GiurisprudenzaPenale

Spaccio di sostanze stupefacenti. La prova della consumazione prescinde dal rinvenimento della droga – Cassazione Penale, Sentenza 40163/2010

Il reato di detenzione a fini di spaccio o quello di spaccio non sono condizionati, sotto il profilo probatorio, al sequestro o al rinvenimento di sostanze stupefacenti, poiché la consumazione di tali reati può essere dimostrata attraverso le risultanze di altre fonti probatorie, quali le ammissioni dello stesso imputato, le deposizioni dei testimoni o il contenuto di intercettazioni telefoniche.

In ordine alla valutazione probatoria della chiamata di correo, l’esclusione di attendibilità per una parte del racconto non implica, per il principio della cosiddetta “frazionabilità” della valutazione, un giudizio di inattendibilità con riferimento a quelle altre parti che reggono alla verifica del riscontro oggettivo esterno, sempre che non sussista un’interferenza (attuale e logica) tra la parte del narrato ritenuta falsa e le rimanenti parti e l’inattendibilità non sia talmente macroscopica, per accertato contrasto con altre sicure risultanze di prova, da compromettere la stessa credibilità del dichiarante.

Deve ritenersi affetta dal vizio di illogicità e di carenza della motivazione la decisione del giudice di merito che, fondandosi apparentemente su una massima di esperienza, valorizzi in realtà una mera congettura, insuscettibile di verifica empirica.

Considerate le esigenze di economia processuale sottese alla previsione di cui alla lettera I) dell’art. 620 cod. proc. pen., l’annullamento della sentenza di condanna va disposto senza rinvio allorché un eventuale giudizio di rinvio, per la natura indiziaria del processo e per la puntuale e completa disamina del materiale acquisito e utilizzato nei pregressi giudizi di merito, non potrebbe in alcun modo colmare la situazione di vuoto probatorio accertata.

La condotta tenuta da un imputato che si sia limitato a rintracciare il «debitore» integra il concorso nel reato di estorsione. Ed infatti anche quando il contributo causale del correo si sia limitato alla fase finale della sola riscossione dei proventi, l’attività antigiuridica, ponendosi inscindibilmente con quella di altri correi, confluisce in un’azione delittuosa che va considerata unica e produce l’effetto di far ritenere giuridicamente attribuibile a ciascuno dei concorrenti il risultato finale dell’evento cagionato

Cassazione Penale, Sezione Sesta, Sentenza n. 40163 del 15/11/2010

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 10 dicembre 2008, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma della sentenza di condanna emessa in primo grado all’esito di giudizio abbreviato nei confronti di [OMISSIS] e [OMISSIS] per i reati di cui agli artt. 81, comma secondo, cod. pen. e 73 D.P.R. n. 309 del 1990 (per un episodio, con l’aggravante di cui all’art. 80 del D.P.R. cit.) e dell’art. 629, comma secondo, cod. pen., riduceva la pena loro inflitta rispettivamente ad anni otto di reclusione ed euro 18.000,00 di multa e ad anni cinque e mesi quattro di reclusione ed euro 2.800,00 di multa, confermando nel resto il provvedimento.

2. In particolare era contestato:
– all’[OMISSIS] di aver ceduto a [OMISSIS] – (tutti giudicati separatamente) e [OMISSIS] gr. 497,80 di cocaina pura alI’89,48% (capo B della rubrica);

– ad entrambi di aver acquistato o comunque detenuto in concorso con [OMISSIS] (giudicato separatamente) un’ingente quantità, pari a circa 70 Kg.,di hashish, che questi materialmente consegnava a [OMISSIS] (giudicato separatamente), perché da Roma la portasse in Sicilia (capo F della rubrica) e di aver, In concorso tra loro, con minaccia espressa di morte e di gravi violenze fisiche, costretto a consegnare loro immediatamente la somma di euro 15.000,00 ed a promettere la restituzione di altri euro 75.000,00 a cadenze mensile, reiterando le minacce anche col mezzo del telefono ad ogni scadenza elusa, quale controvalore della suddetta partita di hashish (capo 6 della rubrica).

