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Il socio manda indietro il plico, ma la notifica è comunque regolare – Cassazione Civile, Sentenza 22993/2010

Il successivo ruolo è impugnabile solo per vizi propri e non perché non preceduto dai propedeutici avvisi

Con sentenza n. 22993 del 12 novembre, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso di una Srl, ritenendo valido l’accertamento fiscale per avere regolarmente raggiunto il domicilio fiscale del destinatario, ove uno dei soci di maggioranza aveva rifiutato il plico notificato presso la sede legale, sostenendo di non essere il rappresentante della società e che, quindi, che non era legittimato alla ricezione della posta.

Il fatto
La vicenda riguarda l’impugnazione di due cartelle di pagamento notificate a una società di capitali a responsabilità limitata, conseguenti ad altrettanti avvisi di accertamento di maggiori ricavi notificati alla stessa, ma non contestati. Nelle motivazioni del ricorso il contribuente ha sostenuto, in particolare:

1.che le iscrizioni a ruolo non sarebbero state precedute dalla notifica dei propedeutici accertamenti né alla società né, tanto meno, ai soci responsabili

2.che per conseguenza ne avveniva anche l’assoluta nullità dei successivi atti della riscossione, come voluto dall’articolo 41-bis del Dpr 600/1973

3.l’insufficiente motivazione delle cartelle, così da impedire un adeguato diritto di difesa in merito alla pretesa fiscale.
La Commissione provinciale ha dichiarato inammissibile l’impugnativa con decisione che è stata confermata dalla Ctr, la quale, nella reiezione dell’appello ha rilevato che:

•per principio consolidato, le cartelle di pagamento dell’agente della riscossione possono essere impugnate solo per “vizi propri”, trattandosi di atti prodromici all’azione esecutiva, mentre nella fattispecie nessuno di tali vizi risulta denunciato dal contribuente
•la precedente regolarità della notifica degli avvisi di accertamento nei confronti sia della società sia dei soci, emergente dagli atti processuali, destituisce di fondamento la doglianza della censura proposta.

Nel conseguente ricorso in Cassazione, la sentenza impugnata viene attaccata, tra l’altro, per violazione di legge (ex articoli 145 e 140 cpc e articolo 60, comma 1, lettere c) ed e), del Dpr 600/1973), posto che le iscrizioni a ruolo non sono state precedute dalla regolare notifica degli avvisi di accertamento nei confronti della società, non avendo l’ente impositore dato prova in giudizio dell’avvenuta notifica dei primi atti. In particolare:

•la notifica degli avvisi nei confronti della società è invalida per essere avvenuta nelle mani del socio che detiene quote sociali di partecipazione del 90%, mentre la notifica degli atti tributari deve essere necessariamente effettuata secondo il rigoroso procedimento delineato dal combinato disposto degli articoli 60, comma 1, lettera c), Dpr 600/1973 e 145 cpc (per i soggetti diversi dalle persone fisiche, come le società)
•tale procedimento non risulta eseguito regolarmente, in quanto il notificatore non ha indicato dettagliatamente nella relata le circostanze che hanno legittimato il ricorso a tale modalità notificatoria, limitandosi soltanto a trascrivere il rifiuto del socio di maggioranza a ricevere l’atto a lui destinato, peraltro neppure in potere di accettare gli atti per la società.

In secondo luogo, i contribuenti asseriscono che, siccome è invalida la notifica per come eseguita, ne deriva che, non conoscendo il contenuto degli avvisi di accertamento, non hanno potuto impugnarli e difendersi adeguatamente (in violazione dell’articolo 24 della Costituzione).

Procedura di notifica
Per meglio chiarire i termini della questione, è utile richiamare la decisione n. 8091/2002 delle sezioni unite della Cassazione, nella quale viene delineata esattamente la sequenza del procedimento notificatorio nei confronti delle persone giuridiche. Tale sequenza è così articolata:

1.la notificazione si esegue, in primo luogo, nella sede legale mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata

2.se la notifica non può essere eseguita con tale modalità e nell’atto è indicata la persona fisica che rappresenta l’ente, va eseguita nei confronti di tale persona, osservando le disposizioni di cui agli articoli 138, 139 e 141 del codice di procedura civile

3.se neppure con queste modalità la notifica si perfeziona, si procede con le formalità dell’articolo 140 cpc nei confronti del legale rappresentante (se indicato nell’atto) oppure direttamente nei confronti della società

4.se le modalità di cui sopra si rivelano inapplicabili, e nell’atto viene indicata la persona fisica che rappresenta l’ente, la notificazione sarà eseguibile con le forme di cui all’articolo 143 cpc nei confronti del legale rappresentante.

In sostanza, muovendo dalla premessa secondo cui l’articolo 145 cpc non costituisce una disciplina completa in tema di notifiche nei confronti delle persone giuridiche, le sezioni unite riconoscono la possibilità di utilizzare altre norme del codice di procedura civile in materia di notificazioni, anche se non espressamente richiamate dallo stesso articolo 145, ossia gli articoli 140 e 143 (norma inapplicabile in campo tributario e sostituita dall’articolo 60, comma 1, lettera e), del Dpr 600/1973).

