Il recupero dei crediti non rientra nell’esenzione Iva – Corte di Giustizia UE, Sentenza 28/10/2010
La pronunzia degli eurogiudici riguarda una questione che coinvolge la normativa fiscale del Regno Unito
Con la sentenza del 28 ottobre 2010 (procedimento C 175/09), la Corte di Giustizia europea ha chiarito che l’articolo 13, parte B, lett. d), punto 3, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, ora articolo 132, comma 1, lettera d) della direttiva 2006/112/CE, deve essere interpretato nel senso che non rientra nell’esenzione dall’Iva una prestazione di servizi che consiste, in sostanza, nel richiedere alla banca di un terzo il trasferimento, attraverso il sistema di “addebito diretto”, di una somma dovuta da detto terzo al cliente del prestatore di servizi sul conto di quest’ultimo, inviare al cliente un resoconto delle somme riscosse, contattare i terzi da cui il prestatore di servizi non ha ricevuto il pagamento e, infine, dare ordine alla banca del prestatore di servizi di trasferire i pagamenti ricevuti, diminuiti della retribuzione, sul conto corrente del cliente.
La normativa comunitaria e nazionale
La sesta direttiva, nell’istituire il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, afferma, all’articolo 2, punto 1, ora articolo 2, comma 1, lettera a) e c), che sono soggette ad Iva “le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale” .
Dopo aver enunciato il principio generale di assoggettabilità dell’imposta, la direttiva in parola disciplina “le esenzioni all’interno del Paese” individuando tra le altre, le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti ai giroconti di crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali, ad eccezione del recupero dei crediti.
Di conseguenza, al principio generale di assoggettabilità dell’imposta ad ogni operazione di cessione di beni o prestazioni di servizi si accompagnano una serie di operazioni che espressamente vengono considerate esenti.
Per quanto attiene alla disciplina nazionale britannica, si rileva che la sezione 5, punto 1, dell’allegato 9 della legge del 1994 sull’Iva, prevede l’esonero dall’imposta per le operazioni di “pagamento, trasferimento, riscossione di denaro, garanzie di crediti, cambiali e ordini di pagamento”. Con tale previsione, quindi, la legislazione britannica ha provveduto a recepire il principio delle esenzioni dettato dalla disciplina comunitaria.
L’origine della controversia
Il caso di specie è relativo alla fornitura da parte di una società britannica di una serie di servizi di supporto ai propri clienti (dentisti) tra i quali la gestione di piani di pagamento tra i clienti e i loro pazienti. In particolare, i dentisti forniscono ai propri clienti una serie di prestazioni relative a controlli periodici o qualsiasi altra prestazione di cui necessitano, in cambio di una quota di pagamento mensile fissa. Nel caso in cui il paziente si avvalga dei servizi della società, aderisce a un piano di pagamento stipulando un contratto con il dentista stesso (in base ad un formulario fornito dalla società) che generalmente prevede che il paziente versi una quota mensile alla società stessa tramite una procura a suo favore.
In sostanza, quindi, ogni mese la società procede alla riscossione dei pagamenti dovuti dai pazienti ai dentisti e successivamente accredita tali somme ai dentisti stessi, trattenendo una somma costituita in gran parte dalle commissioni che la società stessa provvede a fatturare ai singoli dentisti.
L’operazione, pertanto, si concretizza nel dar ordine, da parte della società, alla banca dei pazienti di effettuare un pagamento sul proprio conto corrente e nel successivo ordine alla propria banca di accreditare le somme sui conti correnti dei singoli dentisti, decurtate dalle commissioni dovute alla società per il servizio reso.
Secondo gli Uffici finanziari britannici tali commissioni costituiscono prestazioni assoggettate al regime Iva. La società, quindi, ha proposto ricorso dinnanzi al Tribunale inglese di prima istanza (VAT and Duties Tribunal), il quale ha ritenuto che le commissioni in parola fossero esenti da Iva in quanto rientranti tra le prestazioni ex articolo 13, parte B, lett, d), punto 3 della sesta direttiva. L’Amministrazione fiscale di Sua Maestà (i Commissioners) impugnava quindi la sentenza ma l’appello veniva respinto dalla High Court of Justice, Chancery Division, Revenue List. I Commissioners hanno quindi presentato ulteriore ricorso dinanzi al giudice del rinvio.