3. Avverso la sentenza in grado di appello propongono ricorso i prevenuti. Ed in particolare, per I’ [OMISSIS] si deduce:

– la violazione dell’art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 192, comma secondo, stesso cod., in quanto la sentenza impugnata avrebbe desunto la prova della penale responsabilità dell’imputato in via del tutto illogica e congetturale. In particolare, il ricorrente, con riferimento ai capi B e F della rubrica, lamenta che la sentenza impugnata si sarebbe fondata su elementi indiziari, desunti principalmente dai colloqui intercettati e da dichiarazioni accusatorie rese da taluni soggetti, inidonei a ritenere provato «al di là di ogni ragionevole dubbio» il coinvolgimento dell’imputato nelle due vicende delittuose. Il ricorrente evidenzia tra l’altro quanto al capo B) che la Corte non sarebbe riuscita ad individuare, in maniera concreta, il ruolo tenuto dall’[OMISSIS] nella vicenda, che al più potrebbe configurare una condotta di favoreggiamento, ma non di concorso.
Relativamente al capo F), la doglianza è anche articolata sulla contestazione dei criteri di valutazione della prova dichiarativa, prospettandosi l’illegittimità di una loro valutazione frazionata e dell’utilizzo di dichiarazioni de relato, prive di qualsivoglia elemento di riscontro. Il ricorrente, in ordine al capo G), censura la sentenza impugnata per non aver considerato il ruolo assolutamente “neutrale” tenuto dall’ [OMISSIS] nell’episodio estorsivo e per non aver fornito la prova della percezione da parte dei messaggi telefonici provenienti dall’[OMISSIS].

La violazione dell’art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione agli artt, 62-bis e 133 cod. pen. in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, in considerazione della incensuratezza e del positivo comportamento processuale dell’imputato, ed al severo trattamento sanzionatorio, non attestato sui minimi edittali, nonché infine alla mancata concessione dell’indulto ex legge 241/2006.

4. Per [OMISSIS] si deduce:
– la violazione dell’art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. In particolare, quanto al reato di cui al capo F), il ricorrente eccepisce che tanto il giudice in prime cure quanto quello di secondo grado avrebbero omesso di indicare la prova dell’acquisto da parte del ricorrente della sostanza stupefacente. La responsabilità del [OMISSIS] sarebbe stata basata dai giudici di merito sull’esistenza di cointeressi con gli affari illeciti posti in essere dagli altri imputati, desunta dai colloqui telefonici intercettati, che, ad avviso del ricorrente, interpretati alla luce dell’intero materiale di indagine raccolto, dimostrerebbero al contrario la sua totale estraneità al contestato traffico illecito di stupefacenti.

Quanto al capo G), il ricorrente eccepisce che la prova del coinvolgimento del [OMISSIS] nell’episodio estorsivo sarebbe stata fondata soltanto sulla sua mera presenza sul luogo del delitto, senza dimostrare il reale rapporto di causa-effetto tra questa e lo stato di timore suscitato nella parte offesa. Né, ad avviso del ricorrente, tale grave lacuna motivazionale poteva dirsi colmata dal richiamo operato nella sentenza impugnata a taluni colloqui telefonici intrattenuti con [OMISSIS] successivamente all’episodio contestato, che proverebbero al più la sola conoscenza, mal contestata dalle parti, intercorrente tra i due coimputati. Infine, il ricorrente lamenta il difetto di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, specificatamente richieste dalla difesa, e la manifesta illogicità della motivazione per la palese contraddizione tra la parte motiva ed il dispositivo con riferimento alla pena irrogata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso di [OMISSIS] deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente infondato ed in parte articolato su motivi non consentiti. Con riferimento alla censura concernente la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla affermazione di responsabilità di [OMISSIS] ai tre episodi criminosi contestati, questa aveva già formato oggetto d’appello, che la Corte. territoriale ha motivatamente rigettato, valutando gli elementi probatori emersi e spiegando la ragione per cui costui doveva ritenersi penalmente coinvolto nei fatti a lui ascritti.

