ANNULLAMENTO AUTORIZZAZIONE PER REALIZZAZIONE PER OPERE DI URBANIZZAZIONE – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3345/2011
Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 3345 del 06/06/2011
FATTO e DIRITTO
Il Ministero per i beni e le attività culturali chiede la riforma della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale della Sardegna ha accolto il ricorso presentato dalla Liscia di Scopa s.r.l. avverso il provvedimento della Sovrintendenza per i beni architettonici e il paesaggio per le province Sassari e di Nuoro, recante annullamento dell’autorizzazione paesistica rilasciata dal comune di Santa Teresa di Gallura per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria nel piano di lottizzazione convenzionato in località Liscia di Scopa.
I) Il Tribunale amministrativo ha ritenuto fondato il motivo di ricorso con il quale si denunciava l’omessa valutazione, da parte della Soprintendenza, della consistenza meramente formale del riscontrato vizio di difetto di motivazione del provvedimento comunale, laddove il principio di cogestione del vincolo avrebbe comportato la valorizzazione del carattere di urbanizzazione primaria dell’intervento esaminato, che si inserisce all’interno di un comparto di un piano di lottizzazione autorizzato paesaggisticamente nel 2003.
L’amministrazione appellante ricorda che le aree nell’ambito delle quali ricade l’intervento progettato sono state dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 con decreto ministeriale 30 aprile 1966; che, pertanto, trova applicazione l’art. 142 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante norme transitorie applicabili fino alla approvazione del piano paesaggistico; che il piano territoriale paesistico della Gallura, relativo anche alle aree in questione, è stato annullato con sentenza del Tribunale amministrativo della Sardegna n. 1203 del 2003; che, in assenza di piano paesaggistico, non è possibile procedere alla trasformazione dei beni tutelati se non nei limiti dell’art. 142 d.lgs. citato; che, in particolare, solo con il suddetto piano può essere prevista l’edificabilità di beni soggetti a tutela; che, pertanto, nella regione Sardegna, essendo stato annullato il piano paesaggistico, non sono applicabili le disposizioni transitorie dettate dal capo V del d.lgs. n. 42 del 2004, come è confermato dal successivo art. 159; che, inoltre, la legge regionale della Sardegna 25 novembre 2004, n. 38 ha introdotto il divieto di edificazione della durata di 18 mesi e che le deroghe introdotte dalla medesima legge non sono applicabili, altrimenti dovendosi ritenere la violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, come modificate dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, dalla quale emerge che lo Stato ha competenza esclusiva nelle materie concernenti la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, restando alla Regione la competenza legislativa integrativa e attuativa e solo per la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali; che in forza sia della legge nazionale sia di quella regionale qualsiasi intervento dovrà scontare la previa nuova autorizzazione, dopo la scadenza del regime di salvaguardia imposto dall’art. 3 della citata legge regionale; che, quindi, il ricorso di primo grado si manifesta inammissibile per carenza di interesse.
Nel merito, l’appellante censura la sentenza impugnata poiché, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, la Soprintendenza non si è limitata a rilevare il difetto di motivazione dell’autorizzazione regionale, ma ha evidenziato, sia pure nei limiti della valutazione di legittimità che le appartiene, la lesione sostanziale al paesaggio arrecata dalla realizzazione dell’intervento progettato, di notevole estensione e di grande impatto e irreversibile impatto.
II) La sentenza impugnata merita la riforma chiesta con l’appello, il quale è fondato nel merito (e può, pertanto, prescindersi dall’esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, qui riproposta dall’amministrazione appellante).
L’area interessata dall’intervento della società Liscia di Scopa è oggetto di specifica tutela in forza del decreto ministeriale 30 aprile 1966 in ragione della particolare orografia, delle macchie di flora mediterranea, delle rocce grigio rosate, delle profondissime insenature e delle bianchissime spiagge, dei quadri naturali di incomparabile valore, della tipicità unica dell’abitato.
