Invalidi sul lavoro che abbiano usufruito dell’assegno di incollocabilità fino al 65° anno d’età – Corte Costituzionale, Sentenza 34/2011
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 180 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), in combinato disposto con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 27 gennaio 1987, n. 137 (Regolamento per l’erogazione dell’assegno di incollocabilità), sollevata, in riferimento agli art. 3 e 38 della Costituzione, dal Tribunale di Ascoli Piceno con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Corte Costituzionale, Sentenza del 02/02/2011
Infortuni sul lavoro e malattie professionali – Invalidi sul lavoro che abbiano usufruito dell’assegno di incollocabilità fino al 65° anno d’età – Corresponsione d’ufficio di un assegno di importo pari a quello previsto dal comma 1 dell’art. 20 del T.U. n. 915/1978 per gli invalidi di guerra e per gli invalidi per servizio – Mancata previsione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Paolo MADDALENA; Giudici : Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 180 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), e del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 27 gennaio 1987, n. 137 (Regolamento per l’erogazione dell’assegno di incollocabilità), promosso dal Tribunale di Ascoli Piceno con ordinanza del 29 gennaio 2010, iscritta al n. 181 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2010.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 15 dicembre 2010 il Giudice relatore Luigi Mazzella.
Ritenuto in fatto
1. – Il Tribunale di Ascoli Piceno, con ordinanza del 29 gennaio 2010, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dell’art. 180 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), in combinato disposto con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 27 gennaio 1987, n. 137 (Regolamento per l’erogazione dell’assegno di incollocabilità), nella parte in cui non prevede che agli invalidi sul lavoro, che abbiano usufruito dell’assegno d’incollocabilità fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età, venga corrisposto d’ufficio un assegno di importo pari a quello previsto dall’art. 20, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra) per gli invalidi di guerra e per gli invalidi per servizio.
1.1. – Riferisce il giudice rimettente che il ricorrente nel giudizio principale era titolare di pensione a carico dell’Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) e di rendita erogata dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL) per infortunio occorsogli durante il servizio prestato quale marinaio per una ditta privata nel settore marittimo; che in ragione del suddetto infortunio sul lavoro era stato riconosciuto inabile permanentemente alla navigazione per infermità ascrivibile alla II Tabella A di cui alla legge 18 marzo 1968, n. 313 (Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra) con invalidità superiore al 30% del normale ed aveva ottenuto la rendita Inail a decorrere dal 1° giugno 1992; che gli era stato altresì concesso l’assegno di incollocabilità fino al 30 giugno 2005, ossia fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età; che aveva invano presentato ricorso amministrativo avverso il provvedimento del 12 aprile 2005 con cui l’Inail glielo aveva revocato, sostenendo di avere diritto alla sostituzione del citato assegno con altro di importo pari alla pensione minima Inps in base alla normativa prevista per gli invalidi per servizio.
1.2. – Secondo il Tribunale di Ascoli Piceno, la questione di legittimità costituzionale – datane per scontata la rilevanza nel giudizio promosso dall’assicurato per il conseguimento dell’assegno sostitutivo dalla data di compimento del sessantacinquesimo anno di età – non è manifestamente infondata. Osserva, infatti, il rimettente che, mentre in forza del decreto ministeriale n. 137 del 1987 l’assegno d’incollocabilità erogato dall’INAIL agli invalidi sul lavoro viene meno al compimento del sessantacinquesimo anno di età, sia gli invalidi per servizio, sia gli invalidi di guerra – dal giorno successivo alla data predetta – acquistano il diritto ad un assegno sostitutivo. In particolare: 1) gli invalidi per servizio già beneficiari dell’assegno d’incollocabilità previsto in loro favore fino al sessantacinquesimo anno di età acquisiscono un assegno pari alla pensione minima prevista per gli assicurati dell’INPS, secondo quanto disposto dall’art. 104, terzo e quarto comma, d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato); 2) gli invalidi di guerra (alla legislazione concernente i quali rinvia per le modalità di attribuzione e di revoca la normativa che regola il trattamento analogo dovuto agli invalidi per servizio), i quali abbiano fruito di assegno d’incollocabilità fino a sessantacinque anni, ottengono d’ufficio un assegno di pari importo (art. 20, ultimo comma, d.P.R. n. 915 del 1978).
