Lecita la pubblicazione di intercettazioni false ma ritenute vere – Cassazione Civile Sentenza 5081/2010
In primo grado, i giudici avevano stabilito che i giornalisti del gruppo l’Espresso dovessero risarcire per diffamazione, l’ex pm con 100 milioni di vecchie lire, mentre in appello, la domanda di risarcimento danni avanzata da Misiani era stata rigettata.
Anche la Suprema Corte ha ritenuto che i giornalisti non fossero tenuti a pagare alcun risarcimento: la Corte d’appello, si legge nella sentenza n.5081, ha affermato “per quanto riguarda la trascrizione delle intercettazioni, successivamente rivelatasi false, che il giornale ben poteva ritenerle vere perche’ proprio in base ad esse il Misiani venne rinviato a giudizio, anche se poi assolto, per il reato di favoreggiamento”. Nel momento in cui le intercettazioni furono pubblicate, dunque, “i giornalisti – sottolinea la Cassazione – avevano motivo di ritenerle vere anche se il successivo svolgimento dei fatti le ha smentite”.
Gli ‘ermellini’, dunque, ricordano che “il giornalista va esente da responsabilita’ non in virtu’ della mera verosimiglianza dei fatti narrati, ma solo a seguito dell’avvenuta dimostrazione dell’involontarieta’ dell’errore, dell’avvenuto controllo – con ogni cura professionale, da rapportare alla gravita’ della notizia e all’urgenza di informare il pubblico – della fonte e della attendibilita’ di essa, onde vincere dubbi e incertezze in ordine alla verita’ dei fatti narrati”.