AmministrativaGiurisprudenza

Accesso agli atti ed individuazione dei controinteressati – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3190/2011

Ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. c), legge n. 241/1990 (come sostituito con la legge n. 152005) per “controinteressati” in materia di accesso devono intendersi “tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza”. Prima dell’avvento di tale norma, la giurisprudenza tendeva a considerare come controinteressati tutti i soggetti determinati cui –semplicemente- si riferissero i documenti richiesti in accesso (C.d.S., V, 2 dicembre 1998, n. 1725; VI, 8 luglio 1997, n. 1117; IV, 11 giugno 1997, n. 643; VI, 5 ottobre 1995, n. 1085; VI, 20 maggio 1995, n. 506; VI, 6 febbraio 1995, n. 71; IV, 15 settembre 1994, n. 713; IV, 7 marzo 1994, n. 216; A.P., n. 16 del 1999).

La novella definizione appena riportata ha però un’indubbia portata innovativa, in quanto impone di riconoscere qualità di controinteressato (cfr. sul punto C.d.S., VI, n. 3601 del 2007) non già a tutti coloro che, a qualsiasi titolo, siano nominati o comunque coinvolti nel documento oggetto dell’istanza ostensiva, ma, appunto, solo a coloro che per effetto dell’ostensione vedrebbero pregiudicato il loro diritto alla riservatezza. Non basta, perciò, che taluno venga chiamato in qualche modo in causa dal documento in richiesta, ma occorre in capo a tale soggetto un quid pluris, vale a dire la titolarità di un diritto alla riservatezza sui dati racchiusi nello stesso documento.

La veste di controinteressato in tema di accesso è una proiezione, perciò, del valore della riservatezza, e non già della mera oggettiva riferibilità di un dato alla sfera di un certo soggetto.

Se ne desume che non tutti i dati riferibili ad un soggetto sono per ciò solo rilevanti ai fini in discorso, ma solo quelli rispetto ai quali sussista, per la loro inerenza alla personalità individuale, o per i pregiudizi che potrebbero discendere da una loro diffusione, una precisa e ben qualificata esigenza di riserbo.

(© Litis.it, 30 Maggio 2011 – Riproduzione riservata)

Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza n. 3190 del 27/05/2011

FATTO e DIRITTO

Il Comune di Prato chiedeva, con ricorso al T.A.R. per la Toscana, che venisse ordinata l’ostensione di una serie di documenti, ad esso occorrenti ai fini dell’avvio della gara intesa a pervenire ad un nuovo affidamento del servizio pubblico di distribuzione del gas nel suo territorio, documenti da tale Comune già invano richiesti con nota del 10.05.2010 all’affidataria del servizio, la Consiag Reti s.r.l.. (ora Estra Reti Gas s.r.l.). Il Comune impugnava quindi, allo scopo, la nota di quest’ultima società del 9.06.2010 recante diniego di accesso alla documentazione richiesta, e contestualmente chiedeva l’accertamento, ai sensi dell’art. 25 legge n. 241/1990, del proprio diritto all’esibizione e all’estrazione di copia dei documenti richiesti, e la correlativa condanna dell’intimata concessionaria.

I documenti richiesti erano i seguenti: planimetrie delle reti, suddivisione delle condotte, impianti, punti di consegna e misuratori gas installati, relazione di consistenza e valutazione dei beni di proprietà connesse con la gestione del sistema distributivo del gas, la documentazione tariffaria relativa al periodo di regolazione 2009-2012, elenco delle servitù per la posa di condotte in aree private, elenco delle autorizzazioni alla posa delle condotte gas concesse, indicazione del valore del contributo di allacciamento ed opere accessorie, schemi di flusso relativi alle apparecchiature in esercizio, denunce ISPESL e certificazioni relative agli impianti di prelievo, riduzione e misura di primo salto ed eventuali impianti di riduzione intermedia, schemi di flusso relativi alle apparecchiature in esercizio dei gruppi di riduzione finale e industriali, planimetrie dell’impianto di protezione catodica con indicazione dei sistemi di suddivisione della rete e i dati caratteristici, indicazione delle condotte in acciaio, copie dei permessi e autorizzazioni per la realizzazione e il mantenimento degli impianti, copia dei resoconti delle misure effettuate nell’ultimo anno e dei contratti di fornitura di energia elettrica e telefonica fissa, verifica denunce impianti messa a terra PPC, rapporto di protezione catodica aggiornato al 31 dicembre 2009, elenco e posizioni delle fughe riscontrate e riparate negli ultimi tre anni, numero di chiamate d’emergenza ricevute negli ultimi due anni, numero delle società di vendita operanti nel territorio comunale di Prato, volume di gas messo in rete dal 2005 ed immesso mensilmente negli anni 2008 e 2009.

