Lavori socialmente utili. Esclusione dalla cooperativa per assenze superiori a quindici giorni – Corte Costituzionale, Ordinanza n. 176/2011
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 3, del decreto-legge 4 settembre 1987, n. 366 (Proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale dei lavoratori dipendenti dalla GEPI, disciplina del reimpiego di dipendenti licenziati da imprese meridionali, misure per la soppressione di capacità produttive di fonderie di ghisa e di acciaio, norme per il finanziamento di lavori socialmente utili nell’area napoletana e per la manutenzione e salvaguardia del territorio e del patrimonio artistico e monumentale della città di Palermo, nonché interventi a favore dei lavoratori dipendenti da datori di lavoro privati operanti nelle province di Sondrio e di Bolzano interessate dagli eventi alluvionali del luglio 1987), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 novembre 1987, n. 452, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione, dal Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza in epigrafe.
Corte Costituzionale, Ordinanza n. 176 del 08/06/2011
Lavoro e occupazione – Lavoratore socio di cooperativa per l’attuazione di programmi per lavori socialmente utili – Assenze dal lavoro superiori a quindici giorni anche non consecutivi – Esclusione dalle cooperative salvo la presenza di motivi di salute comprovati da idonea certificazione medica.
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Paolo MADDALENA; Giudici : Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 3, del decreto-legge 4 settembre 1987, n. 366 (Proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale dei lavoratori dipendenti dalla GEPI, disciplina del reimpiego di dipendenti licenziati da imprese meridionali, misure per la soppressione di capacità produttive di fonderie di ghisa e di acciaio, norme per il finanziamento di lavori socialmente utili nell’area napoletana e per la manutenzione e salvaguardia del territorio e del patrimonio artistico e monumentale della città di Palermo, nonché interventi a favore dei lavoratori dipendenti da datori di lavoro privati operanti nelle province di Sondrio e di Bolzano interessate dagli eventi alluvionali del luglio 1987), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 novembre 1987, n. 452, promosso dal Tribunale di Napoli nel procedimento vertente tra D.N.G. e la Cooperativa Manutencoop I a r.l. con ordinanza del 22 aprile 2010, iscritta al n. 306 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2010.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 20 aprile 2011 il Giudice relatore Luigi Mazzella.
Ritenuto che il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, investito del ricorso di D.N.G., lavoratore socio di una cooperativa per l’attuazione di programmi per lavori socialmente utili, proposto avverso la delibera di esclusione dalla cooperativa di appartenenza, con l’unica ordinanza del 22 aprile 2010, da un lato, ha disposto in via d’urgenza la provvisoria reintegrazione del ricorrente nel proprio posto di lavoro e la sua contestuale provvisoria iscrizione nel libro soci della società, dall’altro, ha sospeso il giudizio di merito, a suo avviso contestualmente instaurato con la domanda di condanna risarcitoria del danno subìto dal socio lavoratore, sollevando la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione, dell’art. 12, comma 3, del decreto-legge 4 settembre 1987, n. 366 (Proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale dei lavoratori dipendenti dalla GEPI, disciplina del reimpiego di dipendenti licenziati da imprese meridionali, misure per la soppressione di capacità produttive di fonderie di ghisa e di acciaio, norme per il finanziamento di lavori socialmente utili nell’area napoletana e per la manutenzione e salvaguardia del territorio e del patrimonio artistico e monumentale della città di Palermo, nonché interventi a favore dei lavoratori dipendenti da datori di lavoro privati operanti nelle province di Sondrio e di Bolzano interessate dagli eventi alluvionali del luglio 1987), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 novembre 1987, n. 452;
che, in punto di fatto, il giudice rimettente riferisce che il ricorrente é rimasto lungamente assente dal lavoro, perché sottoposto, dapprima, al regime della custodia cautelare in carcere dal 4 aprile 2005 al 21 giugno 2005, indi, agli arresti domiciliari presso una comunità terapeutica di recupero dalla tossicodipendenza dal 21 giugno 2005 sino al 25 agosto 2006;
che conseguentemente, con provvedimento emesso in data 18 novembre 2008 ai sensi dell’art. 12, comma 3, del decreto-legge citato, il Commissario governativo ne ha deliberato l’esclusione dalla cooperativa;
che il socio lavoratore ha, quindi, proposto ricorso, sollecitando ex art. 700 c.p.c. la sospensione della delibera di esclusione dalla qualità di socio con la sua immediata reintegrazione nel posto di lavoro, nonché la condanna della società convenuta al risarcimento del danno patito, da quantificarsi nella misura di euro 1.300,00, oltre accessori, fino alla data di effettiva reintegra;
che, in particolare, – ad avviso del Tribunale di Napoli – con il ricorso sottoposto al suo esame il socio di lavoro ha introdotto due giudizi, il primo, cautelare, per ottenere immediatamente la reintegra nel posto di lavoro, il secondo, di merito, per conseguire il risarcimento del danno;
