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Interventi di nuova costruzione in aderenza e diritti dei terzi – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3134/2011

La realizzazione di strutture in muratura, sovrastate da un tetto con copertura in tegole, per il suo carattere di stabilità e permanenza costituisce una vera e propria “costruzione” in senso tecnico del termine. Va quindi ricondotto alla categoria degli “interventi di nuova costruzione” la realizzazione di un porticato per autorimessa. ai sensi della lettera e) dell’art. 3 del T.U. 21 giugno 2001 n.380, essendo staccato dall’edificio di cui costituiva “pertinenza” in senso proprio ed implicando una trasformazione edilizia del territorio.

Inoltre, ai sensi dell’art. 904, c.c., nel caso di costruzioni in aderenza ad altre già realizzate, l’esistenza di luci in un muro non impedisce al vicino di costruire in aderenza. Tuttavia il permesso di costruire rimuove solo il limite allo “ius aedificandi” e la sua rilevanza giuridica va circoscritta al rapporto tra p.a. e costruttore ed ai possibili riflessi sulle correlate posizioni altrui di interesse legittimo.

L’art. 11 comma 3, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 — nell’affermare che il permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi — configura una clausola generale di salvaguardia. L’Amministrazione non ha alcun obbligo, in assenza di una norma ad hoc, né di far luogo ex officio ad un’indagine circa la sussistenza di diritti dei terzi né comunque di tener conto di eventuali possibili limitazioni negoziali al diritto a costruire di colui che richiede il permesso

(© Litis.it, 30 Maggio 2011 – Riproduzione riservata)

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 3134 del 25/05/2011

FATTO

Con gli appelli di cui in epigrafe, i controinteressati in primo grado ed il Comune di Bari, per quanto di rispettivo interesse, impugnano la sentenza parziale del TAR Puglia con cui:

— è stato annullato il permesso di costruire n. 2-2004 (relativo alla realizzazione di un porticato per autorimessa nel giardino pertinenziale in aderenza al fabbricato dei [OMISSIS], la cui realizzazione comporterebbe la chiusura di ben 8 luci), rilasciato dall’Amministrazione Comunale (il cui appello è rubricato al n.1136/2005) alla sig.ra [OMISSIS], ed agli usufruttuari […] e […] (il cui appello è stato iscritto con il n. 10546/2004);

— è stata pronunciata la condanna generica al risarcimento del danno ed, in conseguenza ha disposto una C.T.U. rinviando alle relative conclusioni per la definizione della richiesta dei danni.

In esito a questa secondo capo della sentenza gravata, il TAR Puglia-Bari con successiva sentenza n.2419/2010, ha liquidato tali danni in misura pari a “zero”, in quanto, a seguito della CTU, sarebbe emerso che:

-) la parte di immobile che utilizza le luci contestate posta a piano terra, sarebbe indebitamente utilizzata dagli odierni controinteressati quale abitazione;

-) tali vani non sarebbero idonei ad un uso residenziale, a cagione della carenza delle condizioni minime igienico sanitario, atteso che le superfici di aerazione risultano di gran lunga inferiori al limite minimo di 1/8 così come previsto D.G.R. n. 6090/93;

-) non sarebbe in conseguenza mai stata rilasciata l’abitabilità all’immobile dei Sigg. [OMISSIS].

I sigg. [OMISSIS] con un’unica articolata rubrica di gravame lamentano la violazione dell’art. 904 c.c. del c.c.; mentre il Comune di Bari lamenta l’erroneità della sentenza per violazione degli artt. 873 e 787 e dell’art. 19 delle NTA.

I controinteressati si sono costituiti in entrambi i giudizi assumendo:

— la legittimità delle luci realizzate ad un’altezza di oltre 2 mt. in virtù delle autorizzazioni comunali, e la loro necessità per dare luce ed aria ad ambienti domestici essenziali come la camera da letto, la cucina, la rampa scale del bagno;

— la natura di mero espediente dell’iniziativa della parte appellante di carattere esclusivamente emulativo;

— le regole civilistiche avrebbero carattere sussidiario ed avrebbero potuto essere dedotte come vizio dell’atto amministrativo in violazione delle norme del codice sulle distanze.

