Controlli automatizzati del Fisco, l’avviso bonario non è un obbligo – Cassazione Civile, Ordinanza 22035/2010
Finalizzato a offrire la possibilità di definizione, deve essere inviato dall’ufficio solo in caso di irregolarità
Con ordinanza n. 22035 del 28 ottobre, la Corte di cassazione ha stabilito che l’Amministrazione finanziaria non è obbligata dallo Statuto del contribuente a comunicare sempre l’esito della liquidazione, ma solo quando dai controlli automatici emerge un risultato diverso rispetto a quanto indicato in dichiarazione.
Avvisi bonari e comunicazioni
Si premette che l’attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria prevede delle procedure cosiddette di “controllo formale” volte a rettificare le dichiarazioni presentate dai contribuenti senza svolgere attività ispettive particolari, attraverso il semplice riscontro del contenuto delle stesse. Lo scopo dei controlli formali è quello di correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella redazione delle dichiarazioni.
Tali controlli sono previsti, ai fini delle imposte dirette, dagli articoli 36-bis e 36-ter del Dpr 600/1973, mentre per l’Iva sono stabiliti dall’articolo 54-bis del Dpr 633/1972.
Gli articoli 36-bis e 54-bis stabiliscono le procedure per i controlli automatizzati delle dichiarazioni: se da tali controlli emerge un risultato diverso da quello indicato dal contribuente, l’ufficio provvede a inviare una comunicazione in cui vengono evidenziate le rettifiche effettuate, le imposte, le sanzioni e gli interessi da versare. Alla comunicazione viene allegato anche il modello F24 precompilato per il versamento.
L’articolo 36-ter, invece, stabilisce la procedura per il controllo formale delle dichiarazioni: se dal controllo emergono delle differenze, l’ufficio comunica al contribuente le rettifiche apportate e le imposte, le sanzioni e gli interessi da versare, attraverso la notifica a mezzo posta di avvisi bonari con l’indicazione dei motivi che hanno generato la rettifica.
Ai contribuenti destinatari di questi atti è offerta la possibilità di definizione in via breve, versando quanto richiesto entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione o dell’avviso bonario.
Il versamento effettuato entro il termine indicato comporta l’applicazione della sanzione ridotta al 10% (cioè un terzo del 30% di cui all’articolo 13, Dlgs 471/1997), nel caso dei controlli automatici, e del 20% (cioè due terzi del 30%), nel caso di avvisi bonari notificati a seguito dei controlli formali.
Il fatto
La vicenda dell’ordinanza 22035/2010 riguarda i controlli formali delle dichiarazioni dei redditi (articolo 36-bis del Dpr 600/1973) e degli effetti che ne derivano.
Si tratta, in particolare, di cartelle di pagamento, notificate a un contribuente dal concessionario della riscossione, derivanti da iscrizione a ruolo di omessi versamenti Irpef e Irap, rilevati dal controllo automatizzato della dichiarazione.
L’opposizione, rigettata in primo grado, viene riformata in sede di appello, poiché la Commissione tributaria regionale ha considerato che l’Amministrazione avrebbe dovuto inviare, prima della notifica dei ruoli, apposita comunicazione di irregolarità prevista dall’articolo 6, comma 5, della legge 212/2000 (Statuto del contribuente), in base al quale, prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione medesima, l’Amministrazione finanziaria, a pena di nullità, “deve” invitare il contribuente a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un congruo termine, comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta.
L’Agenzia, quindi, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione sia dell’articolo 36-bis, sia dell’articolo 6 dello Statuto, in quanto la sentenza gravata ha erroneamente ritenuto illegittima l’iscrizione a ruolo de qua sul presupposto dell’obbligo per l’ufficio di comunicare al contribuente l’invito di irregolarità.
Per meglio comprendere l’interpretazione della Suprema corte, si precisa che la fattispecie in esame non riguarda un risultato diverso da quello indicato nella dichiarazione dei redditi (determinato, ad esempio, da errori materiali e di calcolo, da indebiti scomputi di ritenute d’acconto, da detrazioni d’imposta o esclusione di oneri indebitamente dedotti), né sussiste alcun dubbio e/o incertezza sul contenuto della dichiarazione medesima (vale a dire sui dati e gli elementi direttamente desumibili), ma interessa unicamente l’omissione e/o la carenza dei versamenti.
La decisione della Cassazione
La Corte di cassazione accoglie il ricorso argomentando che la tesi dell’obbligatorietà della comunicazione di irregolarità è infondata. Al riguardo, chiarisce innanzitutto che il 36-bis non prevede alcun obbligo, per l’ente impositore, di comunicare “in ogni caso” l’esito della liquidazione, ma esclusivamente quando dai controlli automatici eseguiti emerga un risultato non conforme a quello indicato nella dichiarazione (dei redditi, in questo caso). Peraltro, nessuna delle norme riferite impone alcuna sanzione di nullità per l’inosservanza dell’incombenza. D’altronde, spiega la Corte, nessun elemento in tal senso emerge dall’interpretazione dello stesso articolo 6 della legge 212/2000, il quale non trova applicazione generalizzata, ma soltanto nel caso in cui sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione (cfr Cassazione 4958/1989).
In effetti, sia l’articolo 36-bis, comma 3, in materia di tributi diretti, sia l’articolo 54-bis, comma 3, in materia di Iva, dispongono che debba essere data comunicazione al contribuente del risultato dei controlli automatici, solo quando tale risultato (di calcolo dell’imposta, come si evince dai due commi precedenti) è “diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione”: ipotesi di dichiarazione errata, distinta da quella, cui si riferisce l’articolo 60, comma 6, del Dpr 633/1972, di imposta regolare ma non versata; di conseguenza, il richiamo a questo articolo, contenuto nel 54-bis, è fatto nei casi di dichiarazione erronea in sede di controllo automatico (Cassazione 7160/2009).
Fuori dal caso di risultato erroneo rivelato dal controllo automatico, nessun obbligo di comunicazione è previsto dalla legge per la liquidazione di imposte, contributi, premi e rimborsi: ciò per l’evidente ragione che i dati contabili risultanti dalla liquidazione automatica “si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente” o anche, in materia di tributi diretti, dal sostituto d’imposta.
Di conseguenza, sarebbe perfettamente inutile comunicare al dichiarante i risultati del controllo automatico e interloquire con lui, se questi coincidono col dichiarato, ossia se non emerge alcun errore ovvero, con riferimento all’articolo 6, comma 5, legge 212/2000, se non “sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione“.
L’adempimento in questione è, infatti, una “comunicazione d’irregolarità”, mentre nessuna norma impone di comunicare la “regolarità” della dichiarazione (in tema di Iva, è stato affermato che l’unica funzione dell’avviso è quella di consentire al contribuente di attenuare le conseguenze sanzionatorie della realizzata omissione, fermo restando l’obbligo di corresponsione integrale del tributo (Cassazione, sentenze 907/2002 e 18022/2006).
Il principio di diritto che si può ricavare dalla pronuncia in esame è il seguente (cfr Cassazione 17396/2010): “Non è richiesta la comunicazione di irregolarità derivante dal controllo formale se l’iscrizione a ruolo deriva non da errori nella dichiarazione bensì dall’omesso o dall’insufficiente versamento di quanto dichiarato. L’adempimento in questione è, infatti, una “comunicazione d’irregolarità”, mentre nessuna norma impone di comunicare la “regolarità” della dichiarazione“.
fonte: fiscooggi.it