che il giudice a quo rileva che il Commissario governativo ha ritenuto di fare applicazione dell’art. 12, comma 3, del decreto-legge n. 366 del 1987, secondo cui «In ogni caso, l’assenza dal lavoro per un periodo superiore a quindici giorni anche non consecutivi, comporta l’esclusione dalla società, nonché l’impossibilità di far parte di essa o di altra cooperativa interessata ai medesimi programmi di lavoro. Tale disposizione non si applica esclusivamente in caso di assenza per motivi di salute comprovati da apposito certificato rilasciato da medico del Servizio sanitario nazionale […]»;
che anche secondo il rimettente tale norma è, in effetti, la sola applicabile nella fattispecie in esame, sicché, ove fosse dichiarata illegittima, il socio di lavoro potrebbe giustificare l’assenza altresì per il fatto, concretamente accadutogli, di essere stato sottoposto a misura cautelare personale e la sua posizione dovrebbe essere discrezionalmente (ri)valutata dalla cooperativa nello specifico, anche con esiti opposti a quello dell’esclusione;
che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo osserva che la disposizione censurata appare in contrasto con gli artt. 3, 4 e 35 Cost., perché solamente il socio lavoratore di una delle cooperative destinatarie della norma in oggetto non sarebbe ammesso a giustificare la sua assenza determinata da cause di forza maggiore o, comunque, indipendenti dalla sua volontà (con la mera eccezione dei motivi di salute): con la conseguenza che egli soltanto dovrebbe soggiacere all’espulsione automatica dalla società, malgrado le evidenti analogie con il prestatore di lavoro subordinato e la sostanziale omogeneità rispetto a tutti gli altri lavoratori operanti in cooperativa, i quali, invece, potrebbero far valere siffatte situazioni impeditive;
che il Tribunale di Napoli ravvisa, dunque, un “macroscopico” fumus d’incostituzionalità dell’art. 12, comma 3, del decreto-legge n. 366 del 1987, tale da indurlo, unitamente all’accertato periculum in mora, a disporre immediatamente la reintegra del lavoratore in via d’urgenza, ma a sollevare, nel contempo, la questione di legittimità della disposizione in oggetto nel giudizio di merito instaurato con la domanda risarcitoria, ciò prima ancora di fissare l’udienza di discussione ex art. 420 c.p.c.;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso, anzitutto, per la declaratoria d’inammissibilità, sul rilievo che la questione di legittimità é stata proposta all’esito di un procedimento d’urgenza, definito, però, proprio con la concessione della richiesta misura cautelare in disapplicazione della norma sospettata in contrasto con i parametri costituzionali, e ciò in violazione del principio costituzionale della soggezione dei giudici alla legge e con l’invasione delle attribuzioni della Corte costituzionale;
che, ancora preliminarmente in punto d’inammissibilità della questione, la difesa dello Stato obietta che il Tribunale di Napoli «ha sollevato immediatamente la questione di legittimità costituzionale a codesta Consulta, nonostante avesse potuto accertare solo in via sommaria i fatti di causa», e rileva la singolarità di ritenere causa indipendente dalla volontà dell’interessato l’essere stato sottoposto alla misura coercitiva della custodia cautelare in carcere;
che, comunque, la questione sarebbe non rilevante ed infondata, poiché le caratteristiche dei lavori socialmente utili concretamente assegnati al ricorrente non consentirebbero di qualificarli in termini di lavoro subordinato;
che, peraltro, non vi sarebbe la denunciata violazione dei parametri costituzionali evocati neppure se venisse in rilievo un rapporto di lavoro subordinato, collegato ma distinto da quello associativo, attesa la conformità della norma censurata alla disciplina generale del socio lavoratore di una cooperativa di produzione e lavoro.
Considerato che il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 3, del decreto-legge 4 settembre 1987, n. 366 (Proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale dei lavoratori dipendenti dalla GEPI, disciplina del reimpiego di dipendenti licenziati da imprese meridionali, misure per la soppressione di capacità produttive di fonderie di ghisa e di acciaio, norme per il finanziamento di lavori socialmente utili nell’area napoletana e per la manutenzione e salvaguardia del territorio e del patrimonio artistico e monumentale della città di Palermo, nonché interventi a favore dei lavoratori dipendenti da datori di lavoro privati operanti nelle province di Sondrio e di Bolzano interessate dagli eventi alluvionali del luglio 1987), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 novembre 1987, n. 452, nella parte in cui dispone che «In ogni caso, l’assenza dal lavoro per un periodo superiore a quindici giorni anche non consecutivi, comporta l’esclusione dalla società, nonché l’impossibilità di far parte di essa o di altra cooperativa interessata ai medesimi programmi di lavoro. Tale disposizione non si applica esclusivamente in caso di assenza per motivi di salute comprovati da apposito certificato rilasciato da medico del Servizio sanitario nazionale […]»;
che, ad avviso del rimettente, la disposizione denunciata contrasterebbe con gli artt. 3, 4 e 35 Cost., escludendo che il socio lavoratore destinatario di detta norma, malgrado i caratteri in comune con il lavoratore subordinato, possa giustificare la sua assenza superiore a quindici giorni con ragioni oggettive diverse dal suo stato di salute e indipendenti dalla sua volontà e rendendo, altresì, possibile una irragionevole disparità di trattamento rispetto al socio lavoratore di qualunque altra cooperativa, che invece potrebbe farlo rimettendosi alla valutazione discrezionale del datore di lavoro;