Il T.A.R. respingeva il ricorso con la sentenza in epigrafe prescindendo dalla richiesta di integrazione del contraddittorio formulata dai resistenti, avvalendosi degli argomenti di seguito trascritti :

– la richiesta di ostensione non attiene a documentazione specifica e la sua soddisfazione richiede un’attività di elaborazione da parte dell’intimata;

– la circostanza non è contestata dal ricorrente, che nella memoria finale si dichiara disponibile a fornire tecnici comunali per “la estrapolazione dei dati necessari”, con ciò confermando la necessità di effettuare elaborazioni al fine di soddisfare la propria richiesta;

– detta richiesta appare quindi contrastante con l’art. 2, comma 2, del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184;

– il processo in materia di accesso non ha ad oggetto solo la legittimità del provvedimento di diniego, ma si estende al rapporto tra richiedente e soggetto pubblico intimato, e tende ad accertare la sussistenza dei presupposti per dar corso alla richiesta ostensiva, sicché non è di ostacolo alla reiezione del ricorso il fatto che la circostanza suddetta sia stata rappresentata negli atti processuali e non nel diniego impugnato.

Avverso tale sentenza il Comune esperiva il presente appello con un unico e articolato mezzo, con il quale riproponeva la sostanza delle argomentazioni e richieste svolte in primo grado, censurando la pronuncia appellata per averle disattese.

Si costituivano in giudizio in resistenza al gravame le società Estra Reti Gas s.r.l. ed Estra s.r.l., nonché il comune di Sesto Fiorentino.

Le resistenti difese, oltre a contrastare le deduzioni avversarie, eccepivano anche in questo grado l’incompletezza del contraddittorio, per l’allegata necessità di evocare in giudizio gli altri Comuni serviti dall’impianto in questione, avente carattere sovracomunale: da ciò la richiesta di annullare la sentenza appellata con rinvio al primo giudice ex art. 105 CPA..

Esse riproponevano anche le loro difese implicitamente assorbite dal Tribunale vertenti, tra l’altro, sulla presunta inammissibilità della richiesta di accesso del Comune di Prato per la sua indeterminatezza e genericità, ed insistevano sulla inaccoglibilità della stessa richiesta, concludendo per la reiezione dell’impugnativa in quanto inammissibile e comunque infondata.

L’appellante e le società intimate approfondivano ulteriormente le rispettive tesi con memorie di replica.

Alla Camera di consiglio del 22 marzo 2011, dopo la discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello va accolto nei limiti che saranno specificati.

1 L’azione esperita dal Comune attuale appellante è intesa ad ottenere, dall’affidataria del servizio pubblico di distribuzione del gas nel suo territorio sin dal 1974, l’ostensione della documentazione necessaria a permettere di indire la gara che esso Comune di Prato ha deciso di svolgere ai fini del nuovo affidamento del servizio.

Più in dettaglio, si precisa che l’originario affidatario del servizio, il Consorzio intercomunale Consiag, poi trasformato in società per azioni (Consiag s.p.a.), aveva in seguito: da un lato, separato il ramo di azienda del servizio di distribuzione del gas dando vita a Consiag Reti, poi divenuta Estra Reti Gas s.r.l., la quale aveva continuato ad operare sulla base degli atti di affidamento iniziali; dall’altro, dato vita, con altri soggetti, alla società attualmente denominata Estra s.r.l., titolare dell’intero capitale sociale di Estra Reti Gas, nonché proprietaria della rete sovracomunale di distribuzione esistente.

Il Comune di Prato partecipa con una quota di maggioranza relativa (37,8 %) al capitale di Consiag s.p.a., in totale suddiviso tra 24 Comuni; e tale società, a sua volta, è titolare di circa il 60 % di Estra s.r.l..

La disciplina di settore, che tra l’altro assegna agli enti locali funzioni di indirizzo, vigilanza, programmazione e controllo sulle attività di distribuzione del gas naturale, prevede che all’esito del periodo transitorio accordato agli affidamenti in essere debbano essere indette delle gare per i nuovi affidamenti del servizio. E proprio in tal senso ha deciso di attivarsi il Comune di Prato per il proprio territorio, con deliberazioni consiliari nn. 35 e 194 del 2010; tali decisioni hanno però formato oggetto di ricorso giurisdizionale da parte di alcuni dei Comuni con esso prima consorziati.

