Il diritto su un alloggio di edilizia residenziale pubblica non si trasmette automaticamente all’erede – Consiglio di Stato Sentenza n. 3113/2011
Il diritto alla cessione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica non si trasferisce jure successionis all’erede, in quanto tale, trattandosi di un diritto correlato alle condizioni personali del titolare ed ex lege attribuito, in caso di morte dell’assegnatario, solo a determinati congiunti, in presenza di determinate condizioni, mentre gli eredi dell’assegnatario privi del diritto di subentrare nel rapporto locativo possono vantare solo un interesse legittimo in ordine ad una nuova assegnazione a loro favore del medesimo alloggio a titolo preferenziale ai sensi dell’art. 12 DPR n. 1035/1972, in presenza delle condizioni di carattere generale richieste dall’art. 2 del medesimo decreto.
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Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 3113 del 24/05/2011
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti, presentatisi quali eredi di [OMISSIS] – già assegnatario di un alloggio INA Casa in Napoli, per il quale egli aveva presentato richiesta di assegnazione in proprietà e che aveva, poi, sublocato al sig. Ciro Tognino – hanno proposto appello avverso la sentenza in epigrafe, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania ha deciso, respingendo il primo e dichiarando inammissibili gli altri, tre ricorsi che i medesimi avevano proposto, rispettivamente, avverso il silenzio dell’Istituto autonomo per le case popolari della Provincia di Napoli sulla loro istanza tesa a ottenere il riconoscimento del loro diritto al riscatto dell’alloggio predetto (ricorso n. 3131/95), avverso il decreto del 9.01.1997 di regolarizzazione del rapporto di locazione del predetto appartamento da parte del controinteressato Tognino (ricorso n. 2880/97), avverso provvedimento senza numero e data relativo alla perdita di ogni diritto che il dante causa [OMISSIS] vantava sull’alloggio in questione (ricorso n. 9981/2000).
Il TAR ha ritenuto infondate l’impugnazione del silenzio sulla diffida notificata allo I.A.C.P. il 9.12.94 nonchè la domanda di accertamento del diritto dei ricorrenti al trasferimento della proprietà dell’alloggio e del correlato obbligo dell’Istituto a stipulare il relativo atto pubblico, rilevando che non si era verificato l’acquisto della proprietà in capo al dante causa dei ricorrenti e che neppure poteva ritenersi trasferito in capo agli eredi [OMISSIS] il rapporto di assegnazione dell’alloggio, con il connesso jus ad rem consistente nel diritto al trasferimento della proprietà in presenza di determinati presupposti; alla morte dell’originario assegnatario; secondo i primi giudici, l’immobile era rientrato nella disponibilità dell’ente gestore, non risultando che gli eredi avessero ottenuto una nuova assegnazione dello stesso alla stregua della normativa vigente, previa dimostrazione del possesso dei requisiti prescritti. Conseguentemente, l’appellata sentenza ha dichiarato l’inammissibilità, per carenza di interesse, della pretesa dei ricorrenti all’annullamento dell’atto di regolarizzazione della posizione del sig. Tognino, occupante dell’alloggio. Il terzo ricorso è stato dichiarato inammissibile per l’assorbente motivo della ravveduta insussistenza di un provvedimento impugnabile, atteso il contenuto della nota contestata.
