La Sardegna non può affermare la sovranità del popolo sardo – CORTE COSTITUZIONALE, Sentenza n. 365 del 07/11/2007
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E’
costituzionalmente illegittimo
la rubrica
della legge della Regione Sardegna 23 maggio 2006, n. 7 (Istituzione,
attribuzioni e disciplina della Consulta per il nuovo statuto di autonomia e
sovranità del popolo sardo), limitatamente alle parole “e sovranità nonchè:
1)
l’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 7 del 2006, limitatamente
alle parole “e di sovranità”;
2)
l’art. 2, comma 2, lettera a), della legge regionale n. 7 del
2006, limitatamente alle parole “e sovranità”,
3)
il comma 3, limitatamente alle parole “e elementi di sovranità”;
La sovranità
popolare ” che per il secondo comma dell’art. 1 della Costituzione deve comunque
esprimersi “nelle forme e nei limiti della Costituzione” ” non puo’ essere
confusa con le volontà espresse nei numerosi “luoghi della politica” nè si
puo’ ridurre la sovranità popolare alla mera “espressione del circuito
democratico”. Peraltro la legge in parola utilizza il termine “sovranità” per
connotare la natura stessa dell’ordinamento regionale nel rapporto con
l’ordinamento dello Stato, nella diversa accezione del necessario riconoscimento
alla Regione interessata di un ordinamento adeguato ad una situazione anche di
sovranità (implicitamente asserita come esistente o comunque da rivendicare).
Gli artt. 5 e
114 della Costituzione e l’art. 1 dello statuto speciale della Regione Sardegna
utilizzano tutti (e certo non casualmente) il termine “autonomia” o il relativo
aggettivo per definire sinteticamente lo spazio lasciato dall’ordinamento
repubblicano alle scelte proprie delle diverse Regioni. D’altra parte, è ben
noto che il dibattito costituente, che pure introdusse per la prima volta
l’autonomia regionale nel nostro ordinamento dopo lunghi e vivaci confronti, fu
assolutamente fermo nell’escludere concezioni che potessero anche solo apparire
latamente riconducibili a modelli di tipo federalistico o addirittura di tipo
confederale. Questa scelta riguardo’ la stessa speciale autonomia delle Regioni
a regime differenziato, malgrado i particolari contesti sociali, economici e
anche internazionali allora esistenti almeno in alcuni territori regionali. Del
tutto coerente con questo quadro generale fu la stessa speciale configurazione
dell’autonomia della Regione Sardegna, oggetto di vivaci dispute in ambito
regionale, ma infine frutto di determinazioni tutte interne alla Assemblea
costituente.
Nè tra
le pur rilevanti modifiche introdotte dalla legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) puo’
essere individuata una innovazione tale da equiparare pienamente tra loro i
diversi soggetti istituzionali che pure tutti compongono l’ordinamento
repubblicano, cosi’ da rendere omogenea la stessa condizione giuridica di fondo
dello Stato, delle Regioni e degli enti territoriali (sull’art. 114 Cost. si
veda la sentenza n. 274 del 2003).
Pretendere ora di utilizzare in una medesima espressione legislativa, quale
principale direttiva dei lavori di redazione di un nuovo statuto speciale, sia
il concetto di autonomia sia quello di sovranità equivale a giustapporre due
concezioni tra loro radicalmente differenziate sul piano storico e logico (tanto
che potrebbe parlarsi di un vero e proprio ossimoro piuttosto che di una
endiadi), di cui la seconda certamente estranea alla configurazione di fondo del
regionalismo quale delineato dalla Costituzione e dagli Statuti speciali.
Pur
nell’ovvio riconoscimento che il Parlamento in sede di adozione del nuovo
statuto regionale e, prima ancora, lo stesso Consiglio regionale della Sardegna
in sede di esame del disegno di legge costituzionale non sarebbero
giuridicamente vincolati a far propri i contenuti della proposta della Consulta
regionale relativi al “nuovo statuto di autonomia e sovranità del popolo
sardo”, è contrastante con gli artt. 1, secondo comma, 5 e 114 della
Costituzione e con l’art. 1 dello statuto speciale che le censurate disposizioni
e la stessa rubrica della legge regionale n. 7 del 2006 assumano come possibile
contenuto del nuovo statuto speciale istituti tipici di ordinamenti statuali di
tipo federale in radice incompatibili con il grado di autonomia regionale
attualmente assicurato nel nostro ordinamento costituzionale. Un contenuto
legislativo del genere produrrebbe (si veda il precedente punto 4) una impropria
pressione sulla libertà valutativa dello stesso Parlamento in sede di adozione
della relativa legge costituzionale.
CORTE
COSTITUZIONALE, Sentenza n. 365 del 07/11/2007
(Presidente:
Franco Bile; Relatore: Ugo De Siervo)
nel giudizio
di legittimità costituzionale degli articoli 1, comma 1, e 2, commi 2, lettera
a), e 3, nonchè della rubrica della legge della Regione autonoma della
Sardegna 23 maggio 2006, n. 7 (Istituzione, attribuzioni e disciplina della
Consulta per il nuovo statuto di autonomia e sovranità del popolo sardo),
promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato e
depositato in cancelleria il 7 agosto 2006 ed iscritto al n. 92 del registro
ricorsi 2006.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma della Sardegna;
udito nell’udienza pubblica del 25 settembre 2007 il Giudice relatore Ugo
De Siervo;
uditi l’avvocato dello Stato Giorgio D’Amato per il Presidente del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Paolo Carrozza e Graziano Campus per la
Regione autonoma della Sardegna.
