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Dichiarazione congiunta: valida la notifica degli atti al solo marito -Cassazione Civile, Sentenza n. 25338/2010

L’opzione della doppia firma non implica che cartelle e accertamenti raggiungano necessariamente entrambi i coniugi

Il vincolo di solidarietà fra le posizioni giuridiche dei coniugi nell’ambito del rapporto giuridico d’imposta – a seguito della presentazione di una dichiarazione congiunta – comporta la responsabilità del coniuge codichiarante in riferimento ai maggiori redditi accertati nei confronti dell’altro coniuge.
Pertanto, deve ritenersi legittima (articolo 17, terzo comma, legge 114/1977) la notifica dell’atto impositivo al solo marito, dovendosi escludere l’obbligo di provvedere alla notifica degli accertamenti e delle cartelle nei confronti di entrambi i coniugi dichiaranti.

Né sussiste, al riguardo, alcuna lesione dei principi di eguaglianza e capacità contributiva, in quanto la predisposizione della dichiarazione congiunta costituisce una libera manifestazione di volontà dei contribuenti, consapevoli delle relative conseguenze giuridiche anche in merito ai profili di possibili futuri accertamenti fiscali.
Queste le interessanti argomentazioni giuridiche ribadite dalla Cassazione nella pronuncia n. 25338 del 15 dicembre.

La normativa di riferimento
Il primo comma dell’articolo 17 della legge 114/1977 attribuiva la facoltà, ai coniugi non legalmente ed effettivamente separati, di presentare su un solo modello la dichiarazione unica dei redditi di ciascuno di essi, da consegnare all’ufficio delle imposte o all’ufficio del Comune nella cui circoscrizione si trovava il domicilio fiscale del marito.
Tale disposizione è stata successivamente abrogata dall’articolo 9, comma 6, del Dpr 322/1988. Pertanto, attualmente, la dichiarazione congiunta non è più possibile, tranne per quanto previsto dal comma 4 dell’articolo 13 del Dm 164/1999, in relazione al modello 730 (cfr comunicato stampa dell’Agenzia delle Entrate del 7 dicembre 2001).

Sono ancora in vigore, invece, i successivi commi del richiamato articolo 17 che disciplinano, nello specifico: “…la notifica della cartella dei pagamenti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche iscritta nei ruoli è eseguita nei confronti del marito” (comma terzo); “gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati a norma del comma precedente” (comma quarto); “i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell’imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito” (comma quinto).
In altri termini, la presentazione di una dichiarazione congiunta non costituisce un obbligo, ma soltanto una facoltà frutto di una libera scelta che, una volta compiuta, fa sì che i coniugi assumano in toto le conseguenze di cui all’articolo 17 della legge 114/1977.

I fatti di causa
La vicenda trae origine dall’attività impositiva di un ufficio tributario che rettificava, in aumento, la dichiarazione dei redditi (relativa agli anni 1993, 1994 e 1995) presentata congiuntamente da due coniugi, tra i quali intercorreva un’impresa familiare.
Successivamente, venivano notificate tre cartelle di pagamento e, a seguito del loro mancato versamento, l’ufficio notificava tre avvisi di mora, questa volta anche alla moglie, e impugnati da quest’ultima che contestava, per un verso, di non aver potuto esercitare il suo diritto di difesa in quanto le cartelle esattoriali erano state intestate e notificate esclusivamente al marito e, deducendo, per altro verso, di non poter essere ritenuta coobbligata con il marito sia in virtù della convenzione di separazione dei beni – intervenuta nel 1998 – sia in virtù del fatto che l’unico titolare dell’impresa familiare fosse il marito.

Le doglianze mosse nel giudizio di primo grado venivano rigettate dalla Commissione tributaria provinciale e anche il successivo appello proposto non trovava accoglimento presso i giudici di secondo grado.
La contribuente, allora, proponeva ricorso per cassazione ed eccepiva la violazione dell’articolo 17 della legge 114/1977.
In particolare, la ricorrente è dell’avviso che la notifica dell’accertamento in rettifica, anche in caso di dichiarazione congiunta presentata dai coniugi, deve essere effettuata nei confronti di entrambi, con la conseguenza che, se è eseguita nei confronti del solo marito, come avvenuto nel caso di specie, l’ufficio non è legittimato a disporre la riscossione coattiva anche nei confronti della moglie.

La decisione della Cassazione
La Corte suprema respinge il ricorso in quanto infondato.
Al riguardo, la Cassazione precisa che “…la presentazione della dichiarazione dei redditi congiunta a doppia sottoscrizione, a norma della L. n. 114 del 1977, art. 17, da parte dei coniugi non legalmente ed effettivamente separati, costituisce una facoltà e non un obbligo con la conseguenza che chi presenta una dichiarazione congiunta (ed usufruisce dei vantaggi che possono essere connessi ad una tale forma di dichiarazione) assume su di sé anche i rischi inerenti alla disciplina propria dell’istituto (cfr Cass. n. 12371/02)”.

Ciò premesso, continuano i giudici di legittimità, stante la chiarezza del dato testuale dei commi 3, 4 e 5 dell’articolo 17 della legge 114/1977 – che “…non lascia spazio ad interpretazioni di segno contrario (cfr Cass. nn. 8335/2000, 2021/03, n. 27005/07)…” – “…deve escludersi l’obbligo ex lege di provvedere alla notifica degli accertamenti e delle cartelle nei confronti di entrambi i coniugi dichiaranti”.

Ne consegue che, data la scelta effettuata dai coniugi di dichiarare congiuntamente i propri redditi operando, a tal riguardo, una specifica opzione, “…la ricorrente non può dolersi della mancata notifica degli avvisi di accertamento in rettifica e delle cartelle esattoriali, costituendo tale circostanza il preciso e prevedibile effetto della sua scelta operativa”.

Tale interpretazione, conclude infine la Corte, “…è legittima nella prospettiva di cui all’art. 24 Cost., (anche in ipotesi di sopravvenuto venir della convivenza matrimoniale per separazione personale), in quanto resta, comunque, inalterato il diritto della moglie, coniuge codichiarante, a proporre autonoma impugnazione per contestare gli accertamenti a carico del marito, mediante impugnazione dell’avviso di mora a lei diretto, con conseguente possibilità di far valere, in tale sede, tutte le ragioni di contrasto opponibili alla pretesa tributaria, anche in relazione alla mancata notifica diretta degli atti precedenti e, in primo luogo, dell’avviso di accertamento (cfr. Cass. nn. 19896/06, 2021/03, 20709/07 in motivazione)”.

Per completezza, si ricorda che recentemente la Cassazione ha ulteriormente precisato che il disposto di cui all’articolo 17 della legge 114/1977 “…opera anche nel caso in cui i redditi accertati nei confronti del marito siano costituiti da proventi derivanti da reato…” (Cassazione, sentenza n. 20856 dell’8 ottobre 2010), nonché ha ribadito l’irrilevanza della separazione tra i coniugi, qualora la stessa sia successiva alla presentazione della dichiarazione congiunta da cui è poi scaturito l’accertamento (Cassazione, sentenza 21959/2010).

Marco Denaro
nuovofiscooggi.it

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