Pubblico Impiego. L’esercizio di mansioni superiori non dà luogo ad avanzamenti automatici di carriera – Consiglio di Stato, Sentenza 7584/2010
Nell’ambito del pubblico impiego, l’esercizio di mansioni superiori non dà luogo a nessun avanzamento automatico nell’inquadramento professionale del lavoratore (art. 52, comma 6, d.lgs. n. 165/2001). Lo afferma il Consiglio di Stato nella sentenza n. 7584 depositata lo scorso 20 ottobre 2010.
I giudici di Palazzo Spada affermano poi che per quanto attiene agli effetti economici derivanti dall’esercizio di mansioni superiori, deve essere riaffermato il principio già fatto proprio dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (decisione 3/2006), secondo cui il diritto al trattamento economico relativo alla qualifica superiore, nel caso di svolgimento di mansioni superiori da parte dei pubblici dipendenti, va riconosciuto con carattere di generalità solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del d.lgs. 29 ottobre 1998 n. 387 (22 novembre 1998), per effetto della modifica apportata agli artt. 56 e 57 del d.lgs. n. 29/1993 dall’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998. Va, quindi, ribadito che, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998, nel settore del pubblico impiego, salva diversa disposizione di legge, le mansioni svolte da un pubblico dipendente erano del tutto irrilevanti.
Ciò in quanto, l’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998 – che ha riconosciuto per la prima volta con carattere di generalità il diritto dei pubblici dipendenti di ottenere le differenze retributive nel caso di svolgimento di mansioni superiori a seguito di formale incarico – non avendo carattere interpretativo, non può che disporre per il futuro. Il carattere di norma di interpretazione autentica va infatti riconosciuto soltanto alle disposizioni interpretate dirette a chiarire il senso di quelle preesistenti, ovvero a escludere o a enucleare uno dei sensi tra quelli ragionevolmente ascrivibili alle fonti interpretate; mentre, nel caso della disposizione di cui trattasi, la scelta assunta dalla disposizione in questione, non rientra in nessuna delle varianti di senso compatibili con il tenore letterale del combinato disposto dei pregressi artt. 56 e 57 del d.lgs. n. 29/1993 (cfr. in tal senso, Ad. Plen. n. 3/2006, cit.).
Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 7584 del 20/10/2010
FATTO e DIRITTO
1. Il signor [OMISSIS], odierno appellante, è dipendente delle Ferrovie del sud est e servizi automobilistici, attualmente con la qualifica di “operatore qualificato della mobilità”, par. 151, qualifica attribuitagli a far data dall’11.01.2001, in esecuzione del nuovo contratto nazionale degli autoferrotranvieri, sottoscritto il 27.10.2000. Fino al 31.12.2000 egli ha, invece, rivestito la qualifica di “bigliettaio” ed è stato formalmente inquadrato nell’VIII livello retributivo e funzionale.
2. Egli sostiene che, con il passaggio dal sistema a “doppio agente” a quello ad “agente unico”, le funzioni di bigliettaio sono state progressivamente soppresse e la corrispondente qualifica è stata dichiarata ad esaurimento, e ciò in esecuzione del CCNL 23.07.76 che, in ottemperanza alle circolari del Ministero dei trasporti n. 76 dell’1.08.64 e n. 9 del 10.2.77, ha introdotto il servizio di biglietteria automatica.
Conseguentemente, deduce l’appellante, sin dal marzo 1993 egli è stato preposto in modo continuativo ed esclusivo allo svolgimento delle superiori mansioni di “verificatore titoli di viaggio” (livello retributivo VI), come risulterebbe inconfutabilmente dalle “relazioni del verificatore” regolarmente compilate dal ricorrente, nonché dalla circostanza che quest’ultimo fosse inserito nei c.d. “turni di verifica”.
3. Poiché per dette funzioni ha ricevuto soltanto una indennità forfettaria, il signor [OMISSIS] ha adito il T.a.r Lecce, al fine di ottenere la declaratoria del diritto all’inquadramento nel VI livello economico retributivo con la qualifica funzionale di “verificatore di titoli di viaggio”, con ogni conseguenza giuridica ed economica e, subordinatamente, la declaratoria del diritti di percepire il trattamento economico previsto per il citato VI livello per le mansioni superiori svolte, con conseguente condanna al pagamento delle somme maturate.
4. Con la sentenza appellata, il T.a.r. ha respinto il ricorso
Per la riforma della sentenza di primo grado, il sig. [OMISSIS] ha proposto appello innanzi al Consiglio di Stato.
