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Corte Ue: se l’Iva è pagata a monte per il mediatore il rimborso è out

Ad affermarlo gli eurogiudici con una sentenza che interpreta alcuni articoli della direttiva 388

La controversia verte sull’interpretazione degli articoli 11 e 27 della sesta direttiva Cee e vede contrapposti una società belga e il Fisco nazionale. In particolare l’Amministrazione fiscale ha ritenuto di non dover rimborsare alla società l’Iva relativa alle cessioni di tabacchi lavorati che la controparte della società non ha pagato. La società in questione è registrata come soggetto passivo Iva per l’attività economica che esercita e che consiste nel commercio all’ingrosso di tabacchi lavorati. A tale titolo interviene in qualità di intermediaria nella catena di commercializzazione di tali prodotti tra i  fabbricanti e/o gli importatori, da una parte, e i rivenditori e i dettaglianti dall’altra.

La questione al centro della disputa
Ciò posto, dagli atti risulta che i tabacchi lavorati ceduti alla società, ai fini dell’esercizio della propria attività, sono già muniti di fascette fiscali, apposte dai fornitori in veste di fabbricanti o importatori di tali prodotti, secondo quanto indicato dall’articolo 58 del codice Iva belga.
Le fatture sulle cessioni effettuate in favore della società contengono la dicitura “tabacchi lavorati: IVA assolta alla fonte e non detraibile”. Non viene pertanto indicato alcun importo distinto a titolo di Iva.
La stessa situazione si verifica per le cessioni che la società effettua in favore delle rispettive controparti. Difatti, anche con riferimento alle stesse compare la stessa dicitura, e non viene indicato alcun importo distinto a titolo di Iva.

La richiesta avanzata al Fisco nazionale
La società ha chiesto all’Amministrazione finanziaria belga il rimborso dell’Iva relativa ad alcune cessioni di tabacchi lavorati in favore di una controparte, in seguito alla perdita definitiva del credito derivante da tali cessioni a causa della dichiarazione di fallimento intervenuta ai danni della controparte.
Tale domanda era respinta dall’Amministrazione finanziaria sulla scorta della considerazione che, a fronte di tali cessioni, non era stata contabilizzata Iva, posto che l’imposta relativa ai tabacchi lavorati era stata assolta dal produttore insieme alle accise, come unico prelievo erariale, effettuato secondo quanto previsto dall’articolo 58 del codice Iva.

Il ricorso al giudice nazionale e alla Corte Ue
Proposto ricorso dinanzi al tribunale di primo grado, la società non vedeva riconosciute le proprie ragioni; proponeva pertanto ricorso in appello. Il giudice adito, decideva di sottoporre alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: “Se la normativa belga, in particolare l’art. 58, paragrafo 1, in combinato disposto con l’art. 77, paragrafo 1, n. 7, del codice IVA, sia o meno conforme all’art. 27 della sesta direttiva (…), che consente agli Stati membri di adottare misure di semplificazione, e/o all’art. 11, parte C, n. 1, di tale medesima direttiva, che accorda un diritto al rimborso dell’IVA in caso di mancato pagamento totale o parziale, per il fatto che essa (…) introduce una semplificazione dell’imposizione dell’IVA sulla cessioene di tabacchi mediante un unico prelievo alla fonte, e (…) non riconosce il diritto al rimborso dell’IVA per la perdita totale o parziale del prezzo ai soggetti passivi che hanno sopportato l’IVA su tali tabacchi nelle fasi intermedie”. In sostanza il giudice ‘a quo’ chiede di conoscere se gli articoli 11 e 27 della sesta direttiva debbano essere interpretati nel senso che essi ostino a una normativa nazionale come quella belga. Tale normativa prevedendo la riscossione dell’IVA, mediante fascette fiscali, in un’unica soluzione e alla fonte presso il fabbricante o l’importatore di tabacchi lavorati, esclude il diritto, per i fornitori intermedi che intervengono successivamente nella catena delle ulteriori cessioni, di ottenere il rimborso dell’Iva in caso di mancato pagamento del prezzo di tali prodotti da parte dell’acquirente.

La normativa comunitaria
L’articolo 11 della sesta direttiva, prevede che: “in caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o di riduzione di prezzo dopo che l’operazione è stata effettuata, la base imponibile viene debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri. Tuttavia, in caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare a questa norma”.
L’articolo 27 di tale direttiva stabilisce invece che “il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull’importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale”.

