Revoca di aggiudicazione di gara d’appalto per infiltrazioni mafiose – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3281/2011
La materia relativa alla revoca di aggiudicazione di gara d’appalto ex art. 11 D.P.R. n. 252/1998, è stata oggetto di più pronunciamenti giurisprudenziali, riaffermati da ultimo anche con la sentenza Consiglio di Satato, n. 2352 del 18 marzo 2011. I principi affermati sono i seguenti: a) la misura interdittiva in questione, per la sua natura cautelare e preventiva, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste; b) l’insieme degli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico, ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione ad uno specifico quadro indiziario nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri; c) l’interdittiva non obbedisce a finalità di accertamento di responsabilità, bensì di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, rispetto alla quale risultano rilevanti anche fatti e vicende solo sintomatiche o indiziarie, al di là della individuazione delle responsabilità penali, cosicchè anche da una sentenza pienamente assolutoria possono essere tratti elementi per supportare la misura interdittiva.
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Consiglio di Stato, Sezione Terza, Sentenza n. 3281 del 31/05/2011
FATTO e DIRITTO
.1. A seguito di espletamento di gara ad evidenza pubblica, il Comune di Apollosa ha aggiudicato ed affidato all’ A.T.I. [OMISSIS] i lavori di completamento delle urbanizzazioni in zona PIP, e, in data 15 ottobre 2008, ha autorizzato il subentro della società [OMISSIS] s.r.l., quale cessionario di ramo d’azienda della [OMISSIS], mentre, in data 26 settembre 2008, la citata società [OMISSIS] aveva autorizzato analogo subentro.
La Prefettura di Benevento, con nota n. 14893 del 14 maggio 2009, rilasciava informativa interdittiva ex articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998 n. 252 nei confronti della nominata ditta [OMISSIS] e poi, con note 16157 del 16 e 17 luglio 2009, analoghe informative nei confronti della [OMISSIS].
1.2. L’interdittiva era motivata da una serie di circostanze per le quali si riteneva che la [OMISSIS] fosse in effetti una “gemmazione” della ditta [OMISSIS] con riconoscimento dell’infiltrazione mafiosa che giustificava l’applicazione alla [OMISSIS] della misura ostativa antimafia già disposta nei confronti della ditta [OMISSIS].
In particolare si evidenziava che:
– socio e amministratore unico della società ricorrente, dal giugno 2005, era stato dipendente della ditta [OMISSIS] dal 2005 al 2007, e la società stessa, costituita nel 2004, risultava inattiva fino a tutto il 2007 ed era divenuta operativa dal 2008 allorchè aveva acquisito i rami d’azienda di quella ditta, subentrando anche in un consistente numero di contratti per appalti pubblici;
– la signora [OMISSIS], titolare di quella ditta, ancorchè separata dal marito, signor [OMISSIS], avrebbe avuto cointeressenze nelle imprese tutte riconducibili alla famiglia stessa, e il suo coniuge sarebbe risultato inserito in ambienti criminali dediti a specifici reati estorsivi, perpetuati anche con l’uso delle armi ed avvalendosi della forza dell’intimidazione, riconducibili ad un gruppo camorristico locale;
– per di più, in ripetuti controlli presso i cantieri, era stata accertata dalle forze dell’ordine la promiscua presenza di operai e/o mezzi d’opera, di ditte diverse dall’aggiudicataria e a vario titolo riconducibili alla famiglia della titolare della ditta [OMISSIS], il cui marito risultava pregiudicato, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.
1.3. Il Comune quindi, ai sensi dell’articolo 11 citato D.P.R. n. 252/1998, ha proceduto, con deliberazione di Giunta municipale n. 76 del 21 agosto 2009 e determinazione dirigenziale n. 7163 del 24 agosto 2009, alla revoca, in via di autotutela, della precedente deliberazione di aggiudicazione n. 120/2005 e al recesso dal successivo contratto stipulato il 16 novembre 2006.
2. La [OMISSIS] ha proposto quindi ricorso con motivi aggiunti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania, chiedendo l’annullamento dei predetti provvedimenti ed altri connessi adottati dalla Prefettura e dal Comune.