Per potere impostare la procedura di gara il Comune abbisogna, peraltro, di ottenere dal gestore in uscita la documentazione riflettente la struttura del servizio e lo stato dei relativi impianti, stante la necessità di fornire ai partecipanti gli elementi loro occorrenti ai fini della formulazione delle offerte. Da qui la sua richiesta di accesso del 1052010, che è stata tuttavia respinta da Consiag Reti (Estra Reti Gas s.r.l.), in sintesi, per le seguenti ragioni: i dati richiesti si riferivano ad un impianto unitario di distribuzione servente più comuni; il rilascio delle informazioni domandate avrebbe pregiudicato il corretto svolgimento della futura gara d’ambito e leso anche l’interesse della società stessa a parteciparvi, in quanto sarebbero stati previamente svelati alcuni dati riservati; alcuni dei Comuni interessati avevano espresso il loro dissenso alla trasmissione dei dati richiesti, e un analogo diniego era stato espresso da Estra s.r.l..

Dopo la risposta negativa ricevuta, il Comune di Prato proponeva quindi il suo ricorso al T.A.R. e, all’esito, il presente appello.

Il Comune ricorrente sottolineava, in particolare: la propria necessità di indicare nel bando di gara lo stato di consistenza e le caratteristiche degli impianti oggetto di gara, onde permettere ai concorrenti di formulare un’offerta; la valenza ostruzionistica del diniego di accesso impugnato; la circostanza che l’esibizione dei documenti richiesti doveva reputarsi dovuta dall’attuale gestore sia sul piano del rapporto tra concedente e concessionario di pubblico servizio, relazione implicante un dovere di collaborazione del secondo con il primo, sia sulla scorta del principio di leale cooperazione istituzionale previsto dall’art. 22, comma 5, della legge n. 2411990 ed estensibile anche ai gestori di servizi, e sia comunque, infine, in base al principio del diritto di accesso agli atti amministrativi. E tali argomenti ha riproposto anche in questo grado di giudizio.

2 Prima di esaminare il merito di causa occorre fare i conti con l’eccezione di incompletezza del contraddittorio.

Il problema così sollevato dalle difese degli appellati nasce indubbiamente attenuato dal fatto che l’ostensione documentale è stata richiesta con riferimento a quanto di interesse del Comune di Prato, e non investe perciò l’impianto nella sua assoluta interezza. Poiché, però, questo costituisce un’entità unitaria, inevitabilmente la vicenda dell’accesso in esame finisce per coinvolgere anche dati, inerenti all’impianto, riguardanti indistintamente la collettività dei comuni da esso serviti.

Da qui l’ineludibilità dell’esame dell’eccezione.

A questo riguardo occorre allora misurarsi con il disposto dell’art. 22, comma 1, lett. c), legge n. 241/1990 (come sostituito con la legge n. 152005).

Ai sensi di tale previsione, per “controinteressati” in materia di accesso devono intendersi “tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza”.

Prima dell’avvento di tale norma, la giurisprudenza tendeva a considerare come controinteressati tutti i soggetti determinati cui –semplicemente- si riferissero i documenti richiesti in accesso (C.d.S., V, 2 dicembre 1998, n. 1725; VI, 8 luglio 1997, n. 1117; IV, 11 giugno 1997, n. 643; VI, 5 ottobre 1995, n. 1085; VI, 20 maggio 1995, n. 506; VI, 6 febbraio 1995, n. 71; IV, 15 settembre 1994, n. 713; IV, 7 marzo 1994, n. 216; A.P., n. 16 del 1999).

La novella definizione appena riportata ha però un’indubbia portata innovativa, in quanto impone di riconoscere qualità di controinteressato (cfr. sul punto C.d.S., VI, n. 3601 del 2007) non già a tutti coloro che, a qualsiasi titolo, siano nominati o comunque coinvolti nel documento oggetto dell’istanza ostensiva, ma, appunto, solo a coloro che per effetto dell’ostensione vedrebbero pregiudicato il loro diritto alla riservatezza. Non basta, perciò, che taluno venga chiamato in qualche modo in causa dal documento in richiesta, ma occorre in capo a tale soggetto un quidpluris, vale a dire la titolarità di un diritto alla riservatezza sui dati racchiusi nello stesso documento.

La veste di controinteressato in tema di accesso è una proiezione, perciò, del valore della riservatezza, e non già della mera oggettiva riferibilità di un dato alla sfera di un certo soggetto.