Le istanze di sospensione cautelare della decisione impugnata su entrambi gli appelli sono state respinte per l’assenza del danno grave ed irreparabile con ordinanze n. 473 del 2.2.2005 e n. 1476 del 23.3.2005.

Con i documenti e le memorie per la discussione le parti hanno sottolineato gli elementi a sostegno delle proprie rispettive tesi.

Chiamata all’udienza pubblica,uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

____ 1.§. Ai sensi dell’art. 70 del c.p.a. deve disporsi la riunione degli appelli di cui in epigrafe, essendo evidente la connessione oggettiva e soggettiva di entrambi i gravami.

____ 2.§. Per ragioni di economia espositiva entrambi gli appelli oggettivamente connessi possono essere esaminati congiuntamente.

____ 2.1. Con l’appello n. 10546/2004 i privati lamentano la grave contraddizione che caratterizza sul piano motivazionale la decisione appellata, in quanto il Tribunale Amministrativo:

— non avrebbe tenuto conto che i profili di illegittimità dell’atto concessorio non avrebbero inciso direttamente sui diritti soggettivi dei vicini, peraltro oggetto di un giudizio civile pendente inter partes;

— avrebbe affermato l’illegittimità dell’atto di concessione non per un contrasto con gli strumenti urbanistici che regolano la realizzazione di opere edilizie, ma per mancato rispetto della disciplina intersoggettiva ed in relazione a profili civilistici che, come tali, non erano idonei ad incidere sulla validità dell’atto amministrativo in base al quale è stato autorizzata l’attività edilizia (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V 19 febbraio 2003 n. 905);

— avrebbe escluso il porticato in questione dal novero delle “costruzioni”: affermando erroneamente che la possibilità di costruire in aderenza al muro del vicino, chiudendo le luci esistenti su di esso sarebbe ammessa solo nei casi in cui sia realizzato una vera e propria “costruzione”, e non una pertinenza.

La nozione di “costruzione” invece abbraccia tutti gli edifici e fabbriche in muratura o in altri materiali, che abbiano il carattere di stabilità e solidità e costituiscano un’immobilizzazione del suolo:

— il TAR avrebbe tutelato le otto luci negando il diritto potestativo dei proprietari a costruire in aderenza al muro di cinta, ingerendosi peraltro indebitamente nella soluzione progettuale, ed attribuendo apoditticamente una natura emulativa alla richiesta;

— il TAR poi avrebbe sorvolato sull’infondatezza del primo motivo di primo grado con cui gli odierni controinteressati assumevano il mancato rispetto della distanza minima di mt. 10 tra i fabbricati confinanti, mentre per gli odierni appellanti il manufatto pertinenziale ben poteva essere costruito in aderenza;

— la servitù di veduta non avrebbe determinato alcuna illegittimità e comunque la costruzione dei [OMISSIS] sarebbe stata abusiva e priva di certificato di abitabilità.

____ 2.2. Con il suo appello il Comune di Bari:

— in primo luogo contesta l’affermazione del TAR per cui il porticato autorizzato non dovesse essere ricondotto nel novero delle costruzioni stabili e permanenti a tutti gli effetti; in quanto ai sensi dell’art. 13 NTA comunque era una “costruzione2 seppure non comportasse volumetria e nemmeno proiezione al suolo di tutte le superfici perimetrali chiuse dell’edificio;

— in parte chiede l’annullamento della decisione gravata relativamente alla pronuncia di condanna al risarcimento del danno.

Entrambi gli appelli sono fondati nei sensi che seguono.

La realizzazione di strutture in muratura, sovrastate da un tetto con copertura in tegole, per il suo carattere di stabilità e permanenza costituisce una vera e propria “costruzione” in senso tecnico del termine (arg. ex Consiglio Stato, sez. IV, 31 marzo 2009, n. 1998).

