Risarcimento danni per perdita di chance ed onere probatorio – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3278/2011
La perdita di chance consiste in un danno patrimoniale relativo alla perdita non di un vantaggio economico, ma della mera possibilità di conseguirlo secondo una valutazione ex ante collegata al momento in cui il comportamento illegittimo ha inciso su tale possibilità; pertanto si configura come danno attuale e risarcibile, sempreché ne sia provata la sussistenza anche secondo un calcolo di probabilità o per presunzioni, sicché alla mancanza di tale prova non è possibile sopperire con una valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., infatti diretta a fronteggiare l’impossibilità di provare non l’esistenza del danno risarcibile, bensì del suo esatto ammontare. In altri termini, la perdita di chance di rilievo risarcitorio, in quanto entità patrimoniale giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione e non mera aspettativa di fatto o generiche ed astratte aspirazioni di lucro, deve correlarsi a dati reali, senza i quali risulta impossibile il calcolo percentuale di possibilità delle concrete occasioni di conseguire un determinato bene, e che dunque il danneggiato ha l’onere di fornire (cfr. Cons. St., Sez. IV, 27 novembre 2010 n. 8253).
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Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza n. 3278 del 31/05/2011
FATTO
Con atto notificato i giorni 20 e 25 gennaio 2011 e depositato il 1° febbraio seguente Croce Amica One s.r.l. e Croce Amica s.r.l., partecipanti in costituenda a.t.i. alla gara a procedura aperta col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa indetta dal Centro Servizi Condivisi di Udine (ora Azienda ospedaliero universitaria S. Maria della Misericordia di Udine, dipartimento servizi condivisi) per conto dell’Azienda per i Servizi Sanitari n. 6 “Friuli Occidentale” di Pordenone per l’affidamento annuale del servizio di soccorso con ambulanza, hanno appellato la sentenza 28 ottobre 2010 n. 717 del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia, sezione prima, non notificata, con la quale è stato respinto il loro ricorso e successivi motivi aggiunti avverso l’aggiudicazione della gara in favore della Arkesis cooperativa sociale socio sanitaria a r.l., i sottostanti verbali, le norme di partecipazione ed il capitolato speciale d’appalto, nonché per la declatoria di inefficacia, caducazione degli effetti, invalidità e/o nullità dei contratti stipulati o stipulandi ed il risarcimento del danno.
A sostegno dell’appello hanno dedotto:
1.- Erroneità della sentenza impugnata che non ha tenuto conto della violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.lgs. n. 163/2006 e dell’art. 6 delle norme di partecipazione. Inammissibilità dell’offerta dell’Arkesis coop. a r.l.. Mancata presentazione dei requisiti di moralità.
2.- Erroneità della sentenza gravata in ordine alla rilevante violazione e falsa applicazione dell’art. 7, punto 2, sulle norme di partecipazione alla gara e dell’art. 3 C.S.A. di gara. Mancanza assoluta di ambulanze di tipo A da parte della controinteressata, necessarie per il servizio. Vizio di istruttoria ed eccesso di potere per disparità di trattamento. Violazione e falsa applicazione dell’art. 42, comma 1, lett. h) e comma 4 bis, D.Lgs. n. 163/2006. Violazione dell’art. 3, D.P.R. 27 marzo 1992 e dell’allegato documento Stato-Regioni sulla determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza.
3.- Erroneità della sentenza gravata per violazione e falsa applicazione dell’art. 86, D.Lgs. n. 163/2006 e degli artt. 3 e 4 delle norme di partecipazione alla gara. Omessa verifica dell’anomalia dell’offerta economica dell’aggiudicataria.
4.- Riproposizione dell’istanza di risarcimento del danno.
Con memoria del 20 marzo 2011 ha insistito per la riforma integrale della sentenza gravata.
Le Aziende n. 6 ed ospedaliero universitaria S. Maria della Misericordia, nonché l’Arkesis si sono costituite in giudizio ed hanno svolto controdeduzioni; l’ultima ha altresì eccepito, anche in successiva memoria, l’inammissibilità dell’appello in quanto privo di specifici motivi di ricorso, nonché dei motivi aggiunti di primo grado in quanto non aventi ad oggetto nuovi atti, bensì il contratto – di cui era chiesta la declaratoria di inefficacia -, non rientrante nel novero dei provvedimenti amministrativi per l’impugnazione dei quali è consentita la proposizione dei motivi aggiunti.
All’odierna udienza pubblica l’appello è stato posto in decisione.