Se ne desume che non tutti i dati riferibili ad un soggetto sono per ciò solo rilevanti ai fini in discorso, ma solo quelli rispetto ai quali sussista, per la loro inerenza alla personalità individuale, o per i pregiudizi che potrebbero discendere da una loro diffusione, una precisa e ben qualificata esigenza di riserbo.

Venendo più da vicino al caso concreto, non basta, quindi, che gli elementi oggetto di una richiesta di accesso siano in qualche maniera riconducibili alla sfera di un ente territoriale, a fare di questo un controinteressato.

Si deve inoltre notare che nessuno degli elementi oggetto della concreta richiesta di accesso risulta incorporare un qualsivoglia aspetto di riservatezza per le altre Amministrazioni comunali consorziate; né potrebbe rivestire di per sé importanza il semplice fatto che l’impianto serva anche le loro municipalità.

I dati di cui si tratta sono per loro natura assai lontani dalla sfera personale, non si sostanziano certo in informazioni “relative alla persona” degli enti in questione (cfr. l’art. 4, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 196 del 2003), né risultano sotto alcun profilo concernere “gli interessi professionale, finanziario, industriale e commerciale” (cfr. l’art. 24, comma 6, lettera d), della legge n. 2411990) delle medesime persone giuridiche pubbliche. Del tutto apodittica è, infatti, l’affermazione difensiva (memoria di Estra Reti Gas del 322011, pag. 17) per cui la diffusione delle informazioni richieste “finirebbe per falsare lo svolgimento delle procedure selettive nei Comuni vicini”, asserto il cui carattere sostanzialmente immotivato (dal punto di vista degli interessi comunali) é tanto più rivelatore per il fatto che l’obiezione si inserisce in una dialettica processuale effusasi senza risparmio di energie. Lo stesso vale per l’opposizione all’accesso mossa dai Comuni interpellati adducendo che questo avrebbe pregiudicato il corretto e regolare svolgimento della futura gara di ambito.

In realtà, nessuno degli appellati ha fornito ragguagli sulle precise esigenze che giustificherebbero quella garanzia di riservatezza occorrente a far emergere una posizione di controinteresse.

E non occorre spendere molte parole per spiegare che la divergenza verificatasi tra l’appellante e le Amministrazioni comunali limitrofe, che ha visto le seconde impugnare dinanzi al Giudice amministrativo la decisione del primo di indire in autonomia per il proprio territorio la gara di cui si è detto, non vale ad attribuire valenza riservata a dati che ne siano privi; e tantomeno autorizza a snaturare il contraddittorio in tema di accesso, innestandovi artificiosamente delle contrapposizioni di interessi che, per quanto possano essere profonde, nulla hanno a che vedere con il ben limitato e specifico thema decidendum che è a questo proprio.

Come non fa acquisire agli stessi Comuni lo status di controinteressati il mero fatto di avere espresso contrarietà, quando interpellati, all’ostensione chiesta dal Comune di Prato, fatto che unicamente conferma il conflitto che divide tali Enti a proposito della decisione presa dall’appellante.

Concludendo, poiché l’accesso in quanto tale non risulta poter compromettere alcun “diritto alla riservatezza” in capo ai Comuni limitrofi, ad essi non può riconoscersi veste di contraddittori necessari. L’eccezione va pertanto respinta.

3 Altra eccezione in rito è stata riproposta da Estra s.r.l. facendo leva sulla omessa impugnazione da parte del Comune della nota di Consiag Reti del 1° luglio 2010, che avrebbe rinnovato il proprio diniego dinanzi ad una nuova istanza ostensiva del Comune. In proposito è però agevole convenire, con quest’ultimo, che tale nuovo atto dell’appellata era essenzialmente rivolto ad evadere la ulteriore richiesta di accesso avanzata dall’Amministrazione il 1762010, che era relativa alla materia del personale e non sarebbe stata poi azionata in giudizio, mentre in merito alla precedente richiesta la nuova nota di Consiag Reti si limitava solo, incidentalmente, a confermare il precedente diniego del 962010, a guisa di mero atto confermativo. E tanto è sufficiente a disattendere anche questa eccezione.

4 Entrando nel merito della causa, va subito respinta la doglianza dell’appellante per cui alle ragioni di diniego di accesso inizialmente opposte ne sarebbero state indebitamente affiancate altre in corso di giudizio, con ciò addivenendosi ad una non consentita integrazione della motivazione del diniego sub judice.

