Il gestore di un parcheggio di auto è sempre responsabile del furto del veicolo. – Cassazione Civile, Sezione III Civile, Sentenza n. 1975 del 27/01/2009
L’avviso affisso prima dell’ingresso nell’area di parcheggio attraverso il quale il gestore dichiara di non rispondere, tra l’altro , del furto totale o parziale del veicolo è privo di efficacia, trattandosi di una clausola di carattere vessatorio escludente la responsabilità del gestore non approvata specificamente per iscritto ai sensi dell’art.1341 c.c secondo comma.
La Corte afferma altresì che il parcheggio di un’auto all’interno di un piazzale gestito da una ditta privata configura un contratto atipico di parcheggio, in quanto tale assimilabile al deposito, con conseguente obbligo di custodia da parte del depositario ( art.1766 c.c). A tal fine non è necessario l’affidamento del veicolo ad una persona fisica, in quanto la consegna può materialmente realizzarsi attraverso l’ immissione dell’auto nell’area di parcheggio a ciò predisposta, ben potendo l’obbligo di custodia prescindere dalla presenza di persone addette specificamente a ricevere quella consegna ed a effettuare la sorveglianza, e bastando all’uopo diverse modalità, quali l’adozione di sistemi automatizzati per la procedura di ingresso e di uscita dal parcheggio mediante schede magnetizzate. Pertanto, alla stregua di quanto detto il parcheggio di un auto all’interno di un piazzale gestito da una ditta comporta la responsabilità del gestore nel caso di furto del veicolo.
Anna Sabia
Cassazione Civile, Sezione III Civile, Sentenza n. 1975 del 27/01/2009
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 31 ottobre 1997 la Uap Italiana s.p.a. (già L’Abeille Compagnia Italiana di Assicurazioni s.p.a.), premesso che ignoti avevano rubato l’autoveicolo Pajero, di proprietà di I. Domenico, che era stato lasciato nel parcheggio gestito dall’A.T.M. – Azienda Trasporti Municipali e che, essendo il veicolo assicurato contro il furto con L’Abeille, questa il 24 marzo 1997 aveva versato all’assicurato la somma di Lire 45.000.000, conveniva in giudizio dinanzi al Pretore di Milano l’ATM chiedendo che la medesima venisse condannata ex art. 1916 c.c. a pagarle la somma predetta, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
Riassunta la causa, non iscritta a ruolo, con atto notificato il 21 maggio 1998, si costituiva l’ATM, contestando la fondatezza della domanda.
Il Tribunale di Milano rigettava la domanda e, proposto appello avverso detta sentenza da parte della Axa Assicurazioni s.p.a. (già Uap Italiana), gravame resistito dall’ATM, la Corte d’appello di Milano con sentenza depositata il 19 marzo 2004 condannava l’appellata a pagare all’appellante la somma di Euro 23.240,56, oltre rivalutazione dal 24 marzo 1997 e gli interessi legali sulla somma stessa, rivalutata anno per anno secondo gli indici Istat sul costo della vita, dal 24 marzo 1998 alla data della sentenza, nonché gli interessi legali sulla somma finale rivalutata sino al saldo.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’ATM, con due motivi, mentre l’Axa ha resistito al gravame con controricorso.
L’ATM ha deposto in atti anche una memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1766 e ss. c.c. in relazione agli artt. 1571 c.c., 15 l. 122/1989 e 7, comma 1, lett. f), d.lgs. 285/1992, la violazione dell’art. 1341, comma 2, c.c., nonché carente, illogica e contraddittoria motivazione su punti essenziali della controversia, avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto che nella specie dovesse essere applicata la normativa relativa al contratto atipico di parcheggio.
Con il secondo motivo lamenta invece omessa e/o insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo circa la prova dell’accadimento materiale del fatto.