DIRITTO
Com’è esposto nella narrativa che precede, si controverte della gara a procedura aperta col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’affidamento annuale del servizio di soccorso con ambulanza, indetta dal Centro Servizi Condivisi di Udine (ora Azienda ospedaliero universitaria S. Maria della Misericordia di Udine, dipartimento servizi condivisi) per conto dell’Azienda per i Servizi Sanitari n. 6 “Friuli Occidentale” di Pordenone. Alla gara hanno partecipato, tra gli altri concorrenti, l’Arkesis cooperativa socio sanitaria a r.l., risultata aggiudicataria, e la costituenda a.t.i. Croce Amica One s.r.l.-Croce Amica s.r.l., seconda in graduatoria, originaria ricorrente ed attuale appellante.
In via preliminare, va disattesa in fatto l’eccezione di inammissibilità per genericità dell’appello in esame, sollevata dall’appellata Arkesis nel rilievo della mancata deduzione di censure specifiche avverso la sentenza gravata, dal momento che l’appellante si sarebbe limitata a riproporre le doglianze di primo grado.
Invero, l’appello contiene siffatte censure specifiche di contrasto alle argomentazione contenute in sentenza.
Ad esempio, con riguardo al motivo inteso a far vale la mancata esclusione della controinteressata dalla gara per aver omesso l’autocertificazione in ordine ai requisiti morali del vice presidente e di tutti i componenti del consiglio di amministrazione, si lamenta (primo motivo d’appello) che il primo giudice abbia rilevato come la dichiarazione resa dal legale rappresentante, pedissequamente conforme al facsimile predisposto dalla stazione appaltante prevedente una dichiarazione unica, fosse stata fatta – come consentito dall’art. 47, co. 2, del d.P.R. n. 445 del 2000 – in nome e per conto della società quindi riferita a tutti gli amministratori eventualmente muniti del potere di rappresentanza; si oppone, in proposito, che il rinvio delle norme di partecipazione al cit. art. 38 renderebbe palese l’obbligo di certificazioni espresse per ciascuno degli amministratori in questione, sicché la commissione di gara sarebbe stata tenuta ad adottare l’immediata esclusione della concorrente per violazione di norma primaria a tutela dell’integrità dell’ordine pubblico riportata nelle norme di gara, peraltro applicabile anche in mancanza di espresso richiamo.
In ordine, poi, al motivo con cui la ricorrente si doleva della mancanza da parte di Arkesis dei requisiti tecnici consistenti nella disponibilità di tre ambulanze di tipo A e con impiego inferiore a cinque anni o 150.000 km, il TAR ha ritenuto ben superiore al prescritto la dichiarata dotazione di 11 ambulanze e 2 automediche tutte di tipo A, a prescindere dal pur menzionato acquisto di due nuove, ulteriori ambulanze di tipo A, oltretutto perché la lex specialis di gara non richiederebbe la disponibilità di tali mezzi già al momento della partecipazione alla gara stessa né l’esibizione dei relativi contratti. A questo riguardo l’appellante, prima di ribadire quanto a suo tempo sostenuto, ha opposto (secondo motivo d’appello) che in tal modo il primo giudice, in contraddizione con l’applicazione del bando in stretto rigore circa la dichiarazione di cui al cit. art. 38, avrebbe considerato estensivamente lo stesso bando; la dichiarazione in questione, inoltre, non potrebbe essere considerata valida ai fini dell’offerta tecnica, in quanto priva della tipologia delle ambulanze, km percorsi, targhe dei mezzi, loro carte di circolazione e loro caratteristiche tecniche, come richiesto dall’art. 7, co. 2, delle norme di gara, nonché dall’art. 3 del capitolato speciale circa sia la rispondenza dei mezzi agli standard delle autolettighe di tipo A, compresi i limiti d’impiego di 5 anni o 150.000 km, sia la preferenza per dimensioni, cilindrata e trazione consone alle caratteristiche del territorio montano.
Appare pertanto evidente come l’appello si ponga in linea con l’orientamento giurisprudenziale che richiede la confutazione delle ragioni addotte a sostegno della pronuncia.
Ancora in via preliminare, va parimenti disattesa l’eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti di primo grado aventi ad oggetto la declaratoria di inefficacia, caducazione degli effetti, invalidità e/o nullità dei tre contratti stipulati, ciascuno relativo ad una delle tre sedi in cui si articola il servizio in parola, dalla Arkesis per l’espletamento del medesimo servizio.
