Le controversie relative al contrassegno SIAE sono devolute alla competenza del giudice tributario – Cassazione, Sezioni Unite, Ordinanza 1780/2011
Il contrassegno SIAE ha natura tributaria in ragione della doverosità della prestazione e collegamento di questa alla pubblica spesa con riferimento a un presupposto economicamente rilevante». Lo affermano le Sezioni Unite Civile dalla Cassazione nell’Ordinanza n. 1780 depositata lo scorso 26 gennaio 2011.
Secondo il Supremo Collegio, la natura tributaria del contrassegno SIAE, restando irrilevante il nomen iuris attribuito dal legislatore alla prestazione patrimoniale imposta, comporta, alla luce della nuova formulazione dell’art. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, l’attribuzione delle controversie relative alla giurisdizione del giudice tributario, alla quale, intatti, appartengono «tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati».
Non contraddice questa soluzione la previsione di cui aill’art. 1, comma 2, secondo periodo della L. n. 2 del 2008, la quale detta disposizioni concernenti la Società italiana degli autori ed editori: la norma stabilisce, infatti, che «tutte le controversie concernenti l’attività dell’ente, ivi incluse le modalità di gestione dei diritti, nonché l’organizzazione e le procedure di elezione e di funzionamento degli organi sociali, sono devolute alla giurisdizione ordinaria, fatte salve le competenze degli organi della giurisdizione tributaria».
Il senso della “clausola di salvaguardia” delle «competenze degli organi della giurisdizione tributaria», non può essere ridotto all’ambito delle controversie che oppongano la SIAE, come ogni altro contribuente, all’amministrazione fiscale, ma deve essere inteso, anzi, come espressione della volontà del legislatore di non derogare alla giurisdizione tributaria laddove ne ricorrano i presupposti (ossia laddove la controversia che coinvolga la SIAE concerna “tributi comunque denominati”).
(Litis.it, 1 Febbraio 2011)
Cassazione Civile, Sezioni Unite, Ordinanza n. 1780 del 26/01/2011
Svolgimento del processo
La controversia concerne una opposizione a decreto ingiuntivo promossa, innanzi al Tribunale civile dalla SIAE avverso la [OMISSIS] S.p.A., la quale aveva ottenuto l’ingiunzione per il rimborso di quanto da essa pagato nel periodo compreso tra il 2004 e il 2008 per il contrassegno apposto sui supporti multimediali ai sensi dell’art. 181-bis, L. n. 633 del 1941.
In esito alla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee dell’8 novembre 2007 in causa C-20/05, la società sosteneva di aver corrisposto le somme delle quali chiedeva il rimborso «in forza di un obbligo di legge dichiarato ab origine in contrasto con l’ordinamento comunitario».
Nel giudizio la SIAE chiamava in garanzia la Repubblica italiana, la quale, nel costituirsi, insisteva per la legittimità del contrassegno e, in subordine, declinava ogni responsabilità.
Con riferimento al predetto giudizio la SIAE ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, illustrato anche con memoria, per sentir dichiarare se la giurisdizione in materia spetti al giudice ordinario o al giudice tributario. La S.p.A. e la Repubblica Italiana hanno depositato ciascuna atto di costituzione al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.
Motivi della Decisione
1. La questione che viene posta con il ricorso in esame è quella relativa alla natura giuridica del contrassegno previsto dall’art. 181-bis, L. n. 633 del 1941: dalle conclusioni che si ritenessero di trarre in argomento, conseguirebbe la decisione in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario o del giudice tributario.
2. Secondo la definizione data dalla Corte di Giustizia nella sentenza dell’8 novembre 2007 in causa C-20/05, il contrassegno di cui si discute «costituisce una “specificazione tecnica” ai sensi dell’art. 1, punto 3, della direttiva 98/34, poiché rientra nelle prescrizioni applicabili ai prodotti considerati per quanto riguarda la marcatura e l’etichettatura.
Pertanto, dal momento che l’osservanza di detta specificazione è obbligatoria de iure per la commercializzazione dei prodotti di cui trattasi, la specificazione in parola costituisce una “regola tecnica” ai sensi dell’art. 1, punto 11, primo comma, della direttiva in questione». Infatti, a norma di tale disposizione la “regola tecnica” è «una specificazione tecnica o altro requisito o una regola relativa ai servizi, comprese le disposizioni amministrative che ad esse si applicano, la cui osservanza è obbligatoria, de jure o de facto, per la commercializzazione, la prestazione di servizi, lo stabilimento di un fornitore di servizi o l’utilizzo degli stessi in uno Stato membro o in una parte importante di esso, nonché, fatte salve quelle di cui all’articolo 10, le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che vietano la fabbricazione, l’importazione, la commercializzazione o l’utilizzo di un prodotto oppure la prestazione o l’utilizzo di un servizio o lo stabilimento come fornitore di servizi».