2. Orbene, quanto alle censure avanzate dal ricorrente in ordine al capo B), il ragionamento probatorio della Corte di appello si rivela articolato sulle ragioni per le quali costui doveva ritenersi direttamente implicato nei traffico di eroina sequestrata a [OMISSIS]. La sentenza impugnata ha infatti evidenziato – sulla base del tenore e del contenuto di varie comunicazioni telefoniche intercettate e degli atti di p.g. effettuati – le concatenate evenienze fattuali che avevano preceduto e seguito il rinvenimento dello stupefacente in possesso del [OMISSIS] (contatti intrattenuti tra quest’ultimo e I’ [OMISSIS] per l’organizzazione di un loro incontro in Calabria, l’arrivo del [OMISSIS] a Sinopoli il giorno 21 ottobre 2005 ed il suo rientro poche ore dopo a Siracusa, la preoccupazione e la trepidazione con la quale il [OMISSIS] aveva seguito il rientro del [OMISSIS] suggerendo il comportamento da tenersi in presenza di situazioni sospette o di potenziali controlli delle Forze dell’ordine, ed ancora, l’ansia unita agli interrogativi che [OMISSIS] si era posto una volta constatata l’interruzione dei rapporti telefonici con il corriere, nel frattempo tratto in arresto, ed ancora l’interesse dimostrato per l’assistenza legale da prestarsi al [OMISSIS], la connessa valutazione del concorso nel reato dell’ [OMISSIS] che dalle stesse è tratta non prestano il fianco, sul piano descrittivo e logico, alle critiche espresse con il ricorso.

3. L’illustrata condotta dell’imputato trascende ampiamente, infatti, i caratteri del favoreggiamento, che è comunque subordinato al fatto che l’agente non sia stato coinvolto, né oggettivamente né soggettivamente, nel reato presupposto. Coinvolgimento ed effettivo concorso criminoso che nel caso dell’imputato sono conclamati dalle emergenze processuali correttamente vagliate dai giudici di appello. L’impugnazione appare piuttosto volta ad avvalorare una ricostruzione dei fatti diversa da quella ritenuta, senza peraltro mettere in evidenza contraddizioni o illogicità in quella operata dai giudici del merito.

4. Parimenti connotata dalla medesima inammissibile richiesta di rivalutazione del materiale probatorio è la doglianza dell’[OMISSIS] che riguarda il ragionamento seguito dai giudici di merito per individuare la responsabilità del ricorrente in ordine ai capi F) e G) della rubrica.
Entrambe le vicende sono state oggetto di una esauriente motivazione nel rispetto dei canoni di ordine logico, che devono orientare il giudice di merito nelle scelte da compiere nel proprio lavoro di ricostruzione storica dei fatti da provare ai sensi dell’art. 187 cod. proc. peen. In particolare, i giudici di appello hanno fondato il loro convincimento sulla base sia delle convergenti e fra di loro integrantesi dichiarazioni rese da soggetti a vario titolo coinvolti nella vicenda sia del contenuto e del tenore di numerose conversazioni intercettate, dalle quali hanno tratto il convincimento che a tale [OMISSIS] era stato affidato il compito, anche nell’interesse di [OMISSIS] di trasportare un ingente quantitativo di hashish, del valore di euro 100.000,00, che tuttavia non giungeva a destinazione; che per il recupero di tale somma era stato rintracciata dall’ [OMISSIS], che si vedeva costretto ad accettare con richieste intimidatorie l’accordo restitutorio nel corso di un incontro avvenuto in una sala giochi con la diretta partecipazione dell’[OMISSIS] che, dopo la scomparsa del [OMISSIS] aveva avviato frenetiche e non certo rassicuranti ricerche per il suo rintraccio.

5. Quanto alla censura relativa alla mancanza di prova diretta dell’esistenza della sostanza stupefacente di cui al capo F), i giudici di appello hanno desunto la consumazione del reato dalle risultanze di altre fonti probatorie (prime tra tutte le dichiarazioni del [OMISSIS] che quella partita ha ammesso di aver movimentato). E’ invero principio più volte affermato da questa Corte che il reato di detenzione a fini di spaccio o quello di spaccio non sono condizionati, sotto il profilo probatorio, al sequestro o al rinvenimento di sostanze stupefacenti, poiché la consumazione di tali reati può essere dimostrata attraverso le risultanze di altre fonti probatorie, quali le ammissioni dello stesso imputato, le deposizioni dei testimoni o il contenuto di intercettazioni (Sez. 4, n. 46299 del 28/10/2005, dep. 20/12/2005, Rv, 232826; Sez. 6, n. 13904 del 14/10/1986, dep. 06/12/1986,  Rv. 174548)