che l’eccezione d’inammissibilità proposta in via preliminare dall’Avvocatura generale dello Stato – sul presupposto che il Tribunale di Napoli, avendo adottato senza riserve il provvedimento richiesto con il ricorso ex art. 700 c.p.c. dal socio lavoratore, non avrebbe potuto chiudere il procedimento d’urgenza con l’ordinanza di rimessione della questione di legittimità della norma già disapplicata nella medesima sede cautelare – è fondata e merita accoglimento;
che, infatti, in base alla ricostruzione del giudice a quo, il ricorso principale conterrebbe una domanda cautelare (di reintegra al lavoro ed iscrizione nel libro soci) ed una domanda di merito (di risarcimento danni);
che rispetto alla domanda cautelare proposta ante causam, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 3, del decreto-legge n. 366 del 1987 è inammissibile per manifesta irrilevanza, in quanto lo stesso giudice a quo evidenzia di avere definito il procedimento cautelare con l’accoglimento dell’istanza di reintegrazione nel posto di lavoro proposta dal socio di lavoro ex art. 700 c.p.c.;
che questa Corte ha, infatti, costantemente affermato che «sono inammissibili le questioni sollevate in sede di giudizio cautelare dopo l’accoglimento della relativa istanza da parte del giudice, e ciò per l’avvenuto esaurimento di ogni sua potestà in quella sede, con conseguente irrilevanza della questione ai fini di quel procedimento» (sentenze n. 30 del 1995, n. 151 del 2009 e n. 61 del 2008);
che, nel caso di specie, il giudice del lavoro di Napoli, disponendo a chiusura della fase cautelare la reintegra al lavoro del socio di cooperativa, ha esaurito la potestas iudicandi, sicché la sorte dell’ordinanza di reintegra, dopo la definizione del procedimento d’urgenza, non può dipendere dall’esito del giudizio di legittimità costituzionale; donde l’ininfluenza della sospensione ex art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) sul processo cautelare e l’irrilevanza della questione ai fini della decisione sullo stesso;
che la questione è del pari manifestamente irrilevante, in quanto prematuramente sollevata, rispetto alla domanda con cui sarebbe stato intrapreso, con il medesimo ricorso, il giudizio di merito di risarcimento danni che il Tribunale di Napoli, onde investirne immediatamente la Corte, ha sospeso in limine, senza neppure emettere il decreto di fissazione dell’udienza di discussione;
che, infatti, l’inizio del processo del lavoro non può essere ricollegato, né a tutti gli effetti, né in via definitiva, alla fase dell’editio ationis (contrassegnata dal deposito del ricorso), perché si realizza solamente con il perfezionamento della vocatio in ius (integrata dalla rituale notificazione del ricorso-decreto), come risulta anche dall’interpretazione della giurisprudenza di legittimità (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza n. 20604 del 2008);
che il giudice rimettente ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 3, del decreto-legge n. 366 del 1987 prima di fissare l’udienza di discussione, quando il ricorrente non poteva ancora effettuare validamente la notificazione alla controparte dell’atto introduttivo del giudizio di merito (ritualmente accompagnata, secondo le regole del rito del lavoro di cui all’art. 415 c.p.c., dal pedissequo decreto di fissazione d’udienza);
che, pertanto, il rapporto processuale non si è ancora instaurato, né conseguentemente la società convenuta ha avuto modo di prendere adeguatamente posizione sul ricorso avversario e, tanto meno, sulla questione di legittimità della norma elevata a sospetto dal giudice adìto;
che, in conclusione, essendo intervenuta in una fase antecedente a quella del valido radicamento del contraddittorio, la proposizione d’ufficio della questione di costituzionalità della norma in oggetto risulta prematura, poiché – come questa Corte a più riprese ha statuito – «[…] prima del perfezionamento dei requisiti processuali prescritti […], l’organo giurisdizionale è sprovvisto di potestà decisoria sul merito e sulle questioni di costituzionalità ad esso relative, ancorché questa delibazione sia limitata alla non manifesta infondatezza delle eccezioni e solo strumentale alla predetta seconda fase del giudizio» (sentenza n. 451 del 1993; ma anche sentenze n. 498 del 1990 e n. 579 del 1989).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 3, del decreto-legge 4 settembre 1987, n. 366 (Proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale dei lavoratori dipendenti dalla GEPI, disciplina del reimpiego di dipendenti licenziati da imprese meridionali, misure per la soppressione di capacità produttive di fonderie di ghisa e di acciaio, norme per il finanziamento di lavori socialmente utili nell’area napoletana e per la manutenzione e salvaguardia del territorio e del patrimonio artistico e monumentale della città di Palermo, nonché interventi a favore dei lavoratori dipendenti da datori di lavoro privati operanti nelle province di Sondrio e di Bolzano interessate dagli eventi alluvionali del luglio 1987), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 novembre 1987, n. 452, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione, dal Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2011.
F.to:
Paolo MADDALENA, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l’8 giugno 2011.