A fronte di tali motivazioni, puntualmente riportate nel decreto di vincolo, l’amministrazione municipale ha ritenuto autorizzabili i lavori poiché “le opere di urbanizzazione così come previste si inseriscono nel contesto naturale del luogo nel rispetto della morfologia sia del luogo e delle preesistenze ambientali”.
Come è evidente, tale motivazione si risolve in mera tautologia, ed è del tutto insufficiente a costituire la valutazione dalla quale l’autorizzazione paesaggistica non può prescindere, relativa a tutte le caratteristiche dell’intervento esaminato in relazione a tutti gli elementi che hanno costituito ragione dell’imposizione del vincolo. Difetta ogni reale valutazione circa l’incidenza dell’intervento con il contesto protetto e sulla relativa compatibilità. Ne deriva che legittimamente l’Amministrazione statale ha svolto un vaglio che non è di merito circa l’assentibilità dell’intervento, ma, nell’ambito dell’esame della legittimità del provvedimento rileva la carenza o la distorsione di elementi di diritto, quali l’assoluta insufficienza della valutazione compiuta dalla Regione, e il non corretto esercizio dei poteri da parte della stessa. Questi vizi di legittimità hanno caratterizzato il provvedimento di base favorevole, che è però contrastante con le ragioni del vincolo del quale l’autorizzazione è mezzo applicativo sottordinato.
III) Restano da esaminare le altre censure sollevate dalla società ricorrente in primo grado, non esaminate dal primo giudice (in quanto assorbite nell’accoglimento del motivo sopra esaminato).
Sostiene la società appellata che l’intervento oggetto di valutazione riguardavano opere di urbanizzazione inserite in una lottizzazione già autorizzata sotto il profilo paesaggistico: la motivazione dell’autorizzazione rilasciata dal Comune avrebbe dovuto, perciò, essere considerata sufficiente, data la compatibilità ambientale già attestata in via generale.
La censura non ha pregio: la valutazione avente ad oggetto il piano di lottizzazione non può può assorbire, rifluendo a cascata su tutti gli interventi che in tale piano si inseriscono, la valutazione su ogni singolo intervento, perché altrimenti si cancellerebbe, contro la legge (la quale vuole sia valutato e legittimato ogni singolo intervento) la necessità dell’autonoma autorizzazione per ciascuno dei vari manufatti.. Per ogni intervento, infatti, devono essere considerate le individue caratteristiche costruttive, il concreto inserimento nel tessuto esistente, le dimensioni e l’ubicazione, al fine di valutarne la compatibilità con il vincolo, e tale considerazione, valida in generale, ha legittimamente condotto la Soprintendenza, nel caso di specie, a considerare la notevole incidenza che le opere progettate avrebbero prodotto “sul delicatissimo contesto ambientale interessato e …sul quadro paesaggistico espressamente tutelato dal citato decreto ministeriale, determinando di fatto la costruzione di strade, parcheggi ed altre opera e la depauperazione della macchia spontanea e degli affioramenti rocciosi”, e la totale assenza, sul punto, di motivazioni a supporto del provvedimento comunale di assenso.
La specificità dell’intervento proposto rispetto al piano di lottizzazione oggetto dell’autorizzazione già rilasciata, lungi dal poter essere valorizzata quale vizio dell’annullamento da parte dell’organo statale, evidenzia invece la necessità di una nuova valutazione anche sotto il profilo paesaggistico, cioè sotto tutti i profili di cui all’art. 146 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42: a) la compatibilità rispetto ai valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo; b) la congruità con i criteri di gestione dell’immobile o dell’area; c) la coerenza con gli obiettivi di qualità paesaggistica, elementi tutti che non sono stati presi in considerazione dall’amministrazione comunale nel rilasciare l’autorizzazione, la quale è stata, perciò, legittimamente annullata dalla Soprintendenza.
IV) In conclusione, l’appello è fondato e merita accoglimento; di conseguenza, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere respinto.
Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna la società appellata a rifondere all’amministrazione appellante le spese di lite, nella misura di 2.000 (duemila) euro per entrambi i gradi del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 06/06/2011