Normativa antimafia. Non necessaria la definitività degli accertamenti penali per l’esclusione dall’appalto – Consiglio di Stato, Sentenza 7260/2010
Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza n. 7260 del 01/10/2010
La misura interdittiva prevista dall’art. 4 del d.lgs. n. 490/1994 – Disposizioni attuative della legge 17 gennaio 1994, n. 47, in materia di comunicazioni e certificazioni previste dalla normativa antimafia nonché disposizioni concernenti i poteri del prefetto in materia di contrasto alla criminalità organizzata – non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certo sull’esistenza della contiguità con organizzazioni malavitose e del condizionamento in atto dell’attività di impresa ma può essere sorretta da elementi sintomatici ed indiziari, per così dire prognostici, da cui emergano gli elementi di pericolo di dette evenienze (cfr. ex multis Cons. St., Sez. VI, n. 901 del 17 febbraio 2009; n. 364 del 30 gennaio 2007; Sez. V, n. 2796 del 30 maggio 2005).
Pur essendo assoggettata al sindacato giurisdizionale sotto il profilo della sua logicità e dell’accertamento dei fatti rilevanti, il giudizio dell’autorità si collega ad una propria ed ampia sfera di discrezionalità. Spettano infatti all’Autorità i compiti di ricerca e valutazione degli elementi rilevatori delle condizioni di pericolo ipotizzate dal richiamato art. 4 del d.lgs. n. 490/1994. Ne consegue che il sindacato in sede giurisdizionale si attesta nei limiti dell’assenza di eventuali vizi della funzione che possano essere sintomo di un non corretto esercizio del potere quanto alla completezza dei dati acquisiti, alla non travisata valutazione dei fatti ed alla logicità delle conclusioni (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, n. 901/2009 cit.).
Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza n. 7260 del 01/10/2010
(Presidente, Lamberti; Estensore, Capuzzi)
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 164 del 2010, proposto da:
Consorzio XXXX,
contro
YYYY, Ministero dell’Interno Dipartimento della Pubblica Sicurezza-Direzione Investigativa Antimafia di Napoli
nei confronti di
ZZZZ;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE I n. 08660/2009, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO ANNUALE DI SERVIZI SOCIO-SANITARI – RISARCIMENTO DANNI.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 giugno 2010 il Cons. Roberto Capuzzi e uditi per le parti gli avvocati Labriola e l’Avvocato dello Stato Maddalo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il AAAA, aveva impugnato dinanzi al Tar Campania, sede di Napoli, la determina n. 1506 del 18 maggio 2009, a firma del dirigente dell’A.s.l., di ritiro dell’aggiudicazione provvisoria inizialmente disposta nei propri confronti, relativa alla gara per l’affidamento annuale di servizi socio-sanitari con contestuale aggiudicazione definitiva alla seconda graduata ZZZZ e la relativa nota di comunicazione; la nota della Prefettura prot. n. 795/12.b.16/ANT/AREA 1^ del 28 aprile 2009, nonché tutti gli atti di indagine posti a base dell’informativa gravata, ivi compresa la nota del G.i.a. della Prefettura del 19 febbraio 2009, la nota del comando provinciale dei Carabinieri n. 0204881/7-6 del 27 maggio 2009, la nota CAT. Q2/2/ANT/B.N. del 14.2.2009 della Questura, la nota 62954 del 4.2.09 della Guardia di Finanza – Nucleo polizia tributaria.
Tali atti erano stati adottati sulla base dell’informativa antimafia dell’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta prot. n. 795/12.b.16/ANT/AREA 1^ del 28 aprile 2009, in cui si era rappresentato il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata.
Il Tar respingeva il ricorso .
La sentenza del Tar viene appellata dalla Cooperativa ricorrente con pluralità di motivi e dovizia di argomentazione formulando altresì una richiesta di risarcimento danni (reintegrazione del Consorzio ricorrente nell’affidamento del servizio revocato ovvero per equivalente ).
