CivileGiurisprudenza

Condizioni per l’adozione di minori stranieri – Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 13332/2010

ADOZIONE – ADOZIONE INTERNAZIONALE (DI MINORI) – ADOZIONE DI MINORI STRANIERI – CONDIZIONI – DICHIARAZIONE DI IDONEITA’ ALL’ADOZIONE DEI CONIUGI ASPIRANTI ADOTTANTI – RIFERIMENTO ALL’ETNIA DEL MINORE – AMMISSIBILITA’ – ESCLUSIONE

Le Sezioni Unite della Suprema Corte, pronunciando su una richiesta formulata dal Procuratore ge-nerale ai sensi dell’art. 363 cod. proc. civ., hanno affermato che, in materia di adozione internazio-nale, il decreto di idoneità all’adozione pronunciato dal tribunale per i minorenni ai sensi dell’art. 30 della legge n. 184 del 1983 e succ. modif. non può essere emesso sulla base di riferimenti all’etnia dei minori adottandi, nè può contenere indicazioni relative a tale etnia, le quali contrastano, oltre che con l’interesse del minore, che rappresenta il criterio guida cui deve uniformarsi il percorso de-cisionale, anche con il divieto di discriminazione, sancito da una serie di disposizioni costituzionali, internazionali ed interne.

Pur prendendo atto che il rifiuto degli adottanti all’accoglienza di un mino-re appartenente ad una determinata etnia si manifesta, per lo più, attraverso l’individuazione del Pa-ese di provenienza, correlata alla scelta dell’ente autorizzato a curare la procedura di adozione, la Corte ha precisato che, ove detto rifiuto si concreti in un’espressa opzione dinanzi agli organi pub-blici, tale condotta dev’essere apprezzata dal giudice di merito nel quadro dell’idoneità all’adozione, evidentemente compromessa da una disponibilità condizionata al possesso da parte del minore di determinate caratteristiche genetiche.

IMPUGNAZIONI CIVILI – CASSAZIONE (RICORSO PER) – RICORSO NELL’INTERESSE DELLA LEGGE

Le Sezioni Unite della Suprema Corte, nel pronunciare su una richiesta formulata dal Procuratore generale ai sensi dell’art. 363 cod. proc. civ., hanno individuato i tratti essenziali di tale istituto, alla stregua della disciplina novellata dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, precisando che esso si configura non già come mezzo di impugnazione, ma come procedimento autonomo, originato da un’iniziativa diretta a consentire il controllo sulla corretta osservanza ed uniforme applicazione della legge, con riferimento non solo all’ipotesi di mancata proposizione del ricorso per cassazione, ma anche a quel-le di provvedimenti non impugnabili o non ricorribili per cassazione, in quanto privi di natura deci-soria, con la conseguenza, tra l’altro, che l’iniziativa del Procuratore generale, che si concreta in una mera richiesta e non già in un ricorso, non dev’essere notificata alle parti, prive di legittimazione a partecipare al procedimento. 
 
Testo Completo: Sentenza n. 13332 del 1 giugno 2010
(Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone, Relatore M. R. San Giorgio)

 

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