3. La funzione del contrassegno è quello di autenticazione del prodotto ai fini della sua commercializzazione, in modo da garantire il consumatore, attraverso uno strumento di immediata verificabilità, che il prodotto acquistato è legittimo e non un c.d. “prodotto pirata”. Si tratta di una funzione eminentemente pubblica a vantaggio della collettività e non del richiedente che ne sopporta il costo: il che spiega l’obbligatorietà ex lege del contrassegno e la sanzione penale per l’ipotesi della mancata apposizione del medesimo sul prodotto (art. 26, D.Lgs. n. 68 del 2003). Il costo è posto a carico del richiedente al di fuori di uno schema sinallagmatico e assume i connotati di una imposta di scopo, destinata a finanziare la spesa per l’esercizio della specifica attività di controllo affidata alla SIAE.
4. Sembrano così sussistere, secondo le indicazioni della giurisprudenza del la Corte costituzionale, le condizioni per attribuire al contrassegno SIAE natura tributaria: «doverosità della prestazione e collegamento di questa alla pubblica spesa con riferimento a un presupposto economicamente rilevante» (Corte cost. nn. 334 del 2006 e 73 del 2005).
In primo luogo la doverosità della prestazione: chi intenda commercializzare un «supporto contenente programmi per elaboratore o multimediali» o un «supporto contenente suoni, voci o immagini in movimento, che reca la fissazione di opere o di parte di opere» «dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia», deve richiedere il rilascio del contrassegno pagandone il relativo costo (nella misura “fissa” stabilita con D.P.C.M. e, quindi, non commisurato al costo del servizio reso od al valore della prestazione erogata), senza avere alcuna possibilità di scelta in ordine alla prestazione. In secondo luogo il collegamento della prestazione imposta alla spesa pubblica riferita a un presupposto economicamente rilevante.
Il presupposto, nella specie, è costituito dalla legittima utilizzazione a fini di lucro e commercializzazione dei supporti che recano la fissazione delle opere dell’ingegno di carattere creativo. La spesa pubblica è quella necessaria per l’esercizio dell’attività di controllo sul commercio dei supporti in questione, in funzione di tutela della pubblica fede e come mezzo per combattere la pirateria nella riproduzione e utilizzazione delle opere dell’ingegno: tale attività è svolta per legge e in regime di monopolio dalla SIAE, la quale trae (anche) dalla riscossione della prestazione pecuniaria collegata al contrassegno i mezzi finanziari necessari per la tutela del consumatore e il contrasto alla pirateria.
5. La natura tributaria del contrassegno – restando comunque irrilevante il nomen iuris attribuito dal legislatore alla prestazione patrimoniale imposta – comporta, alla luce della nuova formulazione dell’art. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, l’attribuzione delle controversie relative alla giurisdizione del giudice tributario, alla quale, intatti, appartengono «tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati». Non contraddice questa soluzione la previsione di cui aill’art. 1, comma 2, secondo periodo della L. n. 2 del 2008, la quale detta disposizioni concernenti la Società italiana degli autori ed editori: la norma stabilisce, infatti, che «tutte le controversie concernenti l’attività dell’ente, ivi incluse le modalità di gestione dei diritti, nonché l’organizzazione e le procedure di elezione e di funzionamento degli organi sociali, sono devolute alla giurisdizione ordinaria, fatte salve le competenze degli organi della giurisdizione tributaria».
Il senso della “clausola di salvaguardia” delle «competenze degli organi della giurisdizione tributaria», non può essere ridotto all’ambito delle controversie che oppongano la SIAE, come ogni altro contribuente, all’amministrazione fiscale, ma deve essere inteso, anzi, come espressione della volontà del legislatore di non derogare alla giurisdizione tributaria laddove ne ricorrano i presupposti (ossia laddove la controversia che coinvolga la SIAE concerna “tributi comunque denominati”).
Deve esser, pertanto, dichiarata la giurisdizione del giudice tributario e le parti devono essere rimesse innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale competente per territorio. La novità della questione giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Dichiara la giurisdizione del giudice tributario e rimette le parti innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale competente per territorio. Compensa le spese.
Depositata in cancelleria il 26 gennaio 2011