Si è costituito il Ministero dell’Interno con gli uffici della Avvocatura dello Stato chiedendo la conferma della sentenza.
In vista della udienza di trattazione la appellante ha depositato ulteriori memorie difensive quantificando i danni subiti.
Alla udienza pubblica del 25 giugno 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Assume la appellante che la sentenza del primo giudice, nei vari passaggi motivazionali ed in specie in quello riferito all’arresto del presidente del consiglio di sorveglianza per concorso in ricettazione e riciclaggio al fine di favorire la organizzazione mafiosa dei “casalesi” ed in quello riferito alla società GGGG, consorziata della appellante, di proprietà di NNNN, sarebbe illogica ed immotivata. In particolare per l’appellante gli elementi acquisiti dalla Prefettura non sarebbero sufficienti a configurare il tentativo di infiltrazioni mafiose e giustificare quindi il ritiro della aggiudicazione provvisoria già disposta nei confronti della società Agape.
2.L’appello tuttavia non merita accoglimento.
La giurisprudenza amministrativa ha posto in rilievo che la misura interdittiva prevista dall’art. 4 del d.lgs. n. 490/1994 non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certo sull’esistenza della contiguità con organizzazioni malavitose e del condizionamento in atto dell’attività di impresa ma può essere sorretta da elementi sintomatici ed indiziari, per così dire prognostici, da cui emergano gli elementi di pericolo di dette evenienze (cfr. ex multis Cons. St., Sez. VI, n. 901 del 17 febbraio 2009; n. 364 del 30 gennaio 2007; Sez. V, n. 2796 del 30 maggio 2005).
Infatti il giudizio dell’autorità si collega ad un’ampia sfera di discrezionalità dell’Autorità cui spettano i compiti di polizia e di mantenimento dell’ordine pubblico quanto alla ricerca ed alla valutazione degli elementi rilevatori delle condizioni di pericolo ipotizzate dal ripetuto art. 4 del d.lgs. n. 490/1994 con l’effetto che il sindacato in sede giurisdizionale si attesta nei limiti dell’assenza di eventuali vizi della funzione che possano essere sintomo di un non corretto esercizio del potere quanto alla completezza dei dati acquisiti, alla non travisata valutazione dei fatti ed alla logicità delle conclusioni (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, n. 901/2009 cit.).
D’altro canto l’esigenza di contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa nel modo più efficace, e dunque anche nel caso in cui sussistano semplici elementi indiziari, non esclude che la determinazione prefettizia, che disponga l’interruzione di rapporti tra P.A. e società su cui grava (o su cui gravi anche solo il sospetto) l’esistenza di cause interdittive, pur se espressione di un ampia discrezionalità, non possa essere assoggettata al sindacato giurisdizionale sotto il profilo della sua logicità e dell’accertamento dei fatti rilevanti (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, n. 1056 del 7 marzo 2007).
3. Nel caso in esame non emergono sintomi di non corretto o illogico esercizio del potere esercitato o di insufficiente istruttoria, né un travisamento in merito alla valutazione dei fatti acquisiti .
Nella nota del 26 maggio 2008 il Comando Provinciale Carabinieri ha evidenziato che il presidente del consiglio di sorveglianza della società era stato tratto in arresto per reati di ricettazione e riciclaggio al fine di favorire il clan egemone sul territorio.
Il fatto che il suddetto sia uscito dalla compagine sociale poco tempo prima il suo arresto non ha alcun significato nella vicenda in esame e non è idoneo a sconfessare gli elementi obiettivamente sintomatici di connessioni o collegamenti indiziari con la criminalità organizzata risultanti dalle indagini, essendo evidente, come evidenziato correttamente dal Tar, il pericolo di infiltrazione diretto a condizionare le scelte di un operatore economico nei suoi rapporti con l’ente pubblico, desumibile dall’inserimento nella struttura societaria di un soggetto chiaramente vicino all’organizzazione criminale dominante sul territorio tanto più che il soggetto arrestato ha rivestito in anni precedenti la carica di presidente del consiglio di amministrazione. A ciò si aggiunga che il medesimo soggetto è stato proposto per l’applicazione di una misura patrimoniale, in cui l’accusa richiedeva contestualmente il sequestro di beni del consorzio Agape.
