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I provvedimenti di attribuzione di incarichi dirigenziali hanno natura vincolante – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3080/2011

Gli inquadramenti disciplinati dal d.P.R. n. 347 del 1983 abbiano carattere di provvedimenti vincolati, per cui non è configurabile nei loro confronti, e, di riflesso, nemmeno nei rispettivi provvedimenti tutori di secondo grado, l’eccesso di potere, vizio proprio di un’attività amministrativa discrezionale (C.d.S., V, 13 gennaio 1994 , n. 6), né, in particolare, lo sono i suoi profili tipici della disparità di trattamento e della contraddittorietà (cfr., tra le tante, C.d.S., V, 21 giugno 2007, n. 3320; 13 febbraio 1993, n. 258; 22 giugno 1989, n. 385).

Inoltre, poiché in materia hanno rilevanza esclusiva le mansioni inerenti alla qualifica posseduta e la coerente applicazione dei livelli per esse previsti (C.d.S., V, 8 marzo 1993, n. 337), unitamente alle prescrizioni dettate per le posizioni apicali (che nel caso concreto rivestono valore dirimente), si rivela ininfluente l’argomentare di parte ricorrente circa le funzioni svolte dall’interessato, e sulla loro supposta riconducibilità alle declaratorie proprie delle posizioni dirigenziali.

(© Litis.it, 28 Maggio 2011 – Riproduzione riservata)

Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza n. 3080 del 23/05/2011

FATTO e DIRITTO

Il dott. [OMISSIS], comandante dei vigili urbani di [OMISSIS] dal 1979, impugnava dinanzi al T.A.R. per la Campania il provvedimento del Comitato regionale di controllo – sezione provinciale di Salerno del 30 agosto 1988 che aveva annullato la deliberazione della Giunta Municipale di [OMISSIS] n. 1002 del 1988, la quale gli aveva attribuito un inquadramento nella prima qualifica dirigenziale.

Avverso l’atto impugnato venivano dedotti quattro motivi di gravame, con i quali si denunziavano i vizi di violazione del d.P.R. n. 347/83 sotto più profili e di eccesso di potere per difetto di motivazione, ingiustizia manifesta, travisamento, irrazionalità, perplessità e contraddittorietà, arbitrarietà e sviamento, e disparità di trattamento.

L’Amministrazione regionale non si costituiva in giudizio.

Con sentenza n. 286 del 2006 il Tribunale respingeva il ricorso.

Avverso tale pronuncia veniva esperito il presente appello, con il quale l’interessato riproponeva le proprie doglianze ed argomentazioni di primo grado, censurando la sentenza in epigrafe per averle disattese.

In questo grado di giudizio si costituiva in resistenza al gravame la Regione Campania, che chiedeva il rigetto dell’appello.

L’appellante eccepiva la tardività del deposito della memoria difensiva avversaria.

All’udienza pubblica del 3.5.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

La Sezione deve preliminarmente rilevare, come da eccezione di parte appellante, la irricevibilità della memoria della difesa regionale, in quanto depositata solo in data 7 aprile 2011, e quindi senza il rispetto del termine di trenta giorni liberi fissato dall’art. 73, comma 1°, d.lgs. n. 104 del 2010.

Tanto premesso, l’appello è infondato.

Forma oggetto d’impugnativa il provvedimento con cui il Comitato regionale di controllo ha annullato l’attribuzione all’interessato, comandante dei vigili urbani di [OMISSIS], della prima qualifica funzionale dirigenziale ai sensi del d.P.R. n. 3471983.

L’annullamento tutorio si fonda sul rilievo che la delibera oggetto di scrutinio era stata posta in essere in violazione dell’art. 2 dello stesso decreto.

L’articolo (“Tipologia degli enti”) identifica, ai fini della razionale applicazione del relativo accordo, i diversi tipi di enti classificati, e segnatamente stabilisce che, mentre per gli Enti di tipo 2 (comuni capoluoghi non rientranti nel tipo 1 e comuni classificati di 1ª/ B) la qualifica apicale è la 1ª qualifica dirigenziale, per quelli di tipo 3 (comuni classificati di II classe) quella apicale è l’8ª qualifica funzionale.

La previsione trova poi sviluppo nell’art. 40 dello stesso decreto, dove si ribadisce, alla lettera f), che “la prima qualifica dirigenziale va attribuita ai responsabili delle strutture di massima dimensione negli enti di tipo 2”, e, alla lett. g), che “l’ottava qualifica funzionale va attribuita ai responsabili delle strutture apicali negli enti di tipo 3”.

Ora, è pacifico che il Comune di [OMISSIS] fosse classificato come ente di tipo 3, essendo per di più rimasta inoppugnata la specifica affermazione fatta in termini già dal primo giudice (e desunta proprio dalla delibera dello stesso Comune n. 1002 del 1988).

Da ciò l’automatica conseguenza che ai responsabili delle sue strutture apicali non potesse essere attribuita posizione più elevata dell’ottava q.f..

Come ha esattamente ricordato il TAR, infatti, quelle sopra ricordate costituiscono, per pacifica giurisprudenza, delle previsioni vincolanti, che determinano tassativamente le qualifiche apicali per i diversi tipi di ente in virtù della statuizione dell’art. 2 d.P.R. n. 347.

