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Separazione e divorzio. Perdita dell’assegnazione della casa coniugale in caso di nuova convivenza – Cassazione Civile, Sentenza n. 9942/2011

Il coniuge che ha una nuova convivenza, consolidata nel tempo anche con la procreazione di un figlio,  perde il diritto a vedersi assegnata la casa coniugale. E’ quanto stabilisce la sentenza n. 9942 emessa dalla Prima sezione civile della Corte di Cassazione.

Cassazione Civile, Sentenza n. 9942 del 05/05/2011
(Presidente, Luccioli – Relatore, Felicetti)

Fatto e diritto

Ritenuto che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. il relatore nominato per l’esame del ricorso ha depositato la seguente relazione:

“A seguito della proposizione di giudizio di divorzio fra [OMISSIS] e [OMISSIS] il tribunale di Taranto pronunciava lo scioglimento del matrimonio con sentenza non definitiva e successivamente, con sentenza definitiva, affidava a entrambi i genitori le figlie minori, confermando la prevalente convivenza presso la madre già in atto e negando alla [OMISSIS] l’assegnazione della casa coniugale, essendosene allontanata perché convivente con un nuovo compagno e non, come da essa dedotto, per la sua sopraggiunta inabitabilità per la mancanza dei lavori di manutenzione da parte del coniuge, che ne era proprietario. Attribuiva alla [OMISSIS] un assegno di Euro 800,00 per il mantenimento delle figlie e rigettava la domanda di un assegno di divorzio, stante la convivenza “more uxorio” da essa intrapresa. Avverso la sentenza la [OMISSIS] proponeva appello, sia in relazione alla mancata assegnazione della casa coniugale, sia in relazione alla quantificazione dell’assegno per le minori, sia in relazione al rigetto della domanda relativa all’assegno divorzile. La Corte d’appello, con sentenza depositata il 7 novembre 2009, notificata il 4 dicembre 2009, rigettava il gravame. Avverso tale sentenza ricorre a questa Corte la [OMISSIS], con atto notificato alla controparte il 2 febbraio 2010, formulando due motivi. La parte intimata non ha controdedotto.

Con il primo motivo si denuncia, in relazione al diniego dell’assegnazione della casa coniugale, la violazione dell’art. 155 quater cod. civ., per non avere la sentenza impugnata tenuto conto, nel rigettare la domanda di assegnazione, dell’interesse delle minori. Si deduce, ai sensi dell’art. 36 0 bis c.p.c., il contrasto con l’orientamento in proposito di questa Corte, menzionandosi la sentenza n. 26574 del 2007, nonché della Corte costituzionale, menzionandosi la sentenza n. 308 del 2008.

Con il secondo motivo si denuncia, in relazione al diniego dell’assegno di divorzio, la violazione dell’art. 9 della legge n. 898 del 1970, essendo esso motivato in relazione all’esaurimento del rapporto fra i due ex coniugi a seguito dell’instaurazione di una convivenza “more uxorio” e la nascita, a seguito di essa, di un figlio. Si deduce, ai sensi dell’art. 36 0 bis, il contrasto con l’orientamento di questa Corte in proposito, menzionandosi la sentenza n. 12557 del 2004.

Considerato che il primo motivo appare manifestamente infondato, non essendosi la sentenza impugnata posta in contrasto con l’orientamento di questa Corte riguardo all’assegnazione della casa coniugale, avendo accertato in fatto che la ricorrente aveva da molti anni dal momento della domanda abbandonato la casa coniugale per intraprendere la convivenza con altro uomo, ormai consolidata anche con la procreazione di un figlio, cosicché non esistendo più una “casa coniugale” non era luogo a farsi assegnazione di essa.

Considerato che il secondo motivo è inammissibile, per essere stata allegata, a suo sostegno, la violazione dell’art. 9 della legge n. 898 del 1970 – che riguarda le modifiche delle condizioni di divorzio, non le condizioni per l’attribuzione dell’assegno di divorzio – e dei principi ^ stabiliti con una sentenza (n. 12557 del 2 004) che a sua volta non attiene al diritto all’attribuzione dell’assegno di divorzio, bensì alla perdita dello stesso a seguito del successivo inizio di una convivenza “more uxorio”, così inadeguatamente censurandosi la “ratio” della sentenza impugnata in mancanza di deduzioni circa l’esistenza, secondo la normativa dell’art. 5 della legge n. 898 del 1970 e la giurisprudenza in proposito, delle condizioni per l’attribuzione dell’assegno in questione.

Visto l’art. 360 bis, nonché gli artt. 375 e 380 bis c.p.c., propone la fissazione del ricorso per la decisione in camera di consiglio per la dichiarazione di manifesta infondatezza”.

Considerato che il ricorso è stato fissato per l’esame in camera di consiglio e il collegio ha condiviso la relazione e la proposta del relatore;

che nulla va statuito sulle spese.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso.

depositata in cancelleria il 5 maggio 2011

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