L’indicato Tribunale ha respinto il ricorso, ritenendo, tra l’altro prive di considerazione alcune circostanze ( richiesta di risarcimento danni inoltrata dalla [OMISSIS] nei confronti della ditta [OMISSIS], provvedimento di revoca della dichiarazione di delinquenza abituale e di applicazione della libertà vigilata per il signor [OMISSIS], consorte della titolare della ditta [OMISSIS] ), che risultavano sopravvenute rispetto agli atti impugnati.
3. La [OMISSIS], con atto notificato il 16 ottobre 2010 e depositato il 26 ottobre 2010, ha proposto appello, con istanza incidentale di sospensiva, avverso la predetta sentenza del T.A.R., riproponendo sostanzialmente i motivi già dedotti in primo grado e diretti specificatamente avverso la misura antimafia disposta dalla Prefettura di Benevento.
L’appellante ha lamentato, in particolare, il travisamento dei fatti e il difetto di istruttoria in ordine agli elementi informativi raccolti, e quindi la carenza di motivazione sulle circostanze evidenziate e dianzi indicate (la parentela, il rapporto di dipendenza, la cessione di ramo d’azienda, i rapporti economici fra le imprese e i cd. “soggetti malavitosi”, i controlli di cantiere che deporrebbero invece a suo favore). Ha contestato, quindi, la asserita automatica estensione della interdittiva e la mancata analogica applicazione dell’articolo 37, comma 19, decreto legislativo n. 163/2006, circa il principio di cautela per le stazioni appaltanti in casi di subentro previsti anche dalla normativa antimafia. Ha, anche, dedotto che la sentenza del T.A.R., compensando le spese “ attesa la disponibilità delle contrapposte ragioni”, avrebbe riconosciuto “la opinabilità dell’interpretazione del quadro indiziario prospettato dalla Prefettura” in contraddizione con i motivi posti a base dei provvedimenti impugnati.
4 Si sono costituiti il Ministero dell’Interno e Ufficio Territoriale di Governo-Prefettura di Benevento e il Comune di Apollosa,. sostenendo la legittimità dei provvedimenti impugnati.
5. La causa, all’udienza pubblica del 13 maggio 2011, presenti le parti, è stata trattenuta in decisione.
6.l’appello è infondato.
8.1. Si premette sul piano generale che la materia di cui trattasi è stata oggetto di più pronunciamenti giurisprudenziali e la Sezione intende conformarsi agli orientamenti ormai consolidati, e riaffermati da ultimo anche con propria sentenza n. 2352 del 18 marzo 2011.
I principi affermati sono i seguenti:
la misura interdittiva in questione, per la sua natura cautelare e preventiva, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste;
– l’insieme degli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico, ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione ad uno specifico quadro indiziario nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri;
– l’interdittiva non obbedisce a finalità di accertamento di responsabilità, bensì di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, rispetto alla quale risultano rilevanti anche fatti e vicende solo sintomatiche o indiziarie, al di là della individuazione delle responsabilità penali, cosicchè anche da una sentenza pienamente assolutoria possono essere tratti elementi per supportare la misura interdittiva.
?Sulla base di tali premesse, il Collegio ritiene che nella fattispecie in esame la adozione della misura interdittiva nei confronti della società appellante sia senz’altro giustificata sulla base dei molteplici elementi indiziari richiamati del provvedimento del Prefetto, e che nessuno dei rilievi anzidetti riveste consistenza tale da incidere sulla legittimità della interdittiva prefettizia, e ciò per le considerazioni che seguono.
8.2. Il collegio osserva che non sussiste nella fattispecie alcun difetto di istruttoria e di motivazione, posto che la interdittiva antimafia di cui trattasi risulta ampiamente articolata e estesa, sorretta da elementi di valutazione puntuali e concreti, in premessa indicati, circa i collegamenti diretti e indiretti fra le imprese [OMISSIS] e [OMISSIS] e, come argomentato dal T.A.R., nel complesso pertinenti e adeguati, quindi immuni da vizi di manifesta illogicità censurabili nel merito in questa sede.
Ne conseguono l’attualità e la permanenza della “gemmazione” della [OMISSIS]” dalla ditta [OMISSIS] e del connesso pericolo di infiltrazione mafiosa.
D’altra parte, come evidenzia la difesa erariale, anche il Tribunale di Benevento – Sezione penale in data 8 febbraio 2010 ha dichiarato persistenti gli effetti del decreto 11/08 impositivo della misura di sorveglianza speciale al [OMISSIS] ( ex marito della signora [OMISSIS] ) e il Tribunale di sorveglianza di Avellino, con ordinanza n. 165 del 16 novembre 2009, ha accertato che il [OMISSIS] ha compiuto una “scelta di campo” caratterizzata dalle frequentazioni con soggetti malavitosi.
