Penale

La Cassazione censura espressioni del tipo ’serve un uomo’. Sono diffamanti e costituiscono una discriminazione nei confronti delle donne

Mai più espressioni del tipo ’serve un uomo’. Si tratta, dice la Cassazione, di una vera e propria discriminazione nei confronti delle donne passibile di condanna per diffamazione. Un’offesa a tutti gli effetti che fa scattare il risarcimento a favore del gentil sesso. In questo modo la quinta sezione penale ha reso definitiva una condanna per diffamazione con tanto di cospicuo risarcimento nei confronti di un giornalista di un quotidiano di Caserta e del suo interlocutore, un sindacalista della Cisl, colpevoli di aver pubblicato un articolo sul carcere di Arienzo diretto da una direttrice donna Carmela Campi, in cui si diceva testualmente ‘Carcere, per dirigerlo serve un uomo’.

 

Secondo la Cassazione correttamente l’articolo è stato ritenuto diffamatorio dalla Corte d’Appello di Salerno nel febbraio 2009 in quanto l’espressione “è riferita al solo fatto di essere una ‘donna’ gratuito apprezzamento contrario alla dignità della persona perché ancorato al profilo, ritenuto decisivo, che deriva dal dato biologico dell’appartenenza all’uno o all’altro sesso”.

Per aver sostenuto che nel carcere era meglio la gestione di un uomo rispetto di quella al femminile, l’articolista e il suo interlocutore sono stati condannati dalla Corte d’Appello di Salerno ad una multa per diffamazione e a risarcire la direttrice offesa con 7.000 euro. Inutile il ricorso in Cassazione volto a dimostrare che nell’articolo, che tra l’altro voleva mettere in evidenza i difficili rapporti sindacali con la direttrice, si era esercitato il diritto di cronaca. Piazza Cavour (sentenza 10164) ha respinto il ricorso e ha evidenziato che correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che la frase ’sarebbe meglio una gestione al maschile’ è “oggettivamente diffamatoria ed è da sola idonea ad affermare la responsabilità sia dell’intervistato che dell’intervistatore”.

”Il pronunciamento della Suprema Corte – ha commentato il ministro per le Pari Opportunita’, Mara Carfagna – mette uno stop alle critiche di ‘genere’ e mi trova del tutto d’accordo. Ritengo che si tratti di un necessario passo avanti per arrivare alla ‘tolleranza zero’ nei confronti delle discriminazioni. Negli ultimi anni, sicuramente c’e’ stato un consistente miglioramento della condizione femminile, tuttavia, ancora oggi, ci troviamo di fronte, quotidianamente, ad episodi di discriminazione”.

La sentenza, ha aggiunto Carfagna, ‘’sara’ un utile strumento per sradicare il persistente pregiudizio e la supponenza, fatta di inopportune ‘battutine’, sulle donne. Le donne, infatti, hanno dimostrato e dimostrano ogni giorno di essere esattamente come gli uomini nel mondo lavoro, se non, spesso, piu’ competenti e produttive. E’ giusto, dunque – conclude il ministro – che atteggiamenti di questo genere siano puniti severamente con la pena prevista per il reato di diffamazione”.

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