6. Relativamente alta configurabilità della minaccia estorsiva nelle telefonate fatte da [OMISSIS] al [OMISSIS], per le quali mancherebbe la prova della loro percezione da parte del soggetto passivo, la censura è manifestamente infondata posto che l’imputazione mossa al capo G) – come ritenuta in sentenza – riguarda un unico, «consumato», episodio estorsivo e non vi è contestazione di ulteriori tentativi di atti estorsivi. La Corte di merito invero ha utilizzato i messaggi telefonici del [OMISSIS] diretti al [OMISSIS] quale ulteriore elemento di riscontro probatorio del suo diretto coinvolgimento nella vicenda del traffico dei 70 Kg, di hashish e nella successiva estorsione attuata ai suoi danni, ed in particolare della pressione intimidatoria esercitata dall’imputato sul [OMISSIS].

In ordine alla utilizzabilità delle dichiarazioni “de relato” di [OMISSIS] e di quella “frazionata” delle dichiarazioni accusatorie del [OMISSIS] le relative censure sono da ritenersi inammissibili, in quanto riproducono pedissequamente i motivi di gravame avanzati in appello alla sentenza di primo grado, senza avanzare specifiche e pertinenti critiche alla sentenza impugnata.

Invero, in ordine al censurato apprezzamento delle dichiarazioni rese dal in ordine a circostanze apprese dal dalla sentenza impugnata non si evince ictu ocuIi tale preteso vizio ed il ricorso è privo della necessaria autosufficienza, non emergendo dalla stessa esposizione del ricorso il vizio di motivazione denunciato, e non essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere all’esame diretto degli atti.

7. Quanto alle dichiarazioni rese dal [OMISSIS] il ricorrente censura la ritenuta attendibilità del dichiarante, in quanto la Corte di merito lo ha definito non credibile là dove riferiva di «non essere a conoscenza del carico contenuto all’interno dell’autovettura affidatagli». Sul punto, non si rinviene alcuna affermazione in tal senso fatta dalla Corte di merito, che invece afferma che il [OMISSIS] aveva fornito versioni contrastanti soltanto sulla sorte della sostanza stupefacente trasportata, versioni che non avevano convinto coloro che su tale trasporto avevano fatto affidamento, tanto da scatenare le loro reazioni.

In ogni caso, va qui ribadito in ordine alla valutazione probatoria della chiamata di correo il principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui l’esclusione di attendibilità per una parte del racconto non implica, per il principio della cosiddetta “frazionabilità” della valutazione, un giudizio di inattendibilità con riferimento a quelle altre parti che reggono alla verifica del riscontro oggettivo esterno, sempre che non sussista un’interferenza (attuale e logica) tra la parte del narrato ritenuta falsa e le rimanenti parti e l’inattendibilità non sia talmente macroscopica, per accertato contrasto con altre sicure risultanze di prova, da compromettere la stessa credibilità del dichiarante (tra le tante, Sez. 3, n. 40170 del 26/09/2006, dep, 06/12/2006, Gentile, Rv. 235575; Sez. 1, n. 24466 del 17/03/2006, dep. 14/07/2006, Morfo’, Rv. 234412). Orbene, nel caso di specie la Corte d’appello ha, motivatamente e logicamente, ritenuto, facendo proprie le conclusioni del giudicante in prime cure, che le diverse versioni avanzate da [OMISSIS] sulla sorte dello stupefacente rispondessero all’evidente tentativo di dare una versione plausibile ai suoi interlocutori durante l’incontro chiarificatore alla sala giochi.

8. Passando al ricorso di [OMISSIS] , questo deve essere accolto parzialmente, nei termini che saranno dappresso chiariti.

E’ fondato infatti il primo motivo di ricorso con il quale denunzia il vizio della motivazione riguardante l’affermazione della penale responsabilità del [OMISSIS] in ordine al reato contestato al capo F) della rubrica.

