della legge n.1150/1942 e dell’ artt.34 NTA del PRG.
Le dedotte censure non assurgono a dignità tale da inficiare i gravati atti di diniego.
Quanto alla prima delle doglianze, deve osservarsi come la stessa Società ha presentato un altro progetto, quello del maggio del 2002, che prevede l’abbassamento dell’altezza del realizzando edificio (di due piani ) proprio per rispettare lo standard previsto dalla normativa in questione, sicchè rispetto a tale rilievo si è verificata acquiescenza.
Relativamente poi alla questione circa l’obbligo della Società richiedente di approntare per l’area uno specifico piano di sistemazione urbanistica e/o di lottizzazione e comunque di realizzare ulteriori opere di urbanizzazione ritenute insufficienti dall’Amministrazione, al di là della fondatezza o meno delle contestazioni dell’appellante (che ritiene di non essere tenuta a tali adempimenti), le contestazioni in parola appaiono sostanzialmente irrilevanti atteso che la motivazione del diniego fa pur sempre riferimento al contrasto tra il progettato intervento edilizio e le specifica destinazione urbanistica di zona.
Al riguardo va allora precisato che, allorquando un provvedimento amministrativo è fondato su una pluralità di autonomi motivi, la legittimità di uno solo di essi è sufficiente a sorreggerlo, cosicché l’eventuale illegittimità di uno solo o più degli altri motivi non basta a determinare l’illegittimità del medesimo provvedimento (ex multis, cfr Cons Stato Sez. IV 26 gennaio 1998 n.69 ).
Col terzo motivo del ricorso principale e secondo motivo aggiunto viene affrontata la questione fondamentale per cui si controverte.
Parte appellante sostiene che la struttura polifunzionale, specificatamente rivolta al servizio ed al supporto di impianti produttivi, non si pone in contrasto con la previsione urbanistica vigente di zona (F1 /I), dal momento che, in particolare, il progettato intervento sarebbe comunque compatibile con la disciplina di carattere generale recata dal D.M. n.1444/68 (attrezzature pubbliche di interesse generale), nonché dalla normativa di cui alla legge regionale n.51/75 , che consentirebbe, appunto, nella zona de qua strutture del genere di quella qui in rilievo (attrezzature sportive,centri e servizi sociali, mense ed attrezzature varie).
Un tale assunto non appare condivisibile, per la fondamentale ragione che, come correttamente rilevato dal Comune, il complesso polifunzionale oggetto del progettato intervento in realtà consiste in modo prevalente in una struttura alberghiera e/o ricettiva, del genere di quelle che per previsione di Piano non possono essere ospitate (F1/I) nell’area de qua, destinata ad altri tipi di strutture, quelle, appunto, costituenti attrezzature al servizio di impianti produttivi.
Invero, come evincibile dalla documentazione tecnica inerente la pratica, ben quattro piani su sette sono costituiti da camere con bagno, di talché appare esatta la qualificazione di struttura alberghiera formulata dall’Amministrazione che, in quanto tale, può essere realizzata in aree inserite in apposita differente zona, quella contrassegnata dalla previsione F1/L.
Parte appellante effettua una sorte di equiparazione tra attrezzatura di interesse generale analoga a quella progettata e attrezzatura al supporto dell’industria , ma non vi sono motivi di analogia tra i due interventi, atteso che la struttura in discussione ha caratteristiche di albergo o comunque di ricettività e perciò stesso rientra in un autonoma categoria, quella, appunto alberghiera, destinata ad attività turistica ed interessante un settore economico ben specifico, sì da non potersi equiparare con gli impianti di tipo industriale (in tal senso, Cons Stato Sez. V 29 aprile 2000 n.2559).
D’altra parte ben poteva l’Amministrazione, così come avvenuto, definire le zone urbanistiche secondo la pianificazione ritenuta più confacente ai propri bisogni , con la previsione, nell’ambito dell’ampia categoria delle attrezzature di intereresse generale (F) di due apposite, distinte sottozone (F1/L ed F1/I), né tali scelte, contenute nelle relative previsioni, sono state contestate dalla parte interessata con gli appropriati mezzi d’impugnazione.
Col quarto motivo del ricorso principale e il terzo motivo aggiunto parte appellante contesta la legittimità del rilievo, pure contenuto negli atti comunali, circa una mancata dimostrazione, da parte dell’appellante, del titolo di proprietà dell’area interessata all’intervento.
Tale mezzo d’impugnazione non rileva.
Al riguardo vale quanto in precedenza già osservato e cioè che l’eventuale infondatezza dell’addebito mosso dall’Amministrazione non costituisce vizio di legittimità del provvedimento di diniego, che si regge sul motivo del rilevato contrasto del progettato intervento con la destinazione urbanistica di zona.
Con i rimanenti mezzi d’impugnazione, comuni ad entrambi i gravami di primo grado e qui riproposti, parte appellante lamenta il difetto di motivazione e l’assenza di qualsiasi supplemento di istruttoria che il Comune avrebbe dovuto effettuare in relazione ad una precedente nota di precisazioni e contestazioni fatta pervenire dall’interessata.
Il dedotto profilo di illegittimità è privo di giuridico fondamento.
Il potere esercitato in tema di rilascio di titoli autorizzativi dello jus aedificandi comportano unicamente un’attività di verifica della conformità urbanistico-edilizia delle richieste avanzate dai privati, la qual cosa è puntualmente riscontrabile nella fattispecie all’esame, lì dove l’Amministrazione si è determinata in maniera negativa, una volta appurata in sede di attività istruttoria, con l’acquisizione dei relativi accertamenti e parer , la non conformità delle realizzande opere edilizie con la normativa urbanistica vigente; e tale valutazione era ed è condizione sufficiente a sorreggere il diniego del richiesto permesso di costruire senza che l’Amministrazione avesse l’onere di fornire ulteriori spiegazioni rispetto alle ragioni compiutamente esposte in entrambi i provvedimenti impugnati.
Quanto poi alle critiche rivolte specificatamente all’ordito motivazionale della sentenza in ordine all’erroneità ed insufficienza delle osservazioni da essa recat , le stesse vanno disattese, perché infondate.
Invero, le statuizioni di cui all’impugnata sentenza meritano integrale condivisione, lì dove il Tar ha dato adeguata contezza delle ragioni giuridiche militanti nel merito in favore della legittimità degli atti comunali posti in discussione, con la contestuale, compiuta e convincente dimostrazione della non fondatezza dei rilievi mossi dalla ricorrente.
Del tutto inconfigurabile poi si appalesa la pretesa risarcitoria parimenti fatta valere in appello.
A prescindere dal fatto che la richiesta di risarcimento è avanzata in maniera del tutto generica, senza che peraltro sia stata specificatamente formulata in sede di conclusioni dell’atto di gravame, la non fondatezza dei vizi legittimità denunciati nei confronti degli atti in contestazione e la non rilevabile presenza nella specie degli altri elementi costitutivi della responsabilità aquiliana ex art.2043 codice civile (colpa e nesso di causalità) impediscono che possa configurarsi a carico del Comune di Brescia una quale che sia forma di responsabilità produttiva di danno risarcibile.
In forza delle suesposte considerazioni, l’appello, in quanto infondato, va respinto.
Le spese e competenze del presente grado del giudizio vanno poste a carico della parte soccombente e liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta..
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese e competenze del presente grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 10.000,00 (diecimila/00 ) oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 06/06/2011