Deducibilità fiscale dei costi. Alla società la prova dell’inerenza – di Romina Morrone
Non può essere ammessa sulla base di una descrizione generica delle prestazioni indicate nella fattura
In mancanza di elementi certi e precisi da parte del contribuente, non sono deducibili dal reddito di impresa i costi ritenuti dall’Ufficio non inerenti.
Lo ha affermato la Corte di cassazione con L’ordinanza n. 19489 del 13 settembre.
Il caso
Con avvisi di accertamento relativi anche alle imposte dirette ed emessi nei confronti di una società che svolge attività di fornitura di reattivi chimici a depuratori, aziende zootecniche e piscine, l’Agenzia ha disconosciuto la deducibilità dei “costi di assistenza alla clientela e di ricerche di mercato”.
La Commissione tributaria regionale del Lazio ha affermato, in ordine alla deducibilità dei predetti costi ritenuti non inerenti, che l’Ufficio non ha “sufficientemente dimostrato il suo assunto non potendosi escludere, a causa della particolare attività della ditta (fornitura di reattivi chimici a depuratori, aziende zootecniche, piscine), il ricorso a terzi per assistenza alla clientela e ricerche di mercato”.
Con ordinanza n. 19489 del 13 settembre, la Corte ha ribadito il consolidato principio secondo il quale, “… in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’onere della prova circa l’esistenza ed inerenza dei componenti negativi del reddito incombe al contribuente: a tal riguardo, l’abrogazione del DPR 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 75, comma 6, ad opera del DPR 9 dicembre 1996, n. 695, articolo 5, comporta solo un ampliamento del regime di prova dei costi da parte del contribuente, prova che può essere fornita anche con mezzi diversi dalle scritture contabili (purché costituenti elementi certi e precisi, come prescritto dall’articolo 75, comma 4), ma non certamente l’attenuazione della regola sulla ripartizione dell’onere della prova (Cass. nn. 12330 del 2001,4218 e 18000 del 2006, 16115 del 2007, 3305 del 2009)”.
Osservazioni
In relazione alla deducibilità fiscale di un costo, i giudici di legittimità confermano che è il contribuente a dover dimostrare l’inerenza della spesa all’attività svolta mediante elementi certi e precisi (Cassazione 4755/2010).
La prova del sostenimento e “… dei presupposti dei costi … concorrenti alla determinazione del reddito d’impresa, ivi compresa la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi,…” non spetta, quindi, all’Amministrazione finanziaria che abbia recuperato tali elementi negativi, quanto piuttosto al contribuente che ne chiede la deducibilità (Cassazione 739/2010).
Non si tratta di un’inversione dell’onere della prova, ma dell’applicazione del principio generale contenuto nell’articolo 2967 codice civile, secondo il quale il contribuente che vuole ottenere il riconoscimento di un determinato risultato positivo deve provarlo.
E tale prova non può essere fornita mediante il ricorso a regole di esperienza (Cassazione 3419/2010) né mediante mere rappresentazioni contabili, perché non è in discussione l’esistenza del costo in termini di sussistenza, ammontare ed effettiva sopportazione.
Nella fattispecie in esame si controverte, infatti, sulla circostanza che le fatture, ricevute dalla società a seguito del servizio erogato da terzi nei suoi confronti, recano una sommaria indicazione delle prestazioni di “assistenza alla clientela e ricerca di mercato” e che, a causa di tale genericità, l’ufficio non avrebbe potuto riconoscere la deducibilità dei relativi costi, se non sulla base della volontà della società di collegare gli stessi costi all’attività di impresa.
Al riguardo, l’articolo 109, comma 5, nuovo Tuir (già articolo 75, comma 5) prevede, per la corretta imputazione dei componenti negativi di reddito al periodo d’imposta, che “le spese e gli altri componenti negativi … sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività … da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito …”, quali elementi causali diretti alla produzione di reddito, “… funzionalmente e direttamente collegati con le attività produttive dell’impresa…” (Cassazione 4559/2010).
Tale collegamento dei costi può essere adeguatamente provato anche con mezzi diversi dalle scritture contabili tradizionali, a seguito dell’abrogazione dell’articolo 75, comma 6, del Dpr 917/1986.
Quest’ultima disposizione non riconosceva la deducibilità dei componenti negativi la cui registrazione era stata omessa o eseguita irregolarmente, nonostante richiesta oltre che a libro giornale, anche in apposite scritture previste dalle norme dettate per l’accertamento delle imposte sul reddito (ad esempio, nel registro dei beni ammortizzabili di cui all’articolo 16, comma 1, Dpr 600/1973).
Di conseguenza, attesa la suddetta modifica normativa (applicabile anche ai procedimenti pendenti – Cassazione, sentenze 889/2002 e 1528/2002), “la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi, in presenza dei requisiti indicati nell’art. 75 D.P.R. n. 917/86,” – ora 109 del Tuir – “non è preclusa né dalla violazione degli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture contabili”, ex articolo 22 del Dpr 600/73, “risolvendosi tale violazione nell’impossibilità per l’imprenditore di giovarsi della prova documentale per dimostrare l’esistenza di un fatto a sé vantaggioso…; né dall’omessa o irregolare registrazione dei costi …” (Cassazione 10090/2002).
La scelta dei mezzi di prova utilizzabili è ora lasciata al contribuente purché, tuttavia, vengano rispettate le condizioni di certezza e precisione previste dall’articolo 109, comma 4, del Tuir.
Nel caso sottoposto ai giudici di legittimità, non superano la prova dell’inerenza le spese sostenute che non “provengano da elementi certi e precisi” ma sono desumibili in via meramente ipotetica, senza che la stessa parte abbia fornito “… alcun elemento utile alla specifica delle prestazioni genericamente esposte in fattura …” (Cassazione, ordinanza 19489/2010), ovvero, come in altri casi, l’eventuale “… documentazione di supporto, dalla quale possa ricavarsi, oltre che l’importo, la ragione…” della spesa inserita nella contabilità aziendale (Cassazione 6650/2006).
Romina Morrone
fonte: FiscoOggi.it