5. L’appello merita accoglimento solo in parte.
6. In primo luogo, il Collegio ritiene che la circostanza che il sig. [OMISSIS] abbia svolto in maniera continuativa ed esclusiva i compiti di “verificatore di titoli di viaggio” risulta provata dalle “relazioni del verificatore” regolarmente compilate dal ricorrente e dal fatto che quest’ultimo fosse inserito nei c.d. “turni di verifica”, anche questi versati in atti.
L’esercizio in maniera prevalente, sotto il profilo quantitativo, qualitativo e temporale, delle mansioni superiori risulta, quindi, provato.
7. Per statuire sulle domande proposte dall’appellante, occorre, allora, esaminare gli effetti giuridici ed economici derivanti dall’esercizio delle mansioni superiori nel rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione.
7.1. Sotto tale profilo, deve, innanzitutto, essere ribadito il principio secondo cui, nell’ambito del pubblico impiego, l’esercizio di mansioni superiori non dà luogo a nessun avanzamento automatico nell’inquadramento professionale del lavoratore (art. 52, comma 6, d.lgs. n. 165/2001). La relativa domanda presentata dal ricorrente va, pertanto, respinta.
7.2. In ordine agli effetti economici derivanti dall’esercizio di mansioni superiori, deve essere riaffermato il principio già fatto proprio dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (con decisione 23 marzo 2006, n. 3), secondo cui il diritto al trattamento economico relativo alla qualifica superiore, nel caso di svolgimento di mansioni superiori da parte dei pubblici dipendenti, va riconosciuto con carattere di generalità solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del d.lgs. 29 ottobre 1998 n. 387 (22 novembre 1998), per effetto della modifica apportata agli artt. 56 e 57 del d.lgs. n. 29/1993 dall’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998. Va, quindi, ribadito che, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998, nel settore del pubblico impiego, salva diversa disposizione di legge, le mansioni svolte da un pubblico dipendente erano del tutto irrilevanti.
Ciò in quanto, l’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998 – che ha riconosciuto per la prima volta con carattere di generalità il diritto dei pubblici dipendenti di ottenere le differenze retributive nel caso di svolgimento di mansioni superiori a seguito di formale incarico – non avendo carattere interpretativo, non può che disporre per il futuro. Il carattere di norma di interpretazione autentica va infatti riconosciuto soltanto alle disposizioni interpretate dirette a chiarire il senso di quelle preesistenti, ovvero a escludere o a enucleare uno dei sensi tra quelli ragionevolmente ascrivibili alle fonti interpretate; mentre, nel caso della disposizione di cui trattasi, la scelta assunta dalla disposizione in questione, non rientra in nessuna delle varianti di senso compatibili con il tenore letterale del combinato disposto dei pregressi artt. 56 e 57 del d.lgs. n. 29/1993 (cfr. in tal senso, Ad. Plen. n. 3/2006, cit.).
Applicando tali principi al caso di specie discende che il diritto alle differenze retributive vantato dal ricorrente deve essere riconosciuto in parte, limitatamente alle mansioni superiori svolte nel periodo che va dal 22 novembre 1998 (data di entrata in vigore d.lgs. n. 287/1998), sino al 1° gennaio 2001, data di acquisizione della qualifica di “operatore qualificato della mobilità”.
7.3. Né in senso contrario potrebbe rilevare la circostanza che, trattandosi di questione attinente al periodo di lavoro successiva al 30 giugno 1998, la controversia rientrerebbe, ai sensi dell’art. 69 d.lgs. n. 165/2001, nella giurisdizione ordinaria.
Da un lato, infatti, sulla giurisdizione deve ritenersi ormai formato il giudicato implicito (in quanto il primo giudice ha statuito sul merito e le parti non hanno proposto appello sulla giurisdizione); dall’altro, la stretta connessione tra le due domande idealmente proposte (rispettivamente relative al periodo anteriore e posteriore alla data del 30 giugno 1998) ne impone la trattazione congiunta innanzi ad un medesimo giudice, anche alla luce dei diritto costituzionale alla ragionevole durata del processo e alla effettività della tutela giurisdizionale.
8. Le spese devono essere compensate, in ragione del parziale accoglimento della domanda.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, lo accoglie in parte, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte il ricorso di primo grado, nei sensi specificati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 luglio 2010 con l’intervento dei Signori:
Giuseppe Barbagallo, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore
Manfredo Atzeni, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 20/10/2010