Deve quindi, in linea di principio, condividersi l’assunto fondamentale degli appellanti per cui nella specie il porticato per autorimessa andava comunque ricondotto alla categoria degli “interventi di nuova costruzione”, ai sensi della lettera e) dell’art. 3 del T.U. 21 giugno 2001 n.380, essendo staccato dall’edificio di cui costituiva “pertinenza” in senso proprio ed implicando una trasformazione edilizia del territorio.

Inoltre, ai sensi dell’art. 904, c.c., nel caso di costruzioni in aderenza ad altre già realizzate, l’esistenza di luci in un muro non impedisce al vicino di costruire in aderenza (cfr. in tal senso Consiglio Stato, sez. V, 23 giugno 1997, n. 718).

Ciò posto, deve ricordarsi che, come è noto:

— il permesso di costruire rimuove solo il limite allo “ius aedificandi” e la sua rilevanza giuridica va circoscritta infatti al rapporto tra p.a. e costruttore ed ai possibili riflessi sulle correlate posizioni altrui di interesse legittimo;

— l’art. 11 comma 3, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 — nell’affermare che il permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi — configura una clausola generale di salvaguardia.

— l’Amministrazione non ha alcun obbligo, in assenza di una norma ad hoc, né di far luogo ex officio ad un’indagine circa la sussistenza di diritti dei terzi né comunque di tener conto di eventuali possibili limitazioni negoziali al diritto a costruire di colui che richiede il permesso (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6332).

Deve quindi concordarsi che il TAR ha erroneamente inteso tutelare le indebite ragioni degli appellati in quanto (come emerge chiaramente dagli atti versati nel presente giudizio dagli appellanti in data 26.2.2010) dai disegni allegati all’istanza di concessione in sanatoria ai controinteressati in promo grado, risulta chiaramente che la necessarietà delle finestre lucifere sul fondo dei vicini era sorta solo in seguito all’abusiva realizzazione di una cucina al posto dell’unico cortiletto scoperto che originariamente dava luce a tutte le stanze ed allo scantinato; ed alla contemporanea adibizione di un ripostiglio a camera da letto.

Nel caso di specie dunque, sul piano del diritto amministrativo, doveva escludersi la rilevanza dei profili civilistici ed intersoggettivi concernenti la materia delle luci e delle distanze: anzi da questo punto di vista, non si ravvisa in ogni caso una posizione giuridica degli appellati giuridicamente meritevole di una peculiare tutela dato che gli immobili (comprese le parti dell’immobile supportate da titoli edilizi in sanatoria) risultano carenti strutturalmente e comunque privi delle certificazioni di agibilità (cfr. Cert. Dirigente Sportello Unico 10.2.2010 n. 36.122);

Né potevano avere rilievo le intenzioni personali dei proponenti l’istanza — e quindi la loro qualificazione come atto esclusivamente emulativo — in quanto in ogni caso si tratta di libere scelte degli appellanti concernenti il legittimo godimento delle loro proprietà.

In conclusione non vi era alcuna ragione di diritto per negare agli appellanti il permesso di costruire il porticato in aderenza all’immobile confinante ai sensi dell’art. 904 del c.c. .

Di qui la piena legittimità del provvedimento impugnato in primo grado e l’erroneità della sentenza appellata anche nella parte in cui si affermava, in via generica, la connessa responsabilità per danni del Comune di Bari.

___ 3.§ In conclusione entrambi gli appelli sono fondati e devono essere accolti e di conseguenza la decisione di primo grado impugnata deve essere integralmente annullata.

Le spese possono tuttavia essere compensate tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti:

___ 1. Dispone, ai sensi dell’art. 70 del c.p.a. la riunione dei gravami n. 1136 del 2005 e 10546 del 2004.

___ 2. Accoglie gli appelli rispettivamente n.1136/2005 n. 10546/2004, e per l’effetto annulla la sentenza del T.a.r. Puglia di cui in epigrafe.

___ 3. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 25/05/2011

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