Se è pure vero che, come sottolineato ampliamente nel secondo motivo di appello, il g.i.p. non ha reperito elementi di collegamento sufficienti ai fini dell’estensione della misura patrimoniale, in quanto è stato escluso un collegamento patrimoniale tra il soggetto di cui sopra ed il Consorzio appellante, resta implicita e significativa la vicinanza dello stesso nella trama degli interessi economici del clan dei casalesi.
Secondo la ricostruzione della Prefettura la Cooperativa () risulta essere di proprietà di P s.r.l. di cui è socio di maggioranza un noto imprenditore coinvolto i fatti di camorra nel settore dei rifiuti per reati di estorsione continuata effettuati allo scopo di agevolare secondo la ipotesi della dia gli interessi patrimoniali del clan dei casalesi.
L’appellante sostiene, con ampie e dettagliate argomentazioni, che la partecipazione societaria in parola non sarebbe rilevante ed indica a sostegno di tale deduzione la nota dei Carabinieri 20.6.2008.
Senonchè, come evidenziato dal primo giudice, il riferimento a tale nota non è decisivo in quanto alla stessa ha fatto seguito altra comunicazione del Comando dei Carabinieri del 27.5.2009 nella quale il Comando si rideterminava nel senso della rilevanza dei rapporti esistenti tra la cooperativa () ed XXXX e della sussistenza del pericolo di infiltrazione mafiosa nel Consorzio XXXX.
Sulla questione del prestito senza interessi fatto da () ad XXXX l’appellante assume che il fatto è insignificante data la neutralità della operazione conclusasi con la restituzione integrale del finanziamento ricevuto. Contrariamente a quanto sostenuto la questione non appare insignificante perché prova il collegamento tra le due società tanto più che la circostanza del finanziamento infruttifero è solo una delle due circostanze indiziarie poste a fondamento del rilievo mentre l’altra riguarda la figura di tale Lagravanese Luigi che risulta all’epoca dei fatti, legale rappresentante di tutte e due le società Agape e Punto H e conferma la cointeressenza ed il collegamento tra le due società.
In sostanza come anche evidenziato dal primo giudice, alla luce degli elementi rappresentati in giudizio, l’U.T.G. ha offerto una ragionevole prospettazione in chiave di effettivo sospetto di prossimità della cooperativa H e del consorzio Agape ad ambienti della criminalità organizzata. I collegamenti societari ed i soggetti coinvolti nell’indagine offrono quell’indice di permeabilità mafiosa sufficiente, secondo la consolidata, soprarichiamata giurisprudenza, a sostenere un giudizio sfavorevole in sede di informativa prefettizia.
4. Quanto alle censure avverso il provvedimento dell’amministrazione appaltante si tenga conto che questo ultimo costituisce una ragionevole determinazione presa sulla base delle risultanze emerse dall’istruttoria, con particolare riferimento alle acquisizioni sugli accertamenti antimafia disposti dalla Prefettura la quale restringe significativamente gli spazi di determinazione discrezionale della ammissione o meno alla gara pubblica di soggetti rispetto ai quali sussistono pericoli di contiguità con la delinquenza organizzata.
5. In conclusione, l’appello deve essere respinto.
6. Spese ed onorari per la peculiarità delle questioni trattate possono essere integralmente compensati.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, quinta Sezione, definitivamente decidendo respinge l’appello in epigrafe indicato.
Compensa spese ed onorari.
Depositata in cancelleria il 1 ottobre 2010