L’atto di appello si articola nei seguenti motivi: 1) Eccesso di potere, illogicità manifesta, violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 37 L. n. 60/63 e del combinato disposto dell’art. 27 L. 513/77 e dell’art. 52 L. 457/78; si sostiene l’erroneità ed il contrasto in particolare col disposto dell’art. 27 legge n. 513/77 dell’avviso del TAR circa il mancato trasferimento della proprietà dell’alloggio in capo al sig. [OMISSIS] ed il rientro dell’immobile nella disponibilità dell’ente gestore; 2) eccesso di potere, omessa motivazione, contraddittorietà manifesta, erroneità dei presupposti, erronea presupposizione dei fatti, violazione degli artt. 2 e 3 L. 241/90 e 97 Cost., con riferimento al rapporto locatizio instaurato dall’ente direttamente col sig. Tognino; 3) eccesso di potere, erroneità dei presupposti, erronea presupposizione dei fatti; la declaratoria di inammissibilità del secondo e terzo ricorso sarebbe conseguenza dell’errata tesi dei giudici di primo grado circa il mancato trasferimento dei diritti del dante causa dei ricorrenti, i quali avrebbero tutto l’interesse a contestare altrui rapporti locatizi in contrasto con il diritto loro trasferito dal Sig. [OMISSIS], così come a contrastare atti riferiti alla perdita di ogni diritto che il dante causa vantava sull’immobile a lui assegnato; 4) eccesso di potere sotto ulteriore profilo, erroneità dei presupposti ed erronea presupposizione dei fatti; si contesta che il TAR abbia ritenuto di poter prescindere da un’indagine approfondita in ordine alla esistenza ed efficacia dell’autorizzazione da parte dell’Istituto alla sublocazione dell’alloggio al sig. Tognino, alle ragioni di salute che avevano motivato la richiesta di autorizzazione, alle iniziative giudiziarie assunte dagli eredi [OMISSIS] per far dichiarare risolto il rapporto di sublocazione, circostanze, queste, che gli appellanti ritengono rilevanti proprio in virtù dell’affermata trasmissione iure ereditario della proprietà dell’alloggio in questione; 5) ulteriore profilo di eccesso di potere, contraddittorietà tra atti della stessa amministrazione; si contesta che, in violazione dell’art. 112 c.p.c., la sentenza non si sia pronunciata su uno dei motivi dedotti dai ricorrenti con l’ultimo ricorso, ossia il motivo con il quale si denunciava contraddittorietà nella condotta dell’amministrazione, la quale nel 1988 aveva comunicato al Tognino l’insussistenza delle condizioni per l’assegnazione dell’alloggio poi, invece, nel 1997, attribuita, senza, peraltro, il parere della Commissione alloggi; viene segnalato, inoltre, che l’eventuale decadenza da ogni diritto sull’immobile non poteva essere eccepita da organo dello I.A.C.P. in quanto l’adozione di provvedimenti di annullamento, di decadenza o di revoca dell’assegnazione di alloggi ex INCIS è attribuita ai Comuni.
L’Istituto intimato non si è costituito; resiste, invece, il controinteressato.
I ricorrenti hanno dimesso memoria.
Il ricorso in appello è stato posto in decisione all’udienza dell’1.02.2011.
Le argomentazioni con le quali i ricorrenti sostengono l’erroneità del ragionamento del TAR si compendiano nei seguenti assunti: a) il contratto di compravendita dell’alloggio deve considerarsi, ai sensi dell’art. 27 legge n. 513 del 1977, già stipulato, avendo l’Ente gestore accettato la domanda di riscatto avanzata da [OMISSIS], ed nel diritto a veder formalizzato, con regolare atto pubblico, il trasferimento di proprietà già operativo ex lege sono succeduti gli eredi; b) comunque il dante causa dei ricorrenti aveva il diritto alla cessione in proprietà dell’alloggio assegnatogli, avendone fatta nei termini domanda (nel 1964, reiterata in data 19.10.1977) ed tale diritto, in virtù delle norme sulla successione, si è trasferito agli eredi, che in data 19.05.1979 ribadivano la domanda di riscatto; c) i ricorrenti avevano, in ogni caso, tutti i requisiti previsti dalla legge (DPR 1035/72 artt. 2 e 12) per subentrare jure hereditatis all’assegnatario, deceduto l’8.05.1979, e la conferma della volontà di riscattare l’alloggio datata 19.05.1979 doveva intendersi anche come domanda di assegnazione; i ricorrenti sostengono, quindi, che la sentenza impugnata debba essere riformata accogliendo il primo originario ricorso, con conseguenze anche relative al secondo e terzo ricorso, per i quali ribadiscono il proprio interesse sottolineando, in particolare, che il Tognino occupava l’appartamento in questione come conduttore, essendo stata autorizzata dall’ente proprietario la locazione tra il [OMISSIS] ed il Tognino.
L’appello è infondato, risultando pienamente condivisibile l’avviso dei primi giudici che, nella specie, alla morte dell’originario assegnatario l’alloggio è rientrato nella disponibilità dell’ente gestore.
