Intercettazioni “occasionali” di comunicazioni o conversazioni di membri del Parlamento – Corte Costituzionale, Ordinanza n. 171/2011
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, commi 2, 3, 4, 5 e 6, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 68, terzo comma, 102 e 104, primo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli
Corte Costituzionale, Ordinanza n. 171 del 19/05/2011
Parlamento – Intercettazioni “occasionali” di comunicazioni o conversazioni di membri del Parlamento – Utilizzazione in procedimento penale subordinata alla autorizzazione della Camera di appartenenza.
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Paolo MADDALENA; Giudici : Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6, commi 2, 3, 4, 5 e 6, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli nel procedimento penale a carico di M.C. con ordinanza del 23 novembre 2009, iscritta al n. 264 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2010.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 6 aprile 2011 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.
Ritenuto che, con ordinanza del 23 novembre 2009, pervenuta a questa Corte il 22 luglio 2010, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, commi 2, 3, 4, 5 e 6, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), in relazione agli artt. 3, primo comma, 68, terzo comma, 102 e 104, primo comma, della Costituzione;
che la norma impugnata disciplina il procedimento che il giudice per le indagini preliminari è tenuto ad osservare, ove ritenga necessario, a seguito di istanza di parte, utilizzare nei confronti di un parlamentare intercettazioni cui quest’ultimo casualmente abbia preso parte, quando esse erano state disposte nel corso di procedimenti riguardanti terzi;
che, in tali casi, il comma 2 dell’art. 6 impugnato stabilisce che il giudice deve chiedere alla Camera competente la relativa autorizzazione;
che il giudice a quo afferma di dover decidere, nell’ambito di un procedimento penale in cui risulta indagato un parlamentare, sulla richiesta del pubblico ministero di applicare al parlamentare una misura cautelare, e ritiene necessario valutare, a tale fine, un «compendio indiziario» costituito «anche da intercettazioni telefoniche “indirette” (ovvero casuali o fortuite, in quanto captate su utenze in uso agli altri coindagati)»;
che il rimettente dubita della legittimità costituzionale della norma impugnata, nella parte in cui esige siffatta autorizzazione con riferimento ad intercettazioni occasionali, per le quali, anche alla luce della sentenza n. 390 del 2007 di questa Corte, essa non sarebbe giustificata, ed anzi sarebbe vietata, dall’art. 68, terzo comma, Cost.;
che quest’ultima disposizione costituzionale, infatti, avrebbe ad oggetto le sole intercettazioni disposte a carico del parlamentare o comunque finalizzate a captare le conversazioni di quest’ultimo, giacché per esse soltanto si potrebbe palesare un fumus persecutionis da parte dell’Autorità giudiziaria, che spetta alla Camera apprezzare in sede di autorizzazione;
che sarebbero, inoltre, lesi l’art. 3 Cost., in ragione dell’ingiustificato privilegio attribuito ai membri del Parlamento, e gli artt. 102 e 104, primo comma, Cost., quanto all’indebita ingerenza che, per tale via, la Camera eserciterebbe sull’esercizio dell’attività giurisdizionale, con particolare riferimento alla «utilizzabilità di prove già acquisite»;
che, in punto di rilevanza, il rimettente precisa che le intercettazioni in oggetto, di cui è necessaria l’acquisizione, sono senza dubbio occasionali, poiché disposte sulle utenze di due indagati che non sono “interlocutori abituali” del parlamentare, e poiché «la stessa mole di conversazioni intercettate (…) – rispetto all’esiguo numero (in proporzione) di conversazioni che vedono come interlocutore il parlamentare (…) – induce il concetto di “occasionalità” della captazione che, evidentemente, non era – né può ritenersi ex post – funzionale ad accedere nella sfera delle comunicazioni dei parlamentari»;
che, aggiunge il giudice a quo, le intercettazioni in questione appaiono decisive per ricostruire il legame fra la condotta criminosa attribuita al parlamentare e quella dei coindagati, posto che esse hanno per oggetto le “vicende delittuose” di concussione costituenti reati satellite, rispetto all’associazione a delinquere contestata, con il ruolo di promotore, al parlamentare indagato;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata «inammissibile e comunque manifestamente infondata»;
che l’Avvocatura eccepisce una carente descrizione della fattispecie con riguardo alla natura occasionale delle intercettazioni di cui si discute, poiché il rimettente avrebbe omesso una verifica particolarmente attenta su tale punto, in particolare con riferimento alla circostanza se il parlamentare fosse o no già indagato quando tali intercettazioni furono autorizzate; né si sarebbe data adeguata considerazione al fatto per cui quest’ultimo sarebbe stato captato in via indiretta in “molteplici e reiterate” occasioni, tali da indurre di per sé l’Autorità giudiziaria a servirsi di simile mezzo di ricerca della prova anche con riguardo alla posizione del membro della Camera;
che l’Avvocatura sostiene nel merito che l’art. 68 Cost. impone di porre la Camera competente nella condizione di conoscere «ogni singolo atto astrattamente rientrante nell’elencazione dell’art. 68» stesso, poiché solo in tal modo ne sarebbero garantite le prerogative, a fronte di iniziative persecutorie del potere giudiziario;
che, per tale ragione, la norma impugnata sceglierebbe una via costituzionalmente consentita per raggiungere lo scopo di cui si è detto, posto che le stesse intercettazioni casuali implicherebbero un potenziale pregiudizio alla prerogativa costituzionale di cui all’art. 68 Cost.
Considerato che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, commi 2, 3, 4, 5 e 6, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato);
che, a parere del rimettente, sarebbe lesiva degli artt. 3, primo comma, 68, terzo comma, 102 e 104, primo comma, della Costituzione la previsione secondo cui le intercettazioni in cui sia stato casualmente captato un parlamentare, nel corso di un procedimento penale riguardante terzi, possono essere utilizzate nei confronti del primo solo previa autorizzazione della Camera competente;
che, ai fini della rilevanza della questione, il rimettente avrebbe dovuto motivare adeguatamente in ordine alla natura casuale delle intercettazioni oggetto, nel caso di specie, di istanza di utilizzazione da parte del pubblico ministero;
che, sotto tale profilo, l’ordinanza di rimessione risulta carente, in particolare poiché manca di precisare con la necessaria univocità quando il parlamentare sia divenuto indagato, in rapporto all’epoca in cui fu captato, o comunque quando siano emersi indizi di reità a suo carico, al fine di escludere poi, con altrettanta esaustività, che l’intercettazione delle utenze dei terzi, anche alla luce della durata di esse, sia divenuta uno strumento impiegato dall’Autorità giudiziaria al fine di acquisire elementi di prova a carico del membro del Parlamento (sentenza n. 113 del 2010);
che, infatti, in tale ultimo caso l’intercettazione non potrebbe ritenersi casuale;
che identica questione, formulata in termini del tutto analoghi e con le medesime carenze di motivazione, è già stata dichiarata inammissibile da questa Corte (sentenza n. 114 del 2010);
che la carente motivazione sulla rilevanza determina la manifesta inammissibilità della questione (ordinanza n. 263 del 2010).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, commi 2, 3, 4, 5 e 6, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 68, terzo comma, 102 e 104, primo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 maggio 2011.
F.to:
Paolo MADDALENA, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 19 maggio 2011.