Sul punto la motivazione appare infatti assolutamente apparente e manifestamente illogica.

Il coinvolgimento del [OMISSIS] nel traffico della sostanza stupefacente viene in definitiva basato, a differenza del correo soltanto sulla provata partecipazione alla vicenda estorsiva di cui al capo G), affermandosi al riguardo che «diversamente non potrebbero trovare spiegazione gli interventi di questo ultimo nella vicenda>>.
Le altre emergenze processuali richiamate dal giudicante (segnatamente le dichiarazioni di [OMISSIS] ed il contenuto e tenore dalle numerose conversazioni intercettate, con motivazione per relationem del provvedimento di primo grado, non contengono alcun elemento individualizzante a carico del [OMISSIS] né le richiamate comunicazioni intercettate, che evidenziano solo fréquenti contatti del [OMISSIS] con gli altri correi, ma dalle quali non emergono indizi significativi di coinvolgimento di costui nella vicenda in esame; né le dichiarazioni sopra riportate (ed è lo stesso giudicante in prime cure tra l’altro ad affermare che a suo carico non è stata effettuata alcuna chiamata in reità o correità per il delitto di cui al capo F).

Il convincimento espresso dal giudice di merito si è fondato quindi su una mera presunzione congetturale, non potendosi trarre alcuna massima d’esperienza né alcuna logica inferenza dalla partecipazione alla estorsione attuata ai danni del [OMISSIS]. Come è stato affermato dalla giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi affetta dal vizio di illogicità e di carenza della motivazione la decisione del giudice di merito che, fondandosi apparentemente su una massima di esperienza, valorizzi in realtà una mera congettura, insuscettibile di verifica empirica (tra le tante, Sez. 2, n. 44048 del 13/10)2009, dep, 18/11/2009, Cassarino, Rv. 245627).

Nel caso in esame, la sentenza mira a dare ingresso nel ragionamento probatorio ad una congettura, che risulta priva di qualunque e pur minima plausibitità, secondo cui chi partecipa ad un’operazione di traffico di stupefacenti sia poi sempre la stessa persona che si adoperi per riscuoterne il ricavato. E la debolezza di questa argomentazione viene smentita dallo stesso giudicante quando, nello stabilire il trattamento sanzionatorio (pag. 12), descrive la condotta degli imputati come quella di un’articolata attività svolta in forma organizzata, tale da poter essere ricondotta alla fattispecie di cui all’art. 74 T.U. Stup. che è di norma caratterizzata dalla ripartizione e la diversificazione dei ruoli fra i vari soggetti nell’attuazione del programma criminoso.

Sul capo F), l’annullamento della sentenza impugnata va pronunziato senza rinvio nei confronti di [OMISSIS], perché le lacune e la manifesta illogicità del ragionamento probatorio dimostrano di per sé l’insormontabile difficoltà e impossibilità di pervenire altrimenti ad una conclusione diversa dall’assoluzione con l’ampia formula liberatoria «per non aver commesso il fatto».

Ed invero considerate le esigenze di economia processuale sottese alla previsione di cui alla lettera I) dell’art. 620 cod. proc. pen., l’annullamento della sentenza di condanna va disposto senza rinvio allorché un eventuale giudizio di rinvio, per la natura indiziaria del processo e per la puntuale e completa disamina del materiale acquisito e utilizzato nei pregressi giudizi di merito, non potrebbe in alcun modo colmare la situazione di vuoto probatorio accertata (Sez. U. n. 45276 del 30/10/2003, dep. 24/11/2003, Andreotti, Rv. 226100).

Sempre in applicazione della disposizione di cui all’art. 620, comma 1, lett. I) cod. proc pen., questa Corte può altresì procedere, non essendovi necessità di giudizio nel merito, alla determinazione della pena nella misura di anni 4 di reclusione ed euro 1.333,00 di multa (da quella complessiva di anni 8 di reclusione ed euro 4.200,00 di multa deve essere eliminato l’aumento applicato per il reato di cui all’art. 73. d.P.R. n. 309 del 1990, e di seguito applicata la diminuzione di un terzo per il rito ex art. 442 cod. proc. pen.