1. Il primo motivo è infondato.
Ed invero, la Corte d’appello ha esposto, con motivazione assolutamente congrua ed esente da vizi logici e giuridici, le ragioni per le quali ha ritenuto che nel caso di specie si vertesse in tema di contratto atipico di parcheggio e che ad esso si applicasse la disciplina di cui agli artt. 1766 ss. c.c. ed in particolare quella dettata per il deposito oneroso, facendo riferimento alla circostanza che la consegna dell’autoveicolo dell’I. al gestore era avvenuta con la sua immissione nell’area recintata di Cascina Gobba previo superamento di una sbarra, che poteva avvenire solo dopo il rilascio di una scheda magnetica da un apposito dispositivo, mentre lo stesso conducente poteva uscire dopo aver pagato, mediante l’introduzione, in altro apparecchio, della predetta scheda, il corrispettivo dovuto e dopo l’immissione della stessa scheda in una macchina per la conferma dell’eseguito pagamento.
La stessa Corte ha altresì evidenziato la circostanza che dall’avviso affisso prima dell’ingresso nell’area di parcheggio (riproducente l’estratto del regolamento approvato dalla giunta comunale milanese con delibera n. 1740 del 24 novembre 1993) risultava che l’ATM non rispondeva, tra l’altro, per il furto totale o parziale del veicolo, ma ha giustamente considerato tale limitazione di responsabilità affatto inefficace, in quanto non approvata specificamente per iscritto ai sensi dell’art. 1341, secondo comma, c.c., dovendosi essa ritenere quale condizione generale di contratto ed essendo il suddetto avviso assimilabile a tutti gli effetti ad un’offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. (v. Cass. civ., 15 novembre 2002, n. 16079).
Anche sull’elemento essenziale per la configurabilità del contratto atipico di parcheggio come assimilabile, quanto alla disciplina giuridica applicabile, al deposito, e cioè l’obbligo di custodia da parte del depositario (art. 1766 c.c.), giustamente la Corte di merito ha rilevato come non sia affatto necessario l’affidamento del veicolo ad una persona fisica, poiché la consegna può materialmente realizzarsi attraverso la sua immissione nell’area a ciò predisposta, previo perfezionamento del contratto mediante introduzione di monete nell’apposito meccanismo, ben potendo l’obbligo di custodia prescindere dalla presenza di persone addette specificatamente a ricevere quella consegna e ad effettuare la connessa sorveglianza e bastando all’uopo diverse ed equipollenti modalità, quali appunto l’adozione di sistemi completamente automatizzati per la procedura di ingresso e di uscita dei veicoli dal parcheggio mediante schede magnetizzate.
Va ancora aggiunto, per completezza di motivazione, che la Corte territoriale, contrariamente a quanto eccepito dalla ricorrente, non ha trascurato, nel corso dello svolgimento dell’iter logico-argomentativo in ordine alla qualificazione giuridica del contratto di parcheggio, di prendere in considerazione il contenuto dell’art. 7, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 285/1992.
Risulta, infatti, dall’esame della sentenza impugnata (v. pagg. 8-9), che la Corte di merito ha motivatamente escluso l’applicabilità nel caso di specie della norma suddetta, atteso che quest’ultima riguarda la destinazione di zone cittadine a parcheggio con dispositivi di controllo della durata della sosta a pagamento, e cioè in sostanza la sola sosta dei veicoli nella pubblica via, mentre nella specie si è trattato di parcheggio entro un’area recintata, al cui ingresso risultava apposto l’avviso sopra menzionato mediante il quale il gestore del parcheggio stesso effettuava un’offerta al pubblico ai sensi dell’art. 1336 c.c.
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Quello introdotto con il presente motivo risulta, infatti, un tema di contestazione che non aveva mai formato oggetto di dibattito tra le parti nell’ambito dei giudizi di merito, per cui ne resta precluso l’esame per la prima volta nel giudizio di legittimità.
Si aggiunga che il motivo difetta inoltre del requisito di autosufficienza, in quanto incombeva comunque alla ricorrente, trattandosi di questione giuridica (assolvimento dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c.) che implica un accertamento di fatto in ordine alla sussistenza o meno del furto dell’auto in danno dell’I., l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione stessa dinanzi al giudice di merito, ma anche di specificare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, in modo tale da consentire a questa Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito tale questione (v. Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2002, n. 14905).
3. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla soc. Axa Assicurazioni le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.