E’ vero che l’art. 21, co. 1, ultima parte della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 e ss.mm. ii., all’epoca vigente, prevede che possano esser impugnati con motivi aggiunti “Tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all’oggetto del ricorso stesso”. Tuttavia, nel quadro dell’intento del legislatore di concentrazione in solo processo delle questioni che attengono ad un’unica vicenda, il Collegio è dell’avviso che non possa negarsi al ricorrente, in caso di sopravvenienza del contratto, la possibilità di introdurre direttamente nello stesso processo l’azione in questione, tenuto conto che, in ogni caso, il ricorso proposto separatamente sarebbe suscettibile di essere riunito a quello avente ad oggetto l’aggiudicazione. D’altra parte, non v’è dubbio che, nella specie, i detti motivi aggiunti, comunque notificati presso sia i difensori delle parti che le rispettive sedi ed avverso i quali la controinteressata ha avuto modo di contraddire, ben avrebbero potuto essere convertiti in ricorso autonomo da riunire con l’altro pendente.
Nel merito, l’appello è fondato in relazione al secondo motivo (cennato innanzi), sotto l’assorbente profilo della non corrispondenza dell’offerta tecnica dell’Arkesis all’oggetto specifico dell’appalto, dunque della sua inidoneità assoluta.
L’art. 3 del capitolato speciale detta, tra l’altro, i requisiti delle ambulanze da impiegare per lo svolgimento del servizio, specificando che deve trattarsi di “Autolettighe di tipo A secondo normativa e standard ministeriali vigenti (Rif.: Ministero dei trasporti dlg 553 17/12/87 … DPR 27/03/92, lettera b) introduzione dei limiti di impiego delle ambulanze nelle attività di soccorso avanzato definito in 5 anni o 150.000 km)”. Non v’è dubbio, pertanto, che le ambulanze richieste dalla lex specialis di gara dovessero possedere tale requisito specifico, da precisare nell’offerta ai sensi dell’art. 7, n. 2, delle “norme di partecipazione alla gara per il servizio di soccorso con ambulanza”, col quale infatti si richiede, sia pure nell’ambito dei “documenti per la valutazione qualitativa”, l’allegazione di un documento in cui il concorrente indichi “tipologia e caratteristiche delle attrezzature (automezzo e dotazioni della stessa) che saranno utilizzate nello svolgimento del servizio”, corredato da “le schede tecniche sia per l’automezzo che per le altre attrezzature e presidi da mettere a disposizione”.
E’ altresì indubbio che il requisito di cui trattasi consiste nel mancato superamento dei prescritti limiti d’impiego, segnati dal decorso dei cinque anni “o” (ossia alternativamente) da una percorrenza di 150.000 chilometri, nel senso che il superamento anche di uno soltanto dei due parametri è sufficiente a concretare l’insussistenza del requisito.
Nel documento rubricato “tipologia dei mezzi” l’Arkesis ha dichiarato, tra l’altro, che ha già in dotazione come parco mezzi undici ambulanze e due autolettighe e che “i mezzi che la Cooperativa intende attivare per il servizio in oggetto sono tre ambulanze. Un Fiat Ducato già in servizio (…) e due nuove ambulanze serie ‘T5’ realizzate su Volkswagen Transporter …”. Ovviamente solo della prima ha fornito la carta di circolazione, dalla quale risulta che la medesima è stata immatricolata il 17 novembre 2003, quindi ben anteriormente ai cinque anni all’epoca della gara.
Deve dedursene che tale, come premesso, tale ambulanza era assolutamente inidonea all’impiego nell’appalto in questione.
Diversamente da quanto adduce l’appellata, in primo luogo il tenore del predetto documento è tale da non consentire di ritenere che l’offerta sia stata strutturata sul parco automezzi già posseduto dalla Cooperativa, essendo evidente che, invece, l’offerta, per sua natura immodificabile per evidente esigenze di par condicio tra i concorrenti, nella specie era rappresentata da quella ambulanza, oltre le due da acquistare, tant’è che per quelle costituenti appunto il parco mezzi non si indicano tipologia e caratteristiche né tanto meno si forniscono le schede tecniche. Ne deriva, come sostenuto dall’appellante, l’irrilevanza della considerazione delle altre undici ambulanze, peraltro indicate genericamente, ai fini della verifica della rispondenza dell’offerta a quanto richiesto dalla stazione appaltante.
In secondo luogo, il requisito in questione non può essere inteso esclusivamente come relativo all’esecuzione dell’appalto, dal momento che rappresenta invece una precisa prescrizione in ordine al contenuto sostanziale dell’offerta in relazione all’oggetto del servizio così come enucleato e disciplinato dal capitolato speciale, del resto espressamente richiamato dall’art. 1 delle citate “norme di partecipazione”. Conseguentemente, tenuto altresì conto che l’offerta costituisce impegno vincolante assunto dal concorrente ad eseguire in tal modo l’appalto qualora risulti aggiudicatario, va affermato che nel caso in esame l’offerta di Arkesis, avente ad oggetto un mezzo privo di tale requisito, perciò carente sotto un profilo particolarmente rilevante alla luce della natura del servizio da commettere, delle relative regole prefissate dalla stessa stazione appaltante e dei sottostanti interessi pubblici che essa ha inteso tutelare, non poteva non essere ritenuta invalida senza che occorresse un’espressa comminatoria di esclusione.