E’ stato invero ritenuto senza incertezze che ai dipendenti di enti locali responsabili di strutture apicali negli enti di tipo 3, di strutture intermedie negli enti di tipo 2 e di strutture di terza dimensione negli enti di tipo 1, dovesse essere attribuita l’VIII qualifica funzionale ai sensi dell’art. 40 lett. g) d.P.R. n. 3471983 (C.d.S., V, 6 maggio 1995, n. 709).

Gli inquadramenti secondo l’art. 40 del d.P.R. cit. dovevano essere attuati sulla base delle declaratorie e dei profili professionali del medesimo accordo, ed indipendentemente dal livello di inquadramento acquisito con i precedenti accordi: pertanto, una volta stabilito che la qualifica apicale degli enti di tipo 3 dovesse essere la VIII, non poteva disporsi diversamente, salvo che non fosse intervenuta l’eliminazione in via di contrattazione o giurisdizionale della norma da applicare (C.d.S., V, 3 marzo 2003, n. 1164).

E la giurisprudenza ha avuto pure modo di osservare che l’art. 2 cit., nel fissare un livello retributivo-funzionale massimo, attribuibile ai dipendenti degli enti locali di qualifica apicale, differenziato a seconda delle categorie dimensionali degli enti stessi, è del tutto conforme all’art. 97 Cost. ed ai principi di logica perequativa, per l’evidente ragione che la maggior dimensione di un ente implica inevitabilmente responsabilità di livello più ampio, direttamente riconducibili alla maggiore complessità ed articolazione dei compiti e delle strutture (C.d.S., V, 17 febbraio 1999, n. 169). Considerazione, questa, che nello specifico vale anche a disattendere l’idea che ai fini della classificazione del singolo ente possa aversi riguardo, in luogo della sua popolazione stabile, all’effimero incremento di presenze che ne contrassegna la sola stagione estiva.

Per quanto precede, non spettava dunque all’interessato l’inquadramento dirigenziale che gli era stato attribuito dal Comune, ma eccedeva la qualifica apicale vincolativamente prevista dalla normativa vigente.

Da qui la correttezza del provvedimento tutorio. Donde pure la sufficienza della sua –pur stringata- motivazione, che, nell’indicare che la delibera comunale violava l’art. 2 dello stesso decreto n. 347, dava preciso conto della previsione che impediva di dare corso all’inquadramento. Da ciò consegue, infine, la ineccepibilità dei contenuti della sentenza in questa sede appellata, che di tutto ciò dà appunto atto.

Il primo giudice ha soggiunto, non meno esattamente, che il carattere vincolato della relativa attività di inquadramento comporta che la Pubblica Amministrazione non abbia, in materia, discrezionalità decisionale, ma solo un margine di apprezzamento di fatto, e non è quindi configurabile, in ordine ai provvedimenti di inquadramento, il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, ma solo quello per falsità dei presupposti, oltre che il vizio di violazione della disciplina degli inquadramenti, che tuttavia non è dato rinvenire nella fattispecie (in senso conforme C.d.S., V, 17 ottobre 1987, n. 634).

E’ da tempo, infatti, pacifico in giurisprudenza che gli inquadramenti disciplinati dal d.P.R. n. 347 del 1983 abbiano carattere di provvedimenti vincolati, per cui non è configurabile nei loro confronti, e, di riflesso, nemmeno nei rispettivi provvedimenti tutori di secondo grado, l’eccesso di potere, vizio proprio di un’attività amministrativa discrezionale (C.d.S., V, 13 gennaio 1994 , n. 6), né, in particolare, lo sono i suoi profili tipici della disparità di trattamento e della contraddittorietà (cfr., tra le tante, C.d.S., V, 21 giugno 2007, n. 3320; 13 febbraio 1993, n. 258; 22 giugno 1989, n. 385).

Inoltre, poiché in materia hanno rilevanza esclusiva le mansioni inerenti alla qualifica posseduta e la coerente applicazione dei livelli per esse previsti (C.d.S., V, 8 marzo 1993, n. 337), unitamente alle prescrizioni dettate per le posizioni apicali (che nel caso concreto rivestono valore dirimente), si rivela ininfluente l’argomentare di parte ricorrente circa le funzioni svolte dall’interessato, e sulla loro supposta riconducibilità alle declaratorie proprie delle posizioni dirigenziali.

Va poi rimarcato che la norma a base del provvedimento impugnato si riferisce proprio alla qualifica apicale, che compete ai responsabili delle strutture organizzative di massima dimensione. Sicché è privo di conseguenze insistere sulla circostanza che la posizione di comandante della polizia municipale del Comune di [OMISSIS] avesse anch’essa tale caratterizzazione apicale.

L’interessato denunzia, infine, l’appiattimento complessivamente discendente dall’applicazione dei criteri di inquadramento recati dal decreto n. 3471983, per cui lo stesso livello a lui assegnato dopo la pronuncia tutoria è stato attribuito anche a svariati altri soggetti, tuttavia aventi poteri decisionali e responsabilità non paragonabile alle sue. E’ però agevole opporre che tale lagnanza non tanto investe il provvedimento di controllo impugnato, quanto piuttosto revoca in dubbio la legittimità dei criteri globalmente dettati dal decreto di cui si tratta, che è tuttavia rimasto estraneo al fuoco dell’impugnativa a base del presente contenzioso. Il motivo è perciò inammissibile.

In conclusione, l’appello va pertanto rigettato, siccome infondato.

Le spese processuali possono essere compensate tra le parti di causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 3 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Calogero Piscitello, Presidente
Aldo Scola, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Adolfo Metro, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 23/05/2011

 

 

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