La condotta di guida intimidatoria integra la violenza privata – Cassazione Penale, Sentenza n. 14482/2011
La condotta di guida intimidatoria di chi, sorpassando il veicolo che lo precede, si arresti davanti a questo in modo da impedire all’altro conducente di proseguire la marcia, integra un caso di scuola di violenza privata, cui si aggiunge, nel caso di specie, anche l’interruzione del pubblico servizio di trasporto, considerato che il soggetto passivo era un conducente di autobus di linea.
Né l’eventuale stato d’ira in cui versava il prevenuto, e il suo intento di chiedere conto all’autista delle parole pronunciate quando i due veicoli si erano affiancati, sono idonei ad escludere l’elemento psicologico dei reati – rappresentato dalla coscienza e volontà di provocare, quali che ne fossero i motivi, l’arresto dell’autobus e la conseguente interruzione del pubblico servizio -, la cui sussistenza è palesata dal fattoche, pur di raggiungere lo scopo, l’imputato non esitò addirittura a farsi tamponare dall’autobus.
(© Litis.it, 22 Aprile 2011 – Riproduzione riservata)
Cassazione Penale, Sezione Quinta, Sentenza n. 14482 del 12/04/2011
Osserva
Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Torino ha proposto ricorso avverso la sentenza in data 27-4-2010 con la quale quella corte, in riforma della sentenza 13-2-2007 del Tribunale di Torino, aveva assolto [OMISSIS] dai reati di violenza privata (art. 610) e di interruzione di pubblico servizio (art. 340) perché il fatto non costituisce reato. Il [OMISSIS], autista di autobus di linea, mentre si trovava ad un incrocio semaforizzato, preceduto da un’autovettura Golf condotta dal prevenuto che non era partita nonostante il segnale verde, suonava il clakson e la superava sulla destra. La Golf, pur avendo segnalato di dover svoltare a sinistra, proseguiva diritta e, sorpassato il bus, si fermava improvvisamente davanti a questo che, per effetto della manovra imprevista, la tamponava. L’assoluzione era motivata con la considerazione che la condotta del prevenuto era stata determinata, come da lui sostenuto – e ritenuto attendibile in quanto sostanzialmente confermato da Z. nel rapporto (in cui aveva parlato di piccola divergenza con l’automobilista) e alla Polizia Stradale (dove aveva riferito di un diverbio), anche se non in dibattimento -, dall’esigenza di chiedere conto all’autista di una espressione offensiva pronunciata nei confronti della madre nel momento in cui i due mezzi si erano affiancati. Il comportamento di C. era quindi ritenuto una reazione dovuta all’agitazione e intesa a chiedere spiegazioni all’autista e ad ottenerne le scuse, in mancanza del dolo dei reati ascritti.
Il PG ricorrente ha chiesto l’annullamento della sentenza di secondo grado, con i conseguenti provvedimenti, rilevando che la dinamica dei fatti è significativa della volontà dell’imputato di non far proseguire l’autobus, provocando addirittura il tamponamento della sua autovettura, e di impedire la prosecuzione del pubblico servizio di trasporto, essendo pretestuose e irrilevanti le affermazioni difensive di aver voluto soltanto chiedere spiegazioni. Il ricorso è fondato.
Invero, come puntualmente osservato dal PG ricorrente, la condotta di guida intimidatoria di chi, sorpassando il veicolo che lo precede, si arresti davanti a questo in modo da impedire all’altro conducente di proseguire la marcia, integra un caso di scuola di violenza privata (Cass. 2545/1985), cui si aggiunge, nel caso di specie, anche l’interruzione del pubblico servizio di trasporto, considerato che il soggetto passivo era un conducente di autobus di linea.
Né l’eventuale stato d’ira in cui versava il prevenuto, e il suo intento di chiedere conto all’autista delle parole pronunciate quando i due veicoli si erano affiancati, sono idonei ad escludere l’elemento psicologico dei reati – rappresentato dalla coscienza e volontà di provocare, quali che ne fossero i motivi, l’arresto dell’autobus e la conseguente interruzione del pubblico servizio -, la cui sussistenza, contrariamente all’assunto della corte d’appello, è palesata dalla dinamica stessa dei fatti (pur di raggiungere lo scopo, C. non esitò addirittura a farsi tamponare dall’autobus).
I reati si sono peraltro prescritti il 12-12-2010, imponendosi quindi l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché i reati sono estinti per prescrizione.
Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2011