9, E’ invece da ritenersi infondato il secondo motivo del ricorso del [OMISSIS] relativo al vizio della motivazione riguardante l’affermazione di responsabilità sul capo G) della rubrica, il ricorrente definisce “neutrale” la partecipazione dell’imputato alla vicenda, in quanto esauritasi nella «mera presenza passiva», tale da non integrare la fattispecie di reato di cui all’art. 629 cod. pen., a nulla rilevando le condotte tenute da costui successivamente alla consumazione del reato stesso.

A tal riguardo, va osservato che i giudici dei merito hanno fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione delle ragioni per le quali hanno ritenuto la responsabilità dell’imputato. Sul punto i giudici hanno valorizzato sia le dichiarazioni di [OMISSIS], che ha riferito della diretta partecipazione anche del [OMISSIS] all’episodio estorsivo perpetrato ai suoi danni, circostanza questa confermata anche dai dichiaranti sia i risultati delle intercettazioni telefoniche che dimostrerebbero il ruolo significativo svolto dall’imputato in ausilio alle nelle frenetiche ricerche del [OMISSIS] che si era dileguato per sottrarsi al pagamento.

Va ricordato in ogni caso, quanto alla condotta tenuta dal [OMISSIS] nel rintracciare il «debitore», che questa Corte ha ravvisato il concorso nel reato di estorsione anche quando il contributo causale del correo si sia limitato alla fase finale della sola riscossione dei proventi, in quanto nella fattispecie plurisoggettiva l’attività antigiuridica di ciascuno, ponendosi inscindibilmente con quella di altri correi, confluisce in un’azione delittuosa che va considerata unica e produce l’effetto di far ritenere giuridicamente attribuibile a ciascuno dei concorrenti il risultato finale dell’evento cagionato (Sez. 1, n. 41177 del 24/11/2006, dep. 15/12J2006, Del Vecchio, Rv. 235997).

10. Infine inammissibili sono le censure avanzate da entrambi i ricorrenti in ordine al trattamento sanzionatorio.

A prescindere dalla loro genericità, i ricorsi tendono a sottoporre al giudizio di legittimità questioni di mero fatto e valutazioni discrezionali in ordine all’entità della pena, rimesse alla esclusiva competenza del giudice di merito, che nel caso in esame ha mostrato di avere fatto corretta applicazione dei parametri suggeriti dagli artt. 132 e 133 cod. pen., e ha giustificato il diniego delle generiche, sia pure in forma sintetica, richiamando la gravità dei fatti contestati, quale desumibile dalle circostanze e modalità di accadimento ed anche dalla personalità e propensione all’illecito degli imputati, già raggiunti nel caso dell’[OMISSIS] da precedenti penali anche gravi e specifici. A tal riguardo la deduzione contenuta nel ricorso di quest’ultimo circa la sua incensuratezza appare del tutto assertiva, in quanto non supportata da alcuna allegazione a dimostrazione dell’assunto.

Inammissibile è anche la doglianza dell’[OMISSIS] circa la mancata concessione dell’indulto ex legge 241/2006, in quanto non è proponibile in sede di legittimità – la richiesta di applicazione dell’indulto, qualora non abbia formato oggetto di decisione nel giudizio di merito (tra le tante, Sez. 5, n. 00536 del 13/12/2006, dep. 12/01/2007, Dell’Aquila, Rv. 235775; Sez. 5, n. 43262 del 22/10/2009, dep. 12/11/2009, Albano,Rv. 245106).

11. Conclusivamente, sulla base di quanto premesso, il ricorso di [OMISSIS] va dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia, di euro mille.

Il ricorso di [OMISSIS] deve essere accolto limitatamente alla condanna per il reato di cui al capo F), con l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non aver commesso il fatto e la rideterminazione della pena nella misura indicata, con rigetto per il resto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio, nei confronti di a sentenza impugnata limitatamente alla condanna per il reato di cui all’art 73 D.P.R. n. 309 del 1990 e rideterminata la pena inflittagli in anni 4 di reclusione ed euro 1333,00 di multa. Rigetta nel resto il ricorso, Dichiara inammissibile il ricorso di [OMISSIS] e Io condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1,000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Depositata in Cancelleria il 15.11.2010

 

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