Osserva la Sezione che, secondo l’impostazione giurisprudenziale più coerente con l’inquadramento del rito speciale in materia di accesso nello schema logico del giudizio sul rapporto, l’integrazione della iniziale motivazione dell’atto di diniego deve ritenersi consentita in questo particolare tipo di giudizio (C.d.S., V, 11 maggio 2004, n. 2966; IV, n.3620 del 2.7.2002).

Infatti, occorre “tener presente che il giudizio in materia di accesso di cui all’art. 25 L. 7.8.1990 n.241, anche se si atteggia come impugnatorio nella fase della proposizione del ricorso, in quanto rivolto contro l’atto di diniego o avverso il silenzio diniego formatosi sulla relativa istanza, ed il ricorso è da esperire nel termine perentorio di 30 giorni (V. la decisione di questo Consiglio, A. P. n.16 del 24.6.1999), è sostanzialmente rivolto ad accertare la sussistenza o meno del titolo all’accesso nella specifica situazione alla luce dei parametri normativi, indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza delle ragioni addotte dall’Amministrazione per giustificarne il diniego (V. la decisione di questo Consiglio sez. VI n. 2542 del 9.5.2002). Tanto è vero che, anche nel caso di impugnativa del silenzio diniego sull’accesso, l’Amministrazione può dedurre in giudizio le ragioni che precludono all’interessato di avere copia o di visionare i relativi documenti, e la decisione da assumere, che deve comunque accertare la sussistenza o meno del titolo all’esibizione (ai sensi dell’ultimo comma del menzionato art. 25), si deve formare tenendo conto anche di tali deduzioni(V., in materia di silenzio diniego su istanza di accesso, la decisione di questo Consiglio, sez. IV, n.3620 del 2.7.2002)” (in termini C.d.S., V, n. 29662004 cit.).

Né ha pregio la replica che in questo caso non vi sarebbe stata una semplice “integrazione”, ma una vera e propria “sostituzione” della primitiva motivazione, obiezione di cui è assorbente notare la carenza di fondamento già in punto di fatto, per non essere mai stata ripudiata la motivazione originaria, che è stata semplicemente affiancata da ulteriori ragioni.

5 Gli appellati hanno per converso richiamato le seguenti obiezioni, già svolte in prime cure: la inammissibilità dell’istanza di accesso per la sua genericità, e per essere stati domandati non già dei documenti amministrativi, bensì solo dei dati e delle informazioni; il fatto che i documenti avrebbero richiesto, ai fini dell’ostensione, una previa attività valutativa ed elaborativa in realtà inesigibile; il punto che il Comune non avrebbe potuto entrare in possesso dei dati richiesti a causa dell’unicità dell’impianto, servente anche altre Amministrazioni.

5a La prima obiezione non è persuasiva.

Deve essere infatti recisamente esclusa la genericità della richiesta di accesso, che si presenta di contro ben articolata nelle sue componenti. Tutto ciò che può dirsi, al riguardo, è che la richiesta ha per oggetto molteplici documenti di natura eterogenea, e non menziona le date e gli estremi di protocollo dei singoli atti. Ma tali elementi, che non possono dirsi certo necessari ai fini della completezza dell’istanza, non potevano dal Comune essere forniti, per la semplice ragione che non erano ad esso noti.

La giurisprudenza, d’altra parte, ha avuto già modo di chiarire che, poiché la richiesta di accesso non deve indicare in modo puntuale i documenti, in quanto molto spesso il privato non sa in quali fonti siano contenute le informazioni ricercate, spetta proprio all’Amministrazione individuare i documenti recanti le informazioni richieste, sempre che sussistano i presupposti per consentire l’accesso (C.d.S., VI, 4 settembre 2007, n. 4638 e 13 luglio 2006, n. 4505). Ed è stato altresì precisato, nello stesso spirito collaborativo, che ciò che rileva ai fini dell’accoglimento dell’istanza di accesso non è il “nomen iuris” di un determinato atto o documento dell’Amministrazione, ma è l’informazione in esso contenuta, indipendentemente dal modo in cui l’atto sia stato denominato: di conseguenza, al di là del termine con cui siano stati indicati gli atti cui si intende accedere, l’accesso deve essere consentito a tutti gli atti esistenti contenenti le informazioni indicate (C.d.S., VI, 26 gennaio 2006, n. 229).

5b Gli appellati insistono fondatamente, invece, sulla necessità di tenere distinti i documenti dalle semplici informazioni.