Ad avviso del giudice a quo, la mancata previsione di un’analoga provvidenza in favore degli invalidi sul lavoro – e segnatamente «di un assegno di importo pari a quello previsto dal comma 1 dell’art. 20 del testo unico n.915/78 per gli invalidi di guerra e per gli invalidi per servizio» – pone le norme denunciate in contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione, essendo comuni sia i presupposti per il riconoscimento di detto assegno, sia la ratio legis, collegata alla sua funzione compensativa e non propriamente assistenziale (esulando lo stato di bisogno), né previdenziale (prescindendo dal versamento di contributi).
2.( Con atto depositato il 13 luglio 2010 è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, instando per la dichiarazione di manifesta inammissibilità – o, comunque, d’infondatezza – della questione sollevata dal Tribunale di Ascoli Piceno con l’ordinanza succitata.
La difesa dello Stato rimarca in via preliminare l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del decreto ministeriale n. 137 del 1987, trattandosi di atto non avente forza di legge e dunque sottratto al sindacato della Corte costituzionale ai sensi dell’art. 134 Cost.
Stigmatizza, inoltre, il difetto di motivazione dell’ordinanza di rimessione in ordine alla non manifesta infondatezza della questione sollevata, come pure l’omessa sperimentazione di una lettura conforme alla Costituzione delle norme censurate.
Con specifico riferimento alla mancata conversione dell’assegno d’incollocabilità in altra provvidenza ragguagliata alla pensione minima prevista in favore degli assicurati INPS, opina la difesa dello Stato che non vi sarebbe alcuna disparità di trattamento irragionevole rispetto alla disciplina degli assegni riconosciuti agli invalidi per servizio e di guerra secondo le specifiche normative di settore. A suo avviso, infatti, l’assegno d’incollocabilità erogato dall’Inail alternativamente rispetto all’assunzione obbligatoria ha la funzione, tipicamente previdenziale contro il rischio della disoccupazione involontaria, di tutelare l’invalido che non possa essere ricollocato a causa delle infermità contratte. Sicché, coerentemente, esso non ha più alcuna ragion d’essere, una volta venuta meno in assoluto, con il raggiungimento dell’età pensionabile, la realizzabilità dell’ipotesi dell’assunzione obbligatoria dello stesso invalido.
Conclusivamente, secondo la difesa dello Stato l’art. 38 Cost. sarebbe stato invocato a sproposito, essendo documentata la fruizione da parte del ricorrente nel giudizio principale sia di pensione INPS, che di rendita Inail. Quanto, poi, all’art. 3 Cost., a parte il rilievo della palese diversità tra l’assegno di incollocabilità di cui all’art. 180 del d.P.R. n. 1124 del 1965 e gli assegni di incollocabilità destinati agli invalidi per servizio e di guerra, esso non condurrebbe necessariamente ad estendere la portata della disciplina più favorevole, potendo al limite dispiegarsi anche nel senso della rimozione della norma di privilegio.
Considerato in diritto
1. – Viene all’esame di questa Corte la questione di legittimità costituzionale sollevata, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dal Tribunale di Ascoli Piceno, relativamente all’art. 180 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), in combinato disposto con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 27 gennaio 1987, n. 137 (Regolamento per l’erogazione dell’assegno di incollocabilità).
2. – Il Tribunale di Ascoli Piceno sospetta d’illegittimità costituzionale le norme succitate per non avere previsto in favore degli invalidi sul lavoro, i quali abbiano usufruito dell’assegno di incollocabilità fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età, una provvidenza analoga a quelle riconosciute dalla legge agli invalidi di guerra e per servizio e, segnatamente, «un assegno di importo pari a quello previsto dal comma 1 dell’art. 20 del testo unico n. 915/78 per gli invalidi di guerra e per gli invalidi per servizio».
Tale lacuna porrebbe le norme censurate in contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione, essendo comuni a tutte le predette situazioni invalidanti, sia i presupposti per il riconoscimento dell’assegno d’incollocabilità, sia la ratio legis, collegata alla sua funzione compensativa e non propriamente assistenziale (esulando lo stato di bisogno), né previdenziale (astraendo dal versamento di contributi).