Applicando, quindi, detti principi alle notificazioni tributarie, quando manca l’indicazione del nome del rappresentante sull’atto, la notifica va eseguita nei confronti della società secondo le forme previste dall’articolo 140 cpc e, in ultima analisi (quando, cioè, nel comune di domicilio fiscale non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente), dall’articolo 60, comma 1, lettera e), del Dpr 600/1973 (Cassazione, sentenza n. 7268/2002).

La decisione di legittimità
La Corte di cassazione respinge il ricorso rilevando la correttezza delle statuizioni del giudice di appello in relazione a tutti i profili denunciati, sia per quanto riguarda la ritualità della notifica degli avvisi di accertamento alla società e ai suoi soci, sia per quanto concerne la validità della cartella di pagamento, in quanto preceduta da un regolare atto impositivo non impugnato.

In particolare, la Suprema corte argomenta, innanzitutto, che l’affermazione della Commissione regionale secondo cui “le cartelle di pagamento possono essere impugnate solo per vizi propri” non contiene alcuna pronuncia confliggente con i principi di diritto invocati dalla controparte, atteso che ha dichiarato l’inammissibilità delle doglianze dei contribuenti in quanto queste erano dirette verso la pretesa fiscale tout court e non nei riguardi di eventuali vizi della cartella. Ciò dopo che il giudice di appello, esaminando il complesso degli atti di causa esistenti in fascicolo, ne ha desunto la ritualità della notifica a tutti i soggetti coinvolti nella vicenda.

La lamentela del contribuente non può quindi essere accettata se non come veicolo per aggirare indirettamente l’ostacolo processuale costituito dall’impossibilità di proporre questioni di merito avverso atti impositivi non opposti: solo in quest’ultimo caso sarebbe stato consentito un regolare contraddittorio sul maggior reddito accertato dall’Amministrazione finanziaria. Quei fatti sono ormai inscalfibili perché coperti da giudicato.

Per ciò che attiene poi alla notifica degli accertamenti nei confronti della società, censurati dal contribuente in quanto le relative operazioni sarebbero caratterizzate dal “rifiuto a riceversi l’atto di accertamento da parte del socio che non è il legale rappresentante della società né è incaricato a riceversi gli atti”, la invocata invalidità è smentita, ad avviso del giudice di legittimità, dalla dizione testuale dell’articolo 145, comma 1, cpc, secondo cui “la notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa”.

Al riguardo, nel rigettare l’assunto della ricorrente, la Suprema corte precisa che il disciplinare le modalità di ricezione degli atti, in maniera che essi siano consegnati a una persona fisica all’uopo incaricata, costituisce un onere del legale rappresentante della persona giuridica, che va adempiuto non con disposizioni meramente interne, ma in maniera tale da richiamare in modo chiaro e immediato l’attenzione dell’ufficiale giudiziario (Cassazione, sentenza n. 16103/2007).

Inoltre, la Corte chiarisce – secondo un orientamento consolidato – che la notifica di un avviso di accertamento a una persona giuridica è validamente eseguita mediante consegna presso la sede legale a una delle persone indicate nel primo comma dell’articolo 145. La legittimazione alla ricezione della persona che riceve l’avviso di accertamento si presume sulla base della presenza del soggetto presso la sede legale e incombe sul destinatario dell’atto l’onere della prova contraria (si tratta di una specifica applicazione nel processo tributario di un principio più generale che è stato affermato dalla Cassazione con riguardo alle notifiche civili. In tal senso cfr Cassazione, sentenze nn. 10134/2002, 5304/1998, 7249/1992, 9556/1997, 5314/1983 e 2133/1983).

Peraltro, si assume che, alla stregua dell’articolo 145, comma 1, cpc, il rappresentante della persona giuridica e la persona incaricata di ricevere le notificazioni sono, ai fini della consegna della copia dell’atto, sullo stesso piano, sicché colui che esegue la notifica può rivolgersi indifferentemente all’uno o all’altro, senza avere l’obbligo di ricercare in primo luogo il rappresentante, e senza che la facoltà di rivolgersi all’incaricato dipenda dall’esito negativo di tali ricerche (Cassazione, sentenza n. 11804/2002).

Infine, ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica presso la sede legale o quella effettiva, è sufficiente che il consegnatario sia legato alla persona giuridica stessa da un particolare rapporto che, non dovendo necessariamente essere di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, pure provvisorio o precario, di ricevere la corrispondenza, sicché qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario o postale risulti, in alcune delle predette sedi, la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede stessa, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, laddove la società, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere suo dipendente, non era addetta neppure alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno (cfr Cassazione, sentenze nn. 12754/2005, 904/2001 e 11004/1998).

Ma tali circostanze sono rafforzate, rispettando il disposto normativo, dal fatto che la consegna del plico è avvenuta proprio in capo al socio titolare del 90% del capitale sociale e presso il domicilio fiscale del contribuente.

In conclusione, dalle esposte considerazioni ne discende:

1.la validità della notifica dell’atto impositivo operata sia nei confronti della società che dei soci responsabili

2.la conseguente speculare insussistenza della asserita invalidità dei presupposti atti impositivi alla procedura di riscossione.

Salvatore Servidio
fonte: nuovofiscooggi.it

 

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