L’ accesso disciplinato dal capo V della legge n. 241 del 1990 ha per oggetto i documenti amministrativi nelle tipologie indicate dall’art. 22 comma 2, e cioè gli atti detenuti dall’Amministrazione nella loro materialità. Non è invece riconducibile all’area precettiva della norma l’accesso c.d. informativo, che concerne un’attività di cognizione e di giudizio non ancora tradotta nello strumento documentale (C.d.S., VI, 21 settembre 2005 , n. 4929).

L’azione per l’accesso agli atti ha perciò ad oggetto la visione ed estrazione di copia di documenti in possesso dell’Amministrazione, mentre non rientra nel suo ambito la pretesa alla formazione di nuovi atti, anche meramente ricognitivi (C.d.S., VI, 17 gennaio 2008, n. 82), e benché ricavabili dagli atti, documenti e pezze d’appoggio di cui la P.A. sia già in possesso (C.d.S., V, 27 settembre 2004, n. 6326).

Una richiesta ostensiva, e così quella dell’appellante, non può quindi trovare corso allorché la documentazione richiesta non esista (nella peculiare fattispecie, neppure in forma più ampia ed aggregata), ma si tratti di costruirla ab origine attraverso un’apposita istruttoria, in quanto l’istituto dell’accesso deve pur sempre avere ad oggetto documenti, e non semplicemente informazioni ancora -per così dire- allo stato fluido.

A questo proposito, tuttavia, l’appellante ha correttamente osservato che il TAR avrebbe dovuto concretamente distinguere tra i documenti già esistenti e la mera richiesta di informazioni, accogliendo il ricorso almeno per la prima parte. E sotto questo profilo le sue doglianze meritano accoglimento.

Le informazioni non ottenibili attraverso l’istituto dell’accesso (per il fatto di essere prive di veste documentale), infine, non diventano attingibili dall’appellante neppure invocando, quale titolo –si noti- alternativo al diritto di accesso, le prerogative spettanti ad un concedente rispetto al proprio concessionario: si tratterebbe, infatti, di una causa petendi che, come ha fatto giustamente notare la difesa di Estra s.r.l., non può essere convogliata all’interno del rito speciale appositamente delineato (appunto) per l’istituto dell’accesso, ma postula l’esercizio di una normale azione di cognizione secondo le regole ordinarie.

5c Le ulteriori obiezioni degli appellati –il fatto che i documenti avrebbero richiesto ai fini dell’ostensione una previa, inesigibile attività valutativa ed elaborativa; l’unicità dell’impianto, servente anche altre Amministrazioni- saranno esaminate più avanti, nei paragrr. 8 e 9.

6 Rispetto al vaglio del merito della causa riveste a questo punto, difatti, carattere prioritario la disamina del richiamo che parte appellante fa al principio di leale cooperazione istituzionale di cui all’art. 22, comma 5, della legge n. 2411990 (“L’acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici … si informa al principio di leale cooperazione istituzionale”).

6a La difesa di Estra s.r.l. eccepisce che la domanda avversaria fondata su tale titolo dovrebbe ritenersi rinunziata, siccome non espressamente riproposta in appello, in forza dell’art. 101 comma 2 C.P.A..

In contrario deve però farsi notare che l’appellante, che nella parte in “FATTO” della propria impugnativa ha riproposto per esteso l’argomentazione di cui si tratta, nel prosieguo dell’atto di appello ha continuato a richiamarvisi per sintesi (cfr. le pagg. 10, 16 e 19, dove tra l’altro figura un richiamo omnicomprensivo all’art. 22 legge cit.), ricordando la leale collaborazione dovuta, in particolare, tra concedente e concessionario. Tanto può reputarsi sufficiente a concludere che pure il relativo principio è stato allegato a base della pretesa ostensiva coltivata in questo grado di giudizio: ciò anche in ragione del fatto che la disciplina del relativo rito speciale lo modella, come si è già ricordato, come un giudizio sulla fondatezza della pretesa, piuttosto che come una puntuale verifica di legittimità sulla singola determinazione formalmente impugnata.

6b Venendo al merito del tema, va subito osservato che la menzione legislativa del principio della “leale cooperazione istituzionale” non può essere intesa come preclusiva dell’applicabilità dell’istituto dell’accesso nei confronti dei soggetti pubblici aspiranti ad un’acquisizione documentale.

