Privacy

Contraccezione e minori: no all’accesso dei genitori alle prescrizioni

Un genitore non può accedere alla documentazione sanitaria della figlia minorenne che si rivolga, a sua insaputa, ad un consultorio per farsi prescrivere farmaci contraccettivi. In questo ambito alla minore  va, infatti, riconosciuta una sfera di riservatezza tale da garantire effettivamente la sua libertà di autodeterminazione.
 
E’ quanto ha confermato il Garante privacy in un parere reso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, condividendo le osservazioni già formulate dalla Commissione stessa in merito ad un caso sottoposto da una Asl. La vicenda riguarda un genitore che, avendo trovato  nella camera della figlia sedicenne una confezione di un farmaco contraccettivo già utilizzato,  aveva chiesto all’azienda sanitaria di zona di accedere ai documenti sanitari più recenti della minore per assicurarsi, a suo dire, che il farmaco fosse stato prescritto da personale medico.
 
Nel suo parere, l’Autorità ha condiviso quanto affermato dalla Commissione, secondo la quale, in base alla legge 194/78, i minori possono rivolgersi alle aziende ospedaliere e ai consultori senza che i genitori ne siano informati. Obiettivo della norma è infatti quello di garantire l’anonimato dei minorenni che non vogliano o non possano mettere al corrente i propri genitori. Ma, soprattutto, lo scopo è quello di evitare che le minori possano rivolgersi clandestinamente a soggetti privi della necessaria affidabilità, serietà e professionalità invece che a  strutture sanitarie autorizzate, in grado di assicurare le necessarie garanzie.

Contraccezione e minori: no all’accesso dei genitori alle prescrizioni – 17 novembre 2010

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

Nella riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vice presidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del dott. Daniele De Paoli, segretario generale;

VISTO il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali (di seguito Codice).

VISTA la legge 7 agosto 1990, n. 241 recante “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, in particolare l’art. 25, comma 4, in base al quale “se l’accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti terzi, la Commissione provvede, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il parere si intende reso.”;

VISTA la richiesta presentata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri -Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi- volta a ottenere il parere del Garante in ordine alla richiesta di accesso di un genitore a documenti sanitari della figlia minore detenuti presso l’Azienda U.L.S.S. n. 4 “Alto Vicentino”, in relazione alla circostanza che “la questione investe anche preminenti profili tecnici, relativi alla tutela fisiopsichica della salute del minore” (nota Dica 0020141-2.4.5.2.4 del 3 novembre 2010);

RILEVATO, sulla base della documentazione in atti, che un genitore, avendo trovato nella camera della figlia sedicenne la confezione di un farmaco contraccettivo già utilizzato, ha chiesto all’Azienda sanitaria di accedere a “qualsiasi tipo di documentazione sanitaria relativi ad accessi di pronto soccorso, ginecologia, continuità assistenziale”, risalente ad un arco di tempo di poco più di un mese, concernente la figlia, motivando verbalmente tale richiesta con l’esigenza di sincerarsi che il farmaco fosse stato prescritto da un medico e che l’Azienda stessa ha precisato al riguardo che il farmaco è stato prescritto dal locale consultorio;

VISTA la normativa di settore richiamata nella richiesta di parere in base alla quale “La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori”; ritenuto pertanto che il minore, ad avviso della stessa Commissione, può rivolgersi alle strutture sanitarie e ai consultori senza che i genitori ne siano informati (art. 2, ultimo comma, l. 22 maggio 1978, n. 194 recante “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”;

CONSIDERATO che la Commissione, sulla base delle specifiche osservazioni formulate in merito alla sopra richiamata normativa di settore, di seguito riportate, riterrebbe che, sotto il profilo strettamente giuridico, la domanda d’accesso dovrebbe essere respinta in quanto:

1. “Il motivo della norma è evidente: garantire l’anonimato al minore che non voglia o non possa mettere a parte i genitori dei suoi problemi e si rivolga alle strutture autorizzate per evitare che lo stesso possa rivolgersi clandestinamente a soggetti privi della necessarie garanzie di serietà e di professionalità, il cui intervento potrebbe provocare gravi danni alla salute fisiopsichica del minore”;

2. “dalla ratio della norma dovrebbe desumersi che il genitore in questione non possa accedere alla documentazione richiesta; e ciò neppure con il consenso della figlia, per l’evidente probabilità che la volontà della minore venga coartata. Del resto, la giustificazione data dal genitore a sostegno dell’interesse all’accesso è palesemente contraddittoria: perché, nell’eventualità che il farmaco non fosse stato prescritto dalla ASL quest’ultima –ovviamente- non sarebbe in possesso di alcuna documentazione amministrativa al riguardo”;

3. “il genitore che realmente voglia esercitare la sua potestà educativa e che ritenga che sussistano i presupposti per un suo intervento, ben può in casi del genere affrontare con i figli il problema in termini generali, inducendo i minori al dialogo e alla riflessione sulle conseguenze di una condotta sconsiderata”;

VISTO il Codice nella parte in cui stabilisce che “Restano ferme le disposizioni di legge e di regolamento che stabiliscono divieti o limiti più restrittivi in materia di trattamento di taluni dati personali” (art. 184, comma 3);

RITENUTO, pertanto, che, per i profili di competenza in materia di protezione dei dati personali, le suesposte osservazioni formulate dalla Commissione siano da condividere avuto riguardo all’esigenza di riconoscere una sfera di riservatezza in capo al minore nella fattispecie oggetto della richiesta di parere che garantisca effettivamente la sua libertà di autodeterminazione;

VISTI gli atti d’ufficio;

VISTE le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

Relatore il prof. Francesco Pizzetti;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’artt. 25, comma 4, della legge n. 241/1990 e dell’art. 154, comma 1, lett. g) del Codice, condivide le osservazioni formulate dalla Commissione con la nota del 3 novembre 2010 in ordine alla richiesta di accesso di un genitore a documenti sanitari della figlia minore detenuti presso l’Azienda U.L.S.S. n. 4 “Alto Vicentino”, avuto riguardo all’esigenza di riconoscere una sfera di riservatezza in capo al minore in tale ambito che garantisca effettivamente la sua libertà di autodeterminazione.

Roma, 17 novembre 2010

IL PRESIDENTE
Pizzetti

IL RELATORE
Pizzetti

IL SEGRETARIO GENERALE
De Paoli

 

 

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