Un plauso dall’Oua alla sentenza della Cassazione sui “Negozi di Strada” A.L.T. aperti da avvocati
L’Organismo Unitario dell’Avvocatura-OUA plaude alla decisione della Corte di Cassazione che ha confermato la sanzione della censura per l’illecito disciplinare inflitta ad un avvocato per l’apertura di un “negozio di strada”.
«La Corte Suprema – spiega Maurizio de Tilla, presidente Oua – ha affermato che l’avvocato ha diritto di fare pubblicità informativa della propria attività professionale, ma le modalità ed il contenuto di tale pubblicità non possono ledere la dignità e al decoro professionale. Non solo: lo stesso art. 17 del regolamento deontologico forense dispone che sussiste la libertà di informazione da parte dell’avvocato della sua propria attività professionale, ma che tale informazione, quanto alla forma ed alle modalità, deve “rispettare la dignità ed il decoro della professione” e non deve assumere i connotati della “pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa”.
«ALT (sia pure puntato) – sottolinea il presidente dell’Oua – è un messaggio non di informazione, ma di suggestione, poiché induce a ritenere, in modo emotivo ed irriflessivo, che valga la pena di visitare quello che appare uno studio legale aperto ed accessibile senza le formalità tipiche dello stereotipo legale. La sentenza della Cassazione è chiara anche su un altro nodo: la locuzione “prima consulenza gratuita” è un’informazione equivoca perché non chiarisce se è effettivamente una consulenza organica e completa o un inquadramento generico del problema, come colloquio di orientamento, per prassi gratuito. Lo stesso ricorso agli “slogan” è poco idoneo all’informazione, risultando evidente lo scopo di attrarre e stabilire un contatto, così acquisendo un vantaggio competitivo sugli altri professionisti, con macroscopia di tali scritte rispetto a quelle descrittive. È corretto quindi l’intevento sanzionatorio delle istituzioni ordinistiche che hanno ritenuto che la scorrettezza del messaggio competitivo sta nel fatto non sono chiare le effettive caratteristiche dei servizi offerti e della personalità professionale dell’offerente, ma mirano a persuadere il possibile cliente con un motto privo di contenuto informativo, e pieno di capacità emozionale evocativa, eccedente l’ambito informativo completo, concreto e razionale».
«L’effetto primario della sentenza della Cassazione – conclude de Tilla – è che i “negozi di strada” non sono compatibili con la deontologia forense e dovrebbero essere responsabilmente chiusi su tutto il territorio nazionale»