Giro di vite della Cassazione sulla cattura dei barconi illegali – Cassazione penale, Sentenza 32960/2010
L’inseguimento e la cattura in mare di una nave straniera “che abbia violato le leggi dello stato rivierasco” sono legittimi “purche’ l’inseguimento inizi non appena una delle imbarcazioni minori operanti in equipe con essa ed addette al trasbordo della merce verso terra, entri nelle acque territoriali”. Cosi’ la Cassazione fissa i limiti entro i quali l’autorita’ italiana puo’ intercettare un barcone, carico di extracomunitari, sorpreso a navigare in acque internazionali.
La Suprema Corte ha cosi’ affrontato il caso di due stranieri, condannati dalla Corte d’appello di Reggio Calabria a 8 anni di reclusione, per aver compiuto “atti idonei a procurare l’ingresso illegale nel territorio dello Stato” di 63 persone, trasportate su una motonave turca e poi trasbordati su un gommone condotto dai due imputati ed intercettato dalla Guardia di Finanza. La prima sezione penale di ‘Palazzaccio’ ha annullato senza rinvio la sentenza d’appello dichiarando il difetto di giurisdizione dell’autorita’ giudiziaria italiana: “le vicende di causa – si legge nella sentenza n.32960 depositata oggi – si sono dipanate ben oltre lo spazio delle acque territoriali italiane, com’e’ noto estese fino a 12 miglia marine dalla costa, ne’ in alcun modo puo’ correttamente invocarsi la nozione di diritto internazionale della ‘zona contigua’, disciplinata dall’articolo 33 della Convenzione di Montego Bay”, poiche’ lo Stato turco, “stato di appartenenza degli imputati – rilevano gli ‘ermellini’ – e Stato di bandiera della motonave con la quale sono stati trasportati i cittadini extracomunitari destinati allo sbarco clandestino in Italia, non ha mai aderito ad essa”. Inoltre, nella sentenza impugnata, concludono i giudici di piazza Cavour, “non e’ legittimamente applicato il diritto di inseguimento di una nave straniera da parte delle autorita’ italiane se l’inseguimento non inizi all’interno delle acque territoriali (ovvero della zona contigua quando ricorra il suo legittimo riconoscimento da parte dei Paesi coinvolti nella condotta) proseguendo poi senza soluzione di continuita’, salva l’ipotesi della cosiddetta ‘presenza costruttiva’”, principio “in forza del quale, anche in costanza di reati consumati di acque internazionali, allorche’ gli stessi siano connessi con reati consumati nel mare territoriale, e’ legittimo l’inseguimento che parta dalle acque nazionali e prosegua in quelle internazionali”.