Penale

Violenza sessuale possibile anche con i jeans – Cassazione Penale, Sezione III, Sentenza n. 30403 del 21/07/2008

"I jeans non sono paragonabili ad una specie di
cintura di castità ". Lo stabilisce nuovamente la Cassazione nella sentenza con
cui ha confermato la condanna nei confronti di un 37enne che aveva molestato la
figlia, ancora adolescente, della sua compagna infilandole le mani sotto i
jeans. La giovane aveva raccontato tutto al padre e al ragazzo. Quindi era
scattata la denuncia. A maggio del 2005 il gip del tribunale di Padova aveva
condannato l’uomo a un anno di reclusione per violenza sessuale. La corte
d’appello di Venezia, a ottobre del 2007, aveva confermato il verdetto. Contro
questa decisione l’imputato aveva fatto ricorso in Cassazione sostenendo che la
ragazza era seduta sul divano con i jeans aperti e che quindi questo significava
che fosse in qualche modo consenziente. La Terza Sezione Penale respinge oggi
questa tesi sostenendo che "il fatto che la ragazza indossasse pantaloni di tipo
jeans non era ostativo al toccamento interno delle parti intime, essendo
possibile farlo penetrando con la mano dentro l’indumento non essendo questo
paragonabile ad una specie di cintura di castità ". La Cassazione torna a
occuparsi di violenze sessuali su donne in jeans, dopo dieci anni di sentenze
controverse e di segno opposto. La pronuncia che fece più scalpore fu quella del
febbraio 1999 che stabilí l’impossibilità  di parlare di violenza nel caso in cui
la vittima portasse i blue-jeans. L’indossare l’indumento significava "essere
consenziente" a causa della difficoltà  di sfilare i pantaloni "senza la fattiva
collaborazione di chi lo porta". Da allora una serie di marce indietro: la prima
due anni dopo quella pronuncia, ora l’ultima.

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