Il preteso acquisto della proprietà dell’immobile in capo al dante causa dei ricorrenti non si è verificato, non essendo intervenuto l’atto di trasferimento del bene, comunque necessario al perfezionamento dell’effetto traslativo della proprietà, indipendentemente dalla maturazione dei relativi presupposti e dalla presentazione della domanda di riscatto o dal fatto che sia eventualmente intervenuta una formale comunicazione dell’accettazione della domanda da parte dell’Ente; circostanza, quest’ultima, che neppure risulta essersi verificata nella specie, atteso che la nota 2.03.1965 della GESCAL cui si riferiscono i ricorrenti (loro doc. 3) non esprime accettazione ma si limita a dar conto della regolare ricezione della domanda di riscatto, alla cui pendenza si riferisce anche la successiva nota dello IACP 15.07.70, mentre all’accenno alla possibilità di locare a terzi, sentito l’Ente amministratore, non può attribuirsi univoco significato di consenso al riscatto, tanto più in un contesto nel quale si segnalava il numero particolarmente rilevante di domande pervenute e la necessità di tempo per il lavoro degli uffici onde addivenire alla stipulazione dei contratti.
Né il diritto alla cessione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica si trasferisce jure successionis all’erede, in quanto tale, trattandosi di un diritto correlato alle condizioni personali del titolare ed ex lege attribuito, in caso di morte dell’assegnatario, solo a determinati congiunti, in presenza di determinate condizioni, mentre gli eredi dell’assegnatario privi del diritto di subentrare nel rapporto locativo possono vantare solo un interesse legittimo in ordine ad una nuova assegnazione a loro favore del medesimo alloggio a titolo preferenziale ai sensi dell’art. 12 DPR n. 1035/1972, in presenza delle condizioni di carattere generale richieste dall’art. 2 del medesimo decreto.
I ricorrenti, che sostengono di aver posseduto i requisiti di cui agli artt. 2 e 12 DPR n. 1035 del 1977, si dolgono che il TAR abbia omesso di valutare se gli eredi legittimi del [OMISSIS] si trovassero nelle condizioni previste dalla legge per subentrare nell’assegnazione dell’alloggio, ma a torto. L’originario ricorso n. 3131/95 si articolava in due motivi tesi ad evidenziare, il primo, la pretesa violazione dell’art. 27 legge n. 513/77, come integrata dall’art. 52 legge n. 457/1978, ed, il secondo, eccesso di potere per omessa motivazione. La pretesa azionata era quella, fondata sul proprio diritto ereditario, alla formalizzazione mediante atto pubblico di un contratto di compravendita asseritamente già concluso con il dante causa. Altra causa petendi non era stata sottoposta al giudice di prime cure ed è solo in sede di appello che la domanda tesa alla declaratoria dell’obbligo dello IACP di formalizzare il contratto di compravendita viene ricollegata anche ad un asserito diritto all’assegnazione (in via di subentro od ex novo ai sensi dell’art. 12 DPR 1035/72) dell’alloggio in questione, soggiungendosi, in memoria, che la conferma datata 19.05.1979 della domanda di riscatto doveva intendersi anche come domanda di assegnazione.
Non costituisce, quindi, vizio della sentenza la mancata indagine sull’eventuale sussistenza in capo ai ricorrenti dei requisiti per l’assegnazione, che era onere degli interessati allegare e comprovare; nella specie i ricorrenti non solo non comprovano il possesso dei requisiti, neppure contestando quanto indicato nella memoria di costituzione datata 15.07.2004 del sig. Tognino circa le proprietà immobiliari dei sigg. [OMISSIS] risultanti da accertamenti presso la Conservatoria di Napoli, ma neppure dimostrano di aver chiesto all’Istituto autonomo case popolari l’assegnazione, non potendosi intendere in tal senso la nota del 19.05.1979, nella quale gli eredi figuranti sono ben più numerosi degli attuali ricorrenti, che esprime unicamente la loro concorde volontà di riscattare l’alloggio.
I giudici di primo grado hanno, comunque, colto l’aspetto essenziale osservando che l’alloggio era rientrato nella disponibilità dell’Ente “non risultando che gli eredi abbiano ottenuto una nuova assegnazione dello stesso alla stregua della normativa vigente, previa dimostrazione del possesso dei requisiti prescritti”.
La sentenza, dunque, si sottrae alle critiche esposte quanto alla reiezione del ricorso n. 3131/95 e, conseguentemente, anche a quelle relative alla declaratoria di inammissibilità dei due successivi ricorsi, non avendo i ricorrenti alcun interesse a contestare atti relativi ad un immobile che comunque non entrerebbe, in caso di relativo annullamento, nella loro disponibilità.
L’appello va, quindi, respinto.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i ricorrenti, in solido, a rifondere a Tognino Ciro le spese del giudizio che liquida in euro 3000,00 (tremila), oltre i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 febbraio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Raffaele Greco, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Silvia La Guardia, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 24/05/2011