Autorizzazione Paesaggistica per la realizzazione di opere di urbanizzazione – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3343/2011
Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 3343 del 06/06/2011
FATTO e DIRITTO
Il Ministero per i beni e le attività culturali chiede la riforma della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale della Sardegna ha accolto il ricorso proposto dalla Salamaghe s.r.l. avverso l’annullamento disposto dalla Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio di Sassari e Nuoro dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata il 4 maggio 2004 dal Comune di Budoni per la realizzazione di opere di urbanizzazione nel preesistente villaggio-campeggio.
I) La sentenza impugnata ha accolto il ricorso ritenendo che la Soprintendenza aveva omesso di valutare l’incidenza delle opere in progetto, limitandosi a rilevare il difetto di motivazione del provvedimento comunale, senza evidenziare la sussistenza di una lesione sostanziale al paesaggio arrecata dall’intervento, integrativo di un’area già urbanizzata e compreso in piano di lottizzazione autorizzato anche sotto il profilo paesaggistico.
L’amministrazione appellante evidenzia che l’area interessata dall’intervento ricade in zona dichiarata di notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 con decreto ministeriale 13 novembre 1967 e che, in forza di quanto dispone il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, il ricorso di primo grado deve essere considerato inammissibile, in quanto sulle aree in questione non è oggi possibile alcuna modifica in assenza di piano paesaggistico; inoltre, la legge regionale sarda 25 novembre 2004, n. 8 ha introdotto il divieto di edificazione della durata di diciotto mesi, la cui scadenza è condizionata alla approvazione del piano paesaggistico.
Nel merito, l’appello evidenzia che il provvedimento impugnato in primo grado appare congruamente motivato, mediante la considerazione dell’impatto negativo delle opere sul delicato contesto ambientale e la carenza della valutazione condotta dal comune di Budoni alla luce di quanto dispone l’art. 146 d.lgs. n. 42 del 2004.
II) La sentenza impugnata merita la riforma chiesta con l’appello, il quale è fondato nel merito (e può, pertanto, prescindersi dall’esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, qui riproposta dall’amministrazione appellante).
L’area interessata dall’intervento della società Salamaghe, che, contrariamente a quanto si legge nella sentenza e come emerge dalla relazione allegata all’istanza del 23 dicembre 2003, non concerne solo il completamento di opere di urbanizzazione inserite in un piano di lottizzazione già approvato, ma la riqualificazione e l’ampliamento del campeggio villaggio Salamaghe sito in Marina di Budoni, la cui realizzazione necessita di rilascio di variante in deroga, è oggetto di specifica tutela in forza del decreto ministeriale 13 novembre 1967 in ragione della particolare orografia, delle spiagge sabbiose, della vegetazione e dei colori delle rocce: elementi tutti che formano quadri naturali di non comune bellezza, oltre che del valore estetico tradizionale costituito dall’architettura spontanea dei centri abitati.
A fronte di tali considerazioni, puntualmente riportate nel decreto di vincolo, la Regione Sardegna, che del vincolo è custode, ha ritenuto autorizzabili i lavori poiché “l’intervento è coerente con le prescrizioni traibili dai provvedimenti di vincolo paesistico…in quanto le opere di urbanizzazione non interdicono né interferiscono negativamente con quadri di particolare bellezza o con punti di belvedere accessibili al pubblico”, “il progetto…risulta coerente con le esigenze di tutela”, “le opere programmate si inseriscono coerentemente con l’ambito tutelato, inserendosi in un ambito già urbanizzato, senza alterare la naturalità del sito”.
Come è evidente, una siffatta motivazione si risolve in mera tautologia, ed è del tutto insufficiente a costituire la valutazione dalla quale l’autorizzazione paesaggistica non può prescindere, relativa a tutte le caratteristiche dell’intervento esaminato in relazione a tutti gli elementi che hanno costituito ragione dell’imposizione del vincolo. Difetta ogni reale valutazione circa l’incidenza dell’intervento con il contesto protetto e sulla relativa compatibilità. Ne deriva che legittimamente la Soprintendenza non ha svolto un vaglio che non è di merito circa l’assentibilità dell’intervento, ma che nell’ambito dell’esame della legittimità del provvedimento di base, rileva la carenza o la distorsione di elementi di diritto, quali, l’assoluta insufficienza della valutazione compiuta dalla Regione, e della relativa esternazione, e il non corretto esercizio dei poteri da parte della stessa. Questi vizi di legittimità hanno caratterizzato il provvedimento di base favorevole, che però è contrastante con le ragioni del vincolo del quale l’autorizzazione è mezzo applicativo sottordinato.
III) Restano da esaminare le altre censure sollevate dalla società ricorrente in primo grado, non esaminate dal primo giudice (in quanto assorbite nell’accoglimento del motivo sopra esaminato).
Sostiene la società appellata che le opere oggetto di valutazione riguardavano la sistemazione di opere di urbanizzazione interne ad un villaggio campeggio autorizzato fin dal 1982 anche dalla stessa Soprintendenza: l’impugnato decreto di annullamento è viziato quindi per immotivata contraddittorietà con i precedenti provvedimenti autorizzatori.
Come si è già detto, dalla relazione allegata all’istanza presentata al Comune dalla società Salamaghe emerge che l’intervento concerneva riqualificazione e ampliamento della struttura esistente, da approvarsi contestualmente ad un nuovo piano di lottizzazione, per il quale sarebbe stato necessario ottenere variante in deroga Nello stesso progetto erano comprese la cessione di aree destinate alla realizzazione di volumi pubblici, la nuova viabilità interna e la realizzazione delle reti interne all’area da edificare. Non si tratta, dunque, di mere integrazioni esecutive ad un progetto già completamente autorizzato paesaggisticamente, ma di un sistemazione che presuppone addirittura l’approvazione di una variante al piano di lottizzazione approvato nel 1982.
In via generale, inoltre, è evidente che la valutazione positiva circa il suddetto piano di lottizzazione non può assorbire, rifluendo a cascata su tutti gli interventi che in tale piano si inseriscono, la valutazione su ogni singolo intervento, perché altrimenti si cancellerebbe, contro la legge (la quale vuole sia valutato e legittimato ogni singolo intervento) la necessità dell’autorizzazione per ciascuno dei vari manufatti. Per ogni intervento, infatti, devono essere considerate le individue caratteristiche costruttive, il concreto inserimento nel tessuto esistente, le dimensioni e l’ubicazione, al fine di valutarne la sua compatibilità con il vincolo.
La diversità dell’intervento proposto rispetto a quello oggetto dell’autorizzazione a suo tempo rilasciata, lungi dal poter essere valorizzata quale vizio dell’annullamento da parte dell’organo statale, evidenzia invece la necessità di una nuova valutazione anche sotto il profilo paesaggistico, cioè sotto i profili di cui all’art. 146 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42: a) la compatibilità rispetto ai valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo; b) la congruità con i criteri di gestione dell’immobile o dell’area; c) la coerenza con gli obiettivi di qualità paesaggistica, elementi tutti che non sono stati presi in considerazione dall’amministrazione regionale nel rilasciare l’autorizzazione, la quale è stata, perciò, legittimamente annullata dalla Soprintendenza.
IV) In conclusione, l’appello è fondato e merita accoglimento; di conseguenza, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere respinto.
Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna la società resistente a rifondere all’amministrazione appellante le spese del doppio grado del giudizio nella misura di 2.000 (duemila) euro.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 06/06/2011