Ritenuto in
fatto
1. ” Il
Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 31 luglio 2006,
ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 (recte:
artt. 1, comma 1, e 2, commi 2, lettera a), e 3), nonchè della stessa
rubrica della legge della Regione autonoma della Sardegna 23 maggio 2006, n. 7
(Istituzione, attribuzioni e disciplina della Consulta per il nuovo statuto di
autonomia e sovranità del popolo sardo) pubblicata nel B.U.R. n. 18 del 1°
giugno 2006, in relazione agli artt. 1, 3, 4, 50 e 54 dello statuto speciale ed
agli artt. 1, 3, 5, 16, 101, 114, 116, 117, comma primo e comma secondo, lettere
a), d), h) e l), 120, 132, 133 e 138 della
Costituzione.
1.1. ” La
legge regionale parzialmente impugnata prevede e disciplina questo nuovo organo
il quale, attraverso una specifica procedura che contempla anche alcune forme di
partecipazione, è chiamato ad elaborare un progetto organico di nuovo statuto
regionale speciale da trasmettere al Consiglio regionale, in modo che questi
possa poi deliberare un apposito disegno di legge costituzionale da sottoporre
infine al Parlamento nazionale.
Le
censurate disposizioni, riferendosi ad un “nuovo statuto di autonomia e
sovranità del popolo sardo” (rubrica della legge e art. 1, comma 1),
stabiliscono che l’articolato del progetto debba rispettare i “principi e
caratteri della identità regionale; ragioni fondanti dell’autonomia e
sovranità; conseguenti obblighi di Stato e Regione in relazione a tali
caratteri, individuando idonee forme per promuovere i diritti dei cittadini
sardi in relazione a condizioni connesse alla specificità dell’isola” (art. 2,
comma 2, lettera a), e che lo stesso testo possa indicare “ogni altro
argomento ritenuto rilevante al fine di definire autonomia e elementi di
sovranità regionale” (art. 2, comma 3).
Per la
parte ricorrente l’utilizzazione, seppur in modo non univoco, del termine
“sovranità”, parrebbe, in primo luogo, alterare la logica dello statuto
speciale di autonomia. Le impugnate disposizioni sembrerebbero, inoltre,
contrastare con l’art. 54 dello statuto e con l’art. 138 Cost. e non
risulterebbero compatibili con i fondamentali principi costituzionali, in
quanto, considerando e valorizzando elementi etnici, culturali, ambientali,
sarebbero dirette a “definire situazioni soggettive privilegiate per una
categoria di soggetti dell’ordinamento nazionale” e a “rivendicare poteri
dell’ente Regione a livello di indipendenza e comunque di svincolo da
condizionamenti ordinamentali nell’ambito dell’assetto della Repubblica
risultante dall’attuale Carta costituzionale”.
1.2. ” A
sostegno della censura il ricorrente osserva che ai sensi dell’art. 116 Cost. e
del vigente art. 54 dello statuto speciale, la definizione dello statuto
speciale è sul piano giuridico interamente attribuita al Parlamento nazionale,
come confermato dallo stesso esito negativo del referendum costituzionale
relativo alla revisione, tra l’altro, del citato art. 116, il cui disegno di
modifica prevedeva appunto l’adozione dello statuto speciale “previa intesa” con
la Regione interessata. Sui progetti di iniziativa governativa e parlamentare di
modificazione dello statuto speciale il Consiglio regionale è chiamato ad
esprimere solo un “parere”; in caso di parere contrario in ordine ad un progetto
approvato in prima deliberazione da una delle Camere, il Presidente della
regione puo’ indire un referendum meramente “consultivo”.
Più in
generale si afferma che la Costituzione (a cominciare dall’art. 114) fa
riferimento alle regioni “sempre e solo in termini di autonomia, mai in termini
di sovranità”, essendo quest’ultima riferita esclusivamente al “popolo” inteso
come intera comunità nazionale. Al tempo stesso, questa Corte avrebbe
confermato tale lettura del dettato costituzionale affermando la “netta
distinzione tra livello di sovranità statale e livello di autonomia regionale”
(si citano le sentenze n. 245 del 1995, n. 66 del 1964 e n. 49 del 1963). Le
più recenti sentenze n. 29 del 2003 e n. 106 del 2002, se escludono che nel
Parlamento possa individuarsi l’unica sede di esercizio della sovranità,
avrebbero anche inteso affermare “che proprio dalla sovranità popolare
esercitata attraverso la riforma costituzionale di cui alla legge costituzionale
n. 3 del 2001, secondo le regole quindi di uno Stato di diritto, discendono
l’estensione ed il potenziamento delle autonomie territoriali, che costituiscono
affermazione del principio democratico”. A sua volta, la sentenza n. 274 del
2003 rimarca la profonda diversità del livello dei poteri di cui dispongono gli
enti indicati nell’art. 114 Cost. e, in particolare, l’insussistenza di una
equiordinazione tra Stato e Regioni.
1.3. ” Il
ricorrente afferma che ad esiti analoghi si giungerebbe tramite altre previsioni
costituzionali.
Il potere
di revisione costituzionale, anche in relazione all’adozione degli statuti
speciali, spetta esclusivamente allo Stato (art. 138 Cost.). Poichè ogni
esplicazione di sovranità non puo’ che avvenire nelle forme previste della
Costituzione (art. 1), è solo il Parlamento nazionale che ne puo’ prevedere
delle nuove o modificare quelle esistenti.
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