L’avvocato può mettere alla porta il cliente. Stessa tutela per studio professionale e domicilio privato – Cassazione Penale, Sentenza 3014/2011
La condotta di chi, trovandosi nell’altrui abitazione, si rifiuta di ottemperare alla volontà espressa dal titolare dello “jus excludendi”, va apprezzata come comportamento suscettibile di valutazione ai sensi del capoverso dell’art. 614 cod. pen. e la contestuale reazione dell’avente diritto, ricorrendone le condizioni, ben può essere scriminata ai sensi dell’art. 51 o 52 cod. pen.
Da cio il naturale corollario che le lesioni, derivate dall’azione posta in essere dal titolare dello “jus prohibendi”, nella affermazione pragamatica del suo diritto contestato, in danno della persona destinataria dell’esercizio concreto del diritto di esclusione, possono essere del pari scriminate, oppure inquadrabili nella residuale previsione dell’art. 55 cod. pen. sotto il profilo dell’eccesso colposo.
Con questa motivazione, la Cassazione ha annullato la condanna inflitta in primo e secondo grado ad un avvocato imputato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni per aver letteralmente “buttato fuori” dal suo studio legale una cliente sgradita, provocandole una lesione a causa dall’urto contro il montante della porta.
Secondo la Cassazione la circostanza che il luogo tutelato sia uno Studio professionale non fa perdere ad esso la qualità di luogo non aperto indiscriminatamente al pubblico, e neppure priva il professionista stesso dal diritto di escludere dall’ingresso dei propri locali – o di invitare ad allontanarsene – le persone che egli ritenga di non ammettere, per qualunque motivo non contrario alla legge.
(Litis.it, 1 Febbraio 2011)
Allegato Pdf: Cassazione Penale, Sentenza n. 3014 del 27/01/2011
(Sezione Sesta, Presidente Di Virginio, Reatore Lanza)