Pertanto anche le dedotte circostanze sopravvenute agli atti impugnati ( richiesta di risarcimento danni, revoca della dichiarazione di delinquenza abituale e della libertà vigilata al consorte della signora [OMISSIS] ), nel mentre non potevano influire, come giustamente sottolineato dal giudice di primo grado, al momento dell’adozione degli atti impugnati, per le considerazioni che precedono non hanno di per sé e in prospettiva una valenza particolarmente incisiva né demolitoria del quadro di condizionamento così come delineato dalla Prefettura anche in proiezione nel tempo.
In ogni caso si rileva che l’impostazione difensiva della società appellante intende attribuire un valore decisivo, nel presente giudizio, all’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Napoli n. 10/715 del 17 febbraio 2010, favorevole al nominato [OMISSIS], ma il contesto all’esame si fonda su più elementi indiziari. Ed, invero, né la sentenza di primo grado né tantomeno la interdittiva prefettizia hanno preteso di collocare la vicenda in un mero ambito di criminalità camorristica, bensì riportare alla attenzione i rapporti intercorsi e i condizionamenti fra i vari soggetti coinvolti nel caso di specie e puntualmente indicati nell’ interdittiva.
8.3. Ne consegue che le doglianze con le quali si imputa alla Autorità prefettizia di non aver tenuto conto di altre situazioni ed eventi che dimostrerebbero, in ultima analisi, la mancanza di condizionamenti da parte di organizzazioni criminali, non scalfiscono minimamente il quadro indiziario che è emerso dalla ponderosa istruttoria posta alla base della interdittiva, e che rende del tutto attendibili le conclusioni cui essa è pervenuta.
9. La [OMISSIS] non sembra abbia riproposto esplicitamente in questa sede lamentele avverso i provvedimenti di revoca dell’aggiudicazione e di recesso dal contratto adottati dal Comune di Apollosa in conseguenza delle informative prefettizie, che pur sono stato oggetto di impugnativa in primo grado e di specifico esame da parte del giudice di prime cure.
Tuttavia, per completezza e chiarezza, nel confermare le puntuali argomentazioni del T.A.R. la Sezione intende qui ribadire l’orientamento del Consiglio, secondo cui, nel caso di specie, l’efficacia interdittiva proviene direttamente dalla valutazione operata dal Prefetto, per cui alla stazione appaltante non è riconosciuto alcun potere discrezionale, posto che i citati provvedimenti comunali derivano direttamente dall’atto prefettizio.
10. Ciò stante, va infine esaminato il capo dell’appello volto a censurare la compensazione delle spese resa nel giudizio di primo grado, intendendosi conformarsi al pacifico orientamento di questo Consiglio (cfr , da ultimo, Sezione VI, n. 892 del 14 dicembre 2010 e di questa Sezione n. 2345 dell’ 11 marzo 2011).
La lamentela è invero formulata in modo generico ed apodittico e appare più diretta a dimostrare l’erroneità della valutazione prefettizia, ma le considerazioni che precedono fanno venir meno senza dubbi di sorta tale possibile prospettazione.
Quanto più specificatamente alle spese, la giurisprudenza ha ripetutamente chiarito che il T.A.R. ha amplissimi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali ovvero per escluderla, con il solo limite, in pratica, che non può condannare, totalmente o parzialmente alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi, e la valutazione di merito sulla compensazione delle spese non è sindacabile neppure per difetto di motivazione, e ciò vale sia in riferimento alle sentenze di merito che a quelle meramente processuali.
Nel caso di specie tale discrezionalità è stata esercitata in modo corretto, pure con logica sintetica motivazione, né emergono circostanze di fatto, di segno contrario, meritevoli di particolare considerazione.
11. Il ricorso quindi è infondato e va respinto, con conferma della sentenza impugnata.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, .conferma la sentenza impugnata.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado di giudizio, da ripartirsi in misura uguale a favore delle controparti costituite (Ministero dell’Interno, Prefettura di Benevento e Comune di Apollosa), liquidate in complessivi € 6.000,00 (seimila), più i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere, Estensore
Angelica Dell’Utri, Consigliere
Dante D’Alessio, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 31/05/2011