La normativa nazionale
L’articolo 77 del codice belga sull’Iva stabilisce che: “Fatta salva l’applicazione dell’art. 334 della legge programmatica 27 dicembre 2004, l’imposta prelevata per una cessione di beni, una prestazione di servizi o un acquisto intracomunitario di un bene viene rimborsata fino all’ammontare del relativo importo: (…) allorché il credito del prezzo è andato interamente o parzialmente perduto”.
L’articolo 58 del medesimo codice prevede che: “Per quanto riguarda i tabacchi lavorati che sono importati, acquisiti ai sensi dell’art. 25 ter o prodotti in Belgio, l’imposta viene prelevata ogniqualvolta sia dovuto il diritto di accisa belga, in forza delle disposizioni legislative o regolamentari relative al regime fiscale dei tabacchi. L’imposta viene calcolata sulla base del prezzo indicato sulla fascetta fiscale, o, se non è stato stabilito un prezzo, sulla base imponibile del diritto di accisa”.

Le valutazioni della Corte
La Corte muove innanzitutto  dalla considerazione della stretta necessità che deve caratterizzare le misure di cui all’articolo 27 della sesta direttiva. Difatti, detta disposizione autorizza gli Stati membri a prevedere  misure nazionali di deroga, nel rispetto dell’essenziale finalità di semplificare  la  riscossione dell’imposta e di evitare frodi o evasioni fiscali. Pertanto, tale finalità va perseguita nei limiti strettamente necessari al raggiungimento degli scopi che la normativa comunitaria si prefigge. Al di fuori di tali limiti, non può essere invocato il rispetto dei criteri di calcolo della base imponibile previsti dal riportato articolo 11 della sesta direttiva.
Occorre pertanto riportare il senso di tale premessa all’interno della fattispecie posta al vaglio pregiudiziale della Corte di Giustizia.
A tal proposito, risulta che il regime derogatorio istituito dalla normativa nazionale, che consente di riscuotere l’Iva con fascette fiscali, risponde sia alla finalità di prevenire  frodi ed abusi che a quella di garantire la semplificazione della riscossione dell’imposta.
Tale riscossione, in forza di tale regime derogatorio, viene effettuata, in una unica fase della catena di commercializzazione dei prodotti, prevedendo che l’imposta sia riscossa contemporaneamente ai diritti di accisa, prima che intervenga il fatto generatore dell’imposta.

Il caso proposto
Nella fattispecie in esame, la società in questione (che risulta essere un fornitore intermedio),  interviene successivamente al produttore o all’importatore nella catena delle ulteriori cessioni di tali prodotti. Ciò comporta che i fornitori intermedi, all’atto delle cessioni effettuate in loro favore dal loro fornitore, non sono tenuti a versare alcun importo Iva a monte che possa far sorgere il diritto alla detrazione immediata e integrale di tale imposta secondo l’articolo 17, n. 2, della sesta direttiva.
Inoltre non risultano a loro volta debitori di alcun importo Iva a valle, secondo quanto previsto dall’articolo 10, n. 2, della direttiva, all’atto delle cessioni effettuate all’acquirente di tali prodotti.
Ciò posto, premesso che le fatture relative a tali diverse cessioni, non indicano alcun importo Iva distinto, ma un prezzo comprensivo dell’importo Iva versato dal fabbricante o dall’importatore e recante la dicitura “Tabacchi lavorati: IVA assolta alla fonte e non detraibile”, e atteso che i fornitori intermedi non sono tenuti al pagamento dell’Iva sulle cessioni di tabacchi lavorati, non possono chiederne il rimborso (articolo 11 della sesta direttiva) in caso di mancato pagamento del prezzo di tali cessioni da parte dell’acquirente.

Le motivazioni della Corte
Secondo la Corte poi, riconoscere il rimborso a un fornitore intermedio dell’importo Iva per mancato pagamento del prezzo da parte dell’acquirente delle cessioni di tabacchi lavorati influirebbe in misura significativa sull’importo dell’imposta dovuta allo stadio del consumo finale. Ciò determinerebbe un contrasto con quanto previsto dall’articolo 27 n. 1, della sesta direttiva.
A tal proposito, tenuto conto del fatto che le misure di deroga di cui al citato articolo 27 della direttiva sono consentite per semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare frodi o evasioni fiscali, nel caso di specie tale scopo sarebbe frustrato. Il fatto di consentire a un fornitore intermedio di ottenere il rimborso di un importo Iva, o addirittura della sua totalità, quando l’acquirente, adducendo il proprio stato di insolvenza, non paga il prezzo delle cessioni, rischierebbe addirittura di complicare la riscossione dell’IVA, oltre che favorire gli abusi e le frodi.

Le conclusioni
Secondo la Corte non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, che, prevedendo la riscossione di tale imposta con fascette fiscali in un’unica soluzione e alla fonte presso il fabbricante o l’importatore di tali prodotti per semplificare la riscossione dell’Iva e lottare contro la frode o l’evasione fiscale connesse ai tabacchi lavorati, esclude il diritto, per i fornitori intermedi che intervengono successivamente nella catena delle ulteriori cessioni, di ottenere il rimborso dell’Iva in caso di mancato pagamento del prezzo dei suddetti prodotti da parte dell’acquirente.

Marcello Maiorino
nuovofiscooggi.it

 

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