In definitiva, in riforma della sentenza appellata l’aggiudicazione in favore di Arkesis deve essere annullata in accoglimento della relativa domanda avanzata col ricorso di primo grado.
Viene perciò in rilievo la domanda risarcitoria, parimenti avanzata in primo grado e qui riproposta, in ordine alla quale va innanzitutto notato come sia evidente che Croce Amica, seconda graduata, non sia risultata aggiudicataria solo a causa dell’illegittima mancata esclusione dell’Arkesis.
L’elemento soggettivo della colpa è chiaramente ravvisabile nell’inosservanza delle regole che la stessa stazione appaltante si era data; inosservanza che, oltretutto, si è tradotta pure nella violazione del principio della par condicio tra i concorrenti.
Peraltro, non può farsi luogo alla reintegrazione in forma specifica, dal momento che gli accennati contratti annuali hanno avuto termine il 6 aprile 2011, come dichiarato in questa sede dall’Arkesis (cfr. pag. 11 della memoria datata 28 marzo 2011), evidentemente in quanto non rinnovati per un periodo di dodici mesi come pure consentiva l’art. 7 del capitolato speciale. Pertanto il risarcimento va disposto per equivalente.
Con riguardo alla sua determinazione, si osserva che non possono essere prese in considerazione a titolo di danno emergente le spese di partecipazione, le quali sarebbero restate a carico della concorrente anche in caso di aggiudicazione; compete invece, a titolo di lucro cessante, l’utile che l’a.t.i. Croce Amica avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria, la cui prova deve desumersi dall’importo (€ 37.600,00 annui) all’uopo indicato complessivamente nel “dettaglio della struttura” dell’offerta economica richiesta dall’art. 3 delle “norme di partecipazione”, ovviamente in misura proporzionale al periodo di esecuzione dei singoli contratti.
Quanto ad un autonomo pregiudizio per perdita di chance, va ricordato che, come chiarito dalla giurisprudenza, esso consiste in un danno patrimoniale relativo alla perdita non di un vantaggio economico, ma della mera possibilità di conseguirlo secondo una valutazione ex ante collegata al momento in cui il comportamento illegittimo ha inciso su tale possibilità; pertanto si configura come danno attuale e risarcibile, sempreché ne sia provata la sussistenza anche secondo un calcolo di probabilità o per presunzioni, sicché alla mancanza di tale prova non è possibile sopperire con una valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., infatti diretta a fronteggiare l’impossibilità di provare non l’esistenza del danno risarcibile, bensì del suo esatto ammontare. In altri termini, la perdita di chance di rilievo risarcitorio, in quanto entità patrimoniale giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione e non mera aspettativa di fatto o generiche ed astratte aspirazioni di lucro, deve correlarsi a dati reali, senza i quali risulta impossibile il calcolo percentuale di possibilità delle concrete occasioni di conseguire un determinato bene, e che dunque il danneggiato ha l’onere di fornire (cfr. Cons. St., Sez. IV, 27 novembre 2010 n. 8253).
Nella specie, parte appellante non solo nulla ha provato, ma neppure nulla ha precisato al riguardo, neanche in ordine agli elementi che comporrebbero tale voce, limitandosi a rappresentare di aver sofferto, oltre a danni diretti sotto forma dei costi sostenuti e dei mancati introiti realizzati, un danno “indiretto, derivante dalla perdita di future chance”, ossia ha formulato una domanda del tutto generica e, pertanto, già di per sé inammissibile.
In conclusione, l’istanza risarcitoria va accolta limitatamente alla predetta quota di utile, che, consistendo in un debito di valore, va incrementata per rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data di notificazione del ricorso al TAR all’effettivo soddisfo.
Come di regola le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata annulla l’impugnata aggiudicazione e condanna il Centro Servizi Condivisi, ora Azienda ospedaliero universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine, al risarcimento del danno nella misura precisata parimenti in motivazione.
Condanna altresì le due parti soccombenti, pro quota, in solido ed in favore di parte appellante, al pagamento delle spese di entrambi i gradi, che liquida in complessivi € 6.000,00 (seimila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2011 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Marco Lipari, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere, Estensore
Dante D’Alessio, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 31/05/2011