Specialmente in presenza di un “sistema” di soggetti pubblici tanto pletorico e disarmonico come quello nazionale, non vi sarebbe infatti ragione di ritenere riservato ai privati tale istituto, che offre il non trascurabile vantaggio di uno statuto di precise garanzie e di tutela giuridica anche in sede giudiziale, e di abbandonare invece in toto i soggetti pubblici che siano interessati ad ottenere un’ostensione documentale alle incognite di una collaborazione spontanea –inevitabilmente non sempre sollecita e puntuale- dell’Amministrazione di volta in volta legittimata passiva.

Non pare invero dubbio che l’esigenza di accesso avvertita da una Pubblica amministrazione debba disporre di una tutela di base almeno equivalente a quella accordata dalle norme generali del diritto pubblico alla generalità dei consociati, a meno di non incorrere in un inopinato quanto illogico ribaltamento di rapporti, in fatto di intensità di tutela, tra interessi privati e pubblici.

6c Atteso allora che l’art. 22, comma 1, lett. b) della legge n. 2411990 annovera pur sempre tra i soggetti “interessati” anche i portatori di interessi pubblici, anche un “soggetto pubblico” può quindi avvalersi, ove ritenga, dell’istituto dell’accesso ai documenti (in tal senso, almeno in parte, cfr. C.d.S., V, n. 5573 del 7 novembre 2008).

Le quante volte ciò accada, il richiamo legislativo al principio di leale cooperazione istituzionale non è però privo di valenza.

Tale canone, pur nella sua elasticità, esige comportamenti coerenti e non contraddittori, un confronto su basi di correttezza e apertura alle altrui posizioni e al contemperamento degli interessi, e, d’altro canto, non tollera atteggiamenti dilatori, pretestuosi, ambigui, incongrui o insufficientemente motivati (cfr., tra le tante, C.Cost. n. 379 del 2771992 e n. 242 del 1871997).

Lo stesso principio è allora suscettibile di rilevare non solo come criterio orientativo per l’interpretazione specifica delle norme generali in tema di accesso, ma anche quale regola ulteriore, complementare e di diritto speciale, ossia come canone aggiuntivo per stabilire se la singola richiesta ostensiva del soggetto pubblico debba avere corso. Canone che acquista precisione di contorni specialmente se calato all’interno del particolare modulo relazionale di diritto pubblico che (eventualmente) intercorra tra i soggetti attivo e passivo dell’accesso, e che integra una cornice di particolare ausilio per decifrare la misura della cooperazione istituzionale dovuta.

Uno degli schemi relazionali che possono presentarsi, a questo riguardo, può essere anche quello tipicamente intercorrente tra concedente e concessionario (benché questo sia normalmente una comune società di capitali, piuttosto che un’Amministrazione pubblica). Il richiedente l’accesso è infatti designato dall’art. 22, comma 5, legge cit., come “soggetto pubblico”, mentre nella veste di possibile soggetto passivo dello stesso accesso vengono in rilievo tutte le categorie individuate dall’art. 23 della legge n. 241, ivi inclusi, quindi, anche i gestori di pubblici servizi.

Il richiamo alla “leale cooperazione istituzionale” vale perciò anche nei confronti di questi ultimi, avuto riguardo alla loro pur limitata posizione pubblicistica (che è lo stesso fattore, peraltro, che ha giustificato la loro sottoposizione all’obbligo di dare accesso alla stessa stregua delle PP.AA., in forza dell’art. 23 legge cit.).

7 Di riflesso, e più operativamente, mentre l’art. 2, comma 2, ult. periodo, del d.P.R. n. 184 del 2006 detta la regola generale che “La pubblica amministrazione non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso”, nella peculiare prospettiva, invece, della “leale cooperazione istituzionale”, e avuto riguardo alla natura del rapporto specifico corrente tra le parti, si deve riconoscere che il compimento di una ragionevole attività di elaborazione può non essere in concreto rifiutabile.

8 Ebbene, le considerazioni appena svolte portano a ritenere che il canone della leale cooperazione, nello specifico, non consenta all’Estra Reti Gas di sottrarsi –invocando le regole generali- all’attività di elaborazione occorrente a scorporare, in tutti i casi in cui ciò sia possibile, i dati documentali di interesse dell’Amministrazione richiedente da quelli complessivamente attinenti all’impianto (avvalendosi eventualmente anche della collaborazione offerta dalla richiedente per la bisogna).