La Court of Appeal ha deciso, quindi, di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
•quali caratteristiche debba presentare un servizio esente da imposta che sia idoneo ad operare trasferimenti di fondi e ad implicare modifiche giuridiche ed economiche;
•se si possa ritenere che un operatore commerciale, diverso da una banca, presti un servizio esente da imposta qualora le operazioni eseguite per conto del cliente includano la riscossione, la contabilizzazione e il pagamento di somme dovute al cliente da un terzo ma non includano l’operazione di addebito sul conto corrente e la corrispondente operazione di accredito su un altro conto corrente o qualsiasi operazione intermedia fra queste;
•se la seconda questione possa essere risolta diversamente qualora il servizio prestato sia effettuato mediante la trasmissione dei dati ad un sistema elettronico che invia i dati stessi alla banca competente, anche qualora la trasmissione di detti dati non dia luogo ad un trasferimento.
Decisione della Corte
I giudici comunitari, nell’esaminare le questioni pregiudiziali congiuntamente, rilevano che, preliminarmente, occorre stabilire se le operazioni relative alla causa principale possano essere considerate più prestazioni distinte e separate o di contro se si è di fronte a un’unica operazione composta da diversi elementi.
Nel primo caso, infatti, occorre trattare le diverse operazioni singolarmente e le stesse potrebbero essere individualmente soggette ad imposizione o a esenzione. Di contro, nel secondo caso, occorre rilevare un unico trattamento.
In merito, per valutare tale aspetto occorre verificare se le operazioni siano oggettivamente strettamente connesse al punto da formare una sola prestazione, la cui scomposizione possa essere attuata solo artificialmente.
Nel caso di specie, i giudici sovranazionali rilevano che i servizi svolti dalla società britannica siano da considerare indissolubilmente connessi in quanto l’oggetto economico di tali atti consiste nel trasferimento dell’importo dovuto ogni mese dal paziente al dentista. Il trasferimento della somma dal paziente alla società infatti ha un’utilità solo qualora la stessa somma sia versata al cliente della società stessa. In questa ottica, quindi, l’insieme di operazioni deve essere considerato strettamente connesso e formante un’unica prestazione.
Per quanto attiene, poi, all’applicabilità o meno dell’Iva a tale operazione, i giudici di Lussemburgo rilevano, innanzitutto, che, per costante giurisprudenza, le esenzioni costituiscono nozioni autonome del diritto dell’Unione, che hanno quale obiettivo quello di evitare disparità di trattamento tra i diversi stati membri dell’Unione. Tali esenzioni, poi, devono essere considerate restrittivamente in quanto costituiscono eccezioni al principio generale di applicabilità dell’Iva a tutte le operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo.
Le conclusioni
Nel caso di specie, le operazioni compiute dalla società, in linea di principio, possono rientrare tra le operazioni esenti, secondo la sesta direttiva, a meno che si tratti di “recupero di crediti” che espressamente sono escluse dalle operazioni esenti. In merito, la sesta direttiva non fornisce una definizione di “recupero di crediti”, tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte, tale nozione indica le operazioni finanziarie volte ad ottenere il pagamento di un debito in denaro. Da ciò ne deriva, secondo i giudici comunitari, che il servizio svolto dalla società in esame rientri proprio tra la nozione di recupero di crediti, per i quali, come detto, la disciplina comunitaria ne esclude l’esenzione dall’Iva.
La finalità dell’attività svolta dalla società, infatti, è di far conseguire ai propri clienti il pagamento da parte di terzi e ottenere il pagamento di debiti. La circostanza poi che si tratti di debiti non ancora scaduti, non rileva, ai fini dell’applicazione della disciplina comunitaria, che esclude dall’esenzione ogni forma di recupero di crediti, di qualsiasi natura senza restringere il campo a quei crediti non ancora soddisfatti al momento della scadenza. Inoltre, proprio in virtù del fatto che ci si trova di fronte a un concetto generale, non rileva neanche la circostanza che nel caso di specie non vengano applicate misure coercitive volte ad ottenere l’effettivo pagamento dei debiti.
Maria Ingraffia
fonte: fiscooggi.it