Il giudice rimettente auspica, dunque, che questa Corte ripristini la compatibilità delle disposizioni censurate con gli invocati parametri costituzionali, mediante l’estensione agli invalidi sul lavoro che abbiano fruito dell’assegno di incollocabilità fino a sessantacinque anni di un assegno di importo pari a quello già previsto per gli invalidi di guerra e per gli invalidi per servizio.
3. – Preliminarmente, va esaminata l’eccezione di inammissibilità proposta dall’intervenuto Presidente del Consiglio dei ministri, per avere il giudice rimettente sollevato la questione di legittimità costituzionale di un atto non avente forza di legge, come il decreto ministeriale n. 137 del 1987.
L’eccezione, così formulata, dev’essere disattesa.
La censura investe in via principale l’art. 180 del d.P.R. n. 1124 del 1965, fonte normativa – di rango primario – istitutiva dell’assegno d’incollocabilità, che, letto congiuntamente alle disposizioni regolamentari contestualmente impugnate, fa chiaro riferimento alla ulteriore norma primaria, pur non espressamente indicata, che detta i requisiti di titolarità della prestazione, ossia all’art. 10 della legge 5 maggio 1976, n. 248 (Provvidenze in favore delle vedove e degli orfani dei grandi invalidi sul lavoro deceduti per cause estranee all’infortunio sul lavoro o alla malattia professionale ed adeguamento dell’assegno di incollocabilità di cui all’articolo 180 del testo unico approvato con d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124). Il testo del richiamato decreto ministeriale n. 137 del 1987 costituisce quindi specificazione di una normativa di rango primario ed in particolare della disposizione censurata sicché, unitamente a quest’ultima, può costituire oggetto del giudizio incidentale di costituzionalità (v. sentenze n. 354 del 2008, n. 546 del 1994 e n. 1104 del 1988).
3.1. – Neppure sussiste l’eccepito difetto di motivazione in ordine all’affermato contrasto della norma censurata con gli artt. 3 e 38 Cost.
Contrariamente all’assunto della difesa dello Stato, le denunciate carenze di motivazione dell’ordinanza di rimessione non impediscono di cogliere il nodo della questione proposta, ossia la mancanza – nel sistema dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, a differenza di altri contesti – di una prestazione integrativa a beneficio degli invalidi incollocabili anche dopo il superamento del sessantacinquesimo anno di età.
4. – Nel merito, la questione non è fondata.
4.1. – L’assegno mensile di incollocabilità a carico dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL) è previsto dalla normativa su richiamata in favore degli invalidi sul lavoro, impossibilitati a fruire del beneficio dell’assunzione obbligatoria, per avere perduto ogni capacità lavorativa, ovvero per avere subìto menomazioni tali da mettere a repentaglio la salute e l’incolumità dei compagni di lavoro e la sicurezza degli impianti.
Tale assegno, dunque, assume una funzione sostitutiva rispetto al beneficio principale, che è quello del “collocamento privilegiato”, e «si inserisce, come elemento accessorio ed eventuale, in un rapporto di previdenza» (sentenza n. 532 del 1988).
Coerentemente con tale funzione, il diritto all’assegno non si conserva dopo il sessantacinquesimo anno di età, perché da quel momento nessun soggetto disabile può più accedere, per raggiunti limiti di età pensionabile, al beneficio dell’assunzione obbligatoria. Cosicché viene meno la stessa ragione giustificativa del trattamento succedaneo.
Nell’ordinamento delle provvidenze riservate agli invalidi di guerra e per causa di servizio, invece, il legislatore dispone che al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età gli invalidi che abbiano goduto dell’assegno di incollocabilità nella misura prevista dai rispettivi ordinamenti acquistino il diritto ad una provvidenza sostitutiva di pari importo, ai sensi dell’art. 20, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra), ovvero ragguagliato al trattamento minimo erogato dall’Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS), in forza dell’art. 104 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato). In seguito, l’art. 12 della legge 26 gennaio 1980, n. 9 (Adeguamento delle pensioni dei mutilati ed invalidi per servizio alla nuova normativa prevista per le pensioni di guerra dalla Legge 29 novembre 1977, n. 875, e dal Decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915) ha parificato il trattamento di incollocabilità degli invalidi per servizio, anche ultrasessantacinquenni, a quello concernente gli invalidi di guerra (ma v. anche l’art. 1 della legge citata n. 9 del 1980, che ha omogeneizzato la classificazione delle infermità).