Quando, cioè, il documento richiesto in accesso esista, ma si riferisca unitariamente all’intero impianto, il Comune di Prato ha in linea di principio titolo ad ottenere lo scorporo ed estrazione dei dati documentali di proprio interesse, cui abbia limitato la propria richiesta ostensiva, da quelli che si riferiscono allo svolgimento del servizio negli altri Comuni.

Quando, invece, il documento non sia di contenuto scorporabile, e la domanda abbia ad oggetto i soli dati concernenti l’ambito comunale della richiedente, l’accesso non potrà trovare corso.

E la richiesta ostensiva neppure potrà trovare corso, come si è visto, allorché la documentazione richiesta non esista (neppure in proporzioni più ampie e con contenuti aggregati), ma occorrerebbe costruirla ab origine attraverso un’apposita istruttoria, atteso che l’istituto dell’accesso deve pur sempre avere ad oggetto documenti, e non pure informazioni.

9 Non può opporsi, infine, che l’accesso lederebbe l’interesse della Estra Reti Gas a partecipare ad una prossima gara. Semmai, si deve notare che l’accoglimento dell’accesso è una premessa indispensabile affinché la gara già decisa dal Comune richiedente possa effettivamente svolgersi, e ciò senza monopoli informativi o altre posizioni precostituite di vantaggio. Ed è fin troppo ovvio che la richiesta di accesso dello stesso Comune non possa fungere da opportunità suscettibile di essere “adoperata” dalla stessa società in funzione della propria contrarietà alla medesima procedura.

Merita poi di essere rimarcato il fatto che non sono stati addotti elementi atti a far comprendere come il richiesto accesso possa realmente “pregiudicare” la futura gara d’ambito. Viceversa, pare certo che l’opposto diniego di accesso abbia l’obiettivo effetto di preservare un monopolio informativo che è incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi gara su un piano di parità tra i competitori, ed impedisca una procedura cui il Comune di Prato si è orientato con una decisione che, se può ben essere contestata nella sua legittimità in sede giurisdizionale, non può però certo essere legittimamente paralizzata dal gestore uscente.

L’obiezione della necessità di tutelare la riservatezza di Estra Reti Gas non ha trovato, del resto, alcuna dimostrazione fondata su interessi meritevoli di tutela per ragioni riconducibili alle forme di riservatezza tipizzate. Non può, infatti, venire tutelato con il diniego di accesso, quale forma abnorme di riservatezza, il suo interesse a preservare indefinitamente quella posizione di vantaggio rispetto alle future gare che già in parte gli viene, di fatto, dall’essere l’affidatario storico del servizio.

Non senza aggiungere, infine, che risponde invece appieno alla logica delle cose e al ruolo istituzionale di un ente comunale il fatto che questo possieda un adeguato livello di informazione documentale in merito alle coordinate fondamentali della rete che attraversa il suo territorio e serve la sua municipalità.

10 In definitiva, in applicazione dei criteri esposti, Estra Reti Gas non può esimersi dal dare accesso ai seguenti documenti oggetto dell’istanza del 1052010 :

1) planimetria completa delle reti (1° alinea);

2) documentazione tariffaria rimessa all’A.E.E.G., riferita alla sola località di Prato;

A) elenchi già disponibili, oppure copia dei titoli oggetto di richiesta (1°, 2° e 3° alinea);

B) tutti i documenti ivi menzionati (con esclusione di quanto all’ultimo alinea);

C) tutti i documenti ivi menzionati;

D) planimetria e tutti gli altri documenti ivi menzionati, limitatamente al territorio del Comune di Prato;

E) comunicazioni all’A.E.E.G. di cui al 1° alinea, limitatamente al territorio del Comune di Prato; verbali SNAM di cui al penultimo ed ultimo alinea, ove siano scorporabili i volumi riferibili allo stesso territorio.

11 Nei limiti che sono stati specificati l’appello può essere accolto, potendo rimanere assorbito ogni motivo non espressamente esaminato.

Le spese processuali, mentre possono essere compensate nei rapporti tra le due amministrazioni comunali, vanno liquidate secondo soccombenza a carico delle due società appellate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie per quanto di ragione il ricorso di primo grado, e ordina l’esibizione, nel termine di gg. 30 dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente decisione, dei documenti indicati in motivazione.

Condanna Consiag Reti Srl, ora Estra Reti Gas Srl, ed Estra Srl, al rimborso all’appellante delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate nella misura di euro tremila a carico di ciascuna, oltre accessori; compensa le stesse spese tra l’appellante ed il Comune di Sesto Fiorentino.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 22 marzo 2011 con l’intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Eugenio Mele, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 27/05/2011

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