4.2. – Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, la disposizione impugnata è immune dai vizi denunciati.
In primo luogo, non sussiste alcun vulnus all’art. 38 Cost., atteso che la titolarità, di altre prestazioni previdenziali, come nel caso del ricorrente nel giudizio principale, assicura mezzi adeguati alle esigenze di vita.
4.3. – Quanto, poi, alla prospettata lesione dell’art. 3 Cost., questa Corte ha più volte affermato la sostanziale incomparabilità dei sistemi previdenziali, nettamente eterogenei, in cui si inseriscono le prestazioni in favore dei soggetti incollocabili messe a confronto, in quanto pertinenti, rispettivamente, al regime Inail e a quello delle prestazioni di guerra e c.d. “privilegiate” (ex multis, sentenze n. 202 del 2008 e n. 83 del 2006; ordinanze n. 178 e n. 83 del 2006). In tale prospettiva, hanno trovato riscontro i limiti intrinseci del sistema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, cui afferisce l’assegno d’incollocabilità erogato dall’Inail (sentenze n. 17 del 1995 e n. 310 del 1994), nonché la diversità del complesso delle garanzie ad esso sottese rispetto a quelle previste per i dipendenti pubblici, che impediscono una comparazione parcellizzata dei rispettivi elementi (sentenza n. 321 del 1997).
Di conseguenza, la richiesta estensione agli invalidi per lavoro dello speciale assegno sostitutivo previsto per gli invalidi di guerra (e per causa di servizio) in una fase successiva al raggiungimento dell’età pensionabile è preclusa in radice dalle difformità dei rispettivi ordinamenti previdenziali. Tali difformità risultano accentuate dalla peculiarità delle prestazioni erogate agli invalidi di guerra, al cui regime sono state progressivamente assimilate quelle spettanti agli invalidi per ragioni di servizio. Questa Corte, infatti, ha ripetutamente posto in risalto che le indennità dovute per eventi bellici sono tutte contrassegnate da un elemento di natura risarcitoria, che ne rende impossibile un raffronto omogeneo con altre provvidenze sia pure ricollegabili a differenti situazioni d’invalidità, essendo ineliminabile la diversità dei presupposti esistenti alla base del correlativo fatto invalidante (sentenze n. 193 del 1994, n. 405 del 1993 e n. 113 del 1968; ordinanze n. 895 e n. 487 del 1988).
L’attribuzione, quindi, di un beneficio assolutamente eccentrico rispetto alla funzione dell’assegno “sostituito” può trovare giustificazione nella segnalata specificità della condizione degli invalidi di guerra (e, di riflesso, degli invalidi per servizio). Non se ne spiegherebbe altrimenti il riconoscimento in epoca successiva alla data di compimento dell’età pensionabile. Non vi sarebbe, infatti, alcuna ragione per perpetuare una misura compensativa del mancato ingresso nel sistema del lavoro con collocamento obbligatorio, essendo ormai quest’ultimo interdetto per i raggiunti limiti di età.
Ma la stessa singolarità della destinazione di uno speciale assegno sostitutivo a vantaggio degli invalidi di guerra ultrasessantacinquenni è ostativa della sua applicazione nel sistema delle provvidenze degli invalidi sul lavoro, perché il canone dell’eguaglianza non è invocabile a causa del principio dell’inestensibilità di norme derogatorie o eccezionali (sentenze n. 421 del 1995, n. 272 del 1994 e n. 427 del 1990; ordinanza n. 194 del 2000).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 180 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), in combinato disposto con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 27 gennaio 1987, n. 137 (Regolamento per l’erogazione dell’assegno di incollocabilità), sollevata, in riferimento agli art. 3 e 38 della Costituzione, dal Tribunale di Ascoli Piceno con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 gennaio 2011.
F.to:
Paolo MADDALENA, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2011.