Scuola. In una classe è ammesso solo un alunno diversamente abile . TAR LAZIO, Sezione III quater, Sentenza n. 9926 del 10/10/2007
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Di regola in una classe non vi
puo’ essere che un bambino diversamente abile. La possibilità di più
svantaggiati è prevista solo in via eccezionale, quale ipotesi residuale ed in
presenza di handicap lievi. Le classi iniziali che ospitano più di un alunno in
situazioni di handicap sono costituite con non più di venti iscritti; per le
classi intermedie il rispetto di tale limite deve essere rapportato all’esigenza
di garantire la continuità didattica nelle stesse classi. L’organizzazione nel
suo complesso dei servizi scolastici e di quelli sociali deve essere tale da
assicurare in concreto la presenza di condizioni ottimali per favorire
l’integrazione scolastica del bambino svantaggiato.
TAR LAZIO, Sezione III quater, Sentenza n. 9926 del 10/10/2007
(Presidente, Linda Sandulli; Estensore, Umberto Realfonzo)
FATTO
Con il presente gravame i
ricorrenti, genitori di un minore autistico, hanno impugnato: 1) in parte il
diniego di accesso ai documenti richiesti con istanza del 18.10.2006; 2) in
parte hanno impugnato il rigetto della loro richiesta di applicazione dell’art.
10.2. del D.M. 3 giugno 1999 n. 141.
Con la sentenza n. 352/2007, la Sezione ha dichiarato cessata la materia del
contendere sul primo punto. La causa è stata rinviata al ruolo ordinario per la
decisione della residua parte, relativa alla violazione delle regole che
disciplinano la formazione delle classi che ospitano più di un alunno in
situazione di handicap.
Il ricorso è affidato alla
denuncia di un unico motivo di gravame relativo alla violazione dell’art. 10.2.
del D.M. 3 giugno 1999 n. 141.
Si è costituito il Comune di
Roma che con due memorie ha, in linea preliminare ribadito il proprio assoluto
difetto di legittimazione passiva e, nel merito, ha comunque sottolineato
l’infondatezza nel merito del gravame.
A sua volta l’Avvocatura dello Stato,costituitasi in giudizio per il Ministero
dell’Istruzione ha versato una nota dell’Amministrazione accompagnata da una
relazione del dirigente scolastico.
Con due memorie, della quale l’ultima formalmente notificata, la difesa dei
ricorrenti ha sottolineato le tesi a sostegno delle proprie argomentazioni.
All’udienza di discussione, udito il patrocinatore dei ricorrenti, la causa è
stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. In linea preliminare deve
essere respinta la richiesta di estromissione dal giudizio del Comune di Roma in
quanto ai sensi dell’art. 40 della L. n. 104/1992 spetta agli enti locali
l’attuazione degli interventi sociali in materia.
2. Con l’unico motivo che
residua i ricorrenti premettono che:
— il proprio figlio, portatore di handicap, con diagnosi di autismo grave,
necessiterebbe di spazio e tranquillità al fine di usufruire proficuamente
delle ore di insegnamento;
— per l’anno scolastico 2006/2007 il figlio è stato inserito in una classe
formata da ventidue bambini ma con un altro bambino affetto da handicap;
— in data 19.09.2006 hanno diffidato l’Amministrazione scolastica per ottenere
l’applicazione delle normative scolastiche di cui al D.M. 3 giugno 1999 n. 141,
in base al quale vi deve essere un solo disabile per classe.
I ricorrenti lamentano che detta soluzione creerebbe un grave disagio al piccolo
perchè negherebbe la socializzazione con i compagni e la piena inclusione nella
classe, che è essenziale per la crescita e per l’apprendimento.
Con il presente gravame impugnano la nota del 18.10.2006 con cui
l’Amministrazione ha esitato negativamente la loro richiesta sia per esigenze di
carattere organizzativo e logistico della struttura scolastica, sia perchè
essendo interesse della scuola garantire “lo star bene di ciascun alunno” pure
sottolineando che avrebbe organizzato per gli alunni diversamente abili, spazi
alternativi all’aula.
Assumono i ricorrenti che il comportamento tenuto dall’Amministrazione convenuta
sarebbe del tutto inadeguato, lesivo del diritto allo studio ed alla salute.
Situazioni di bilancio od economiche non potrebbero in nessun modo incidere sui
diritti fondamentali riconosciuti dalla stessa Costituzione.
La situazione avrebbe arrecato già un grave danno al minore, alla famiglia ed
alla stessa comunità scolastica che inoltre si lamenta del modo con cui la
scuola gestisce le figure specializzate esistenti.
Mentre la scuola utilizzerebbe solo il personale comunale cui affiderebbe il
ruolo di assistente all’igiene privando il minore di un apporto completo per
meglio vivere la quotidianità della scuola, il Comune di Roma non metterebbe a
disposizione della scuola il necessario personale specializzato costringendo le
famiglie a pagare per questo servizio.
Il ricorso è fondato.
In via generale si osserva che,
l’impulso all’integrazione nella scuola innescato dalla legge n. 517/1977 (con
cui si era avuta la prima affermazione del diritto all’educazione e
all’istruzione dei soggetti svantaggiati) è stato riaffermato con la
Legge-quadro 5 febbraio 1992, n. 104 che ha dato attuazione, per le persone con
handicap, ai principi dettati da un lato dall’articolo 3, primo e secondo comma,
della Costituzione garantendo loro pari dignità sociale e stabilendo le
modalità con le quali la Repubblica si impegna a rimuovere gli ostacoli che ne
impediscono il pieno sviluppo e l’effettiva partecipazione alla vita politica,
economica e sociale del paese; da un altro all’articolo 4, che riconosce a tutti
i cittadini il diritto al lavoro; da un altro all’articolo 34, che impone
l’obbligo di istruzione per tutti i cittadini; da un altro ancora all’articolo
35, concernente la formazione e l’elevazione professionale; da un altro ancora
all’articolo 38, che attribuisce agli inabili e minorati il diritto
all’educazione e all’avviamento professionale.
Il Consiglio di Stato, con parere della Sezione Atti Normativi n. 4699/03 del 29
agosto 2005, ha affermato che, il diritto alle prestazioni in materia,
garantisce l’attuazione dei diritti fondamentali della persona umana, trattasi
di un diritto incomprimibile che, potendo patire differenze sull’intero
territorio nazionale, costituisce un livello minimo essenziale.
Tale disciplina in particolare:
— all’art. 12, garantisce al bambino handicappato ” il diritto all’educazione
e all’istruzione” nella scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni
scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie (secondo
co.) ed affida all’integrazione scolastica l’obiettivo di assicurare ” lo
sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento,
nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione”(III° co).
— all’art. 40 affida agli enti locali ed alle unità sanitarie locali
l’attuazione, rispettivamente, degli interventi sociali e di quelli sanitari. Al
riguardo si rileva peraltro come, in base a tale riferimento normativo, debba
respingersi la richiesta di estromissione dal giudizio del Comune di Roma.
Cio’ posto, esattamente i ricorrenti ricordano che un ragazzo disabile per
meglio vivere la quotidianità della scuola deve avere l’aiuto di tre figure
specialistiche, ciascuna con un ruolo completamente diverso e complementare. In
particolare: a) l’insegnante di sostegno nominato dal Ministero; b) l’assistente
educativo e/o alla comunicazione che, per la scuola elementare, sarebbe di
competenza esclusiva del Comune di Roma e che ha il compito di aiutare il minore
disabile ad intraprendere un progetto incrementativo del proprio apprendimento
mediante l’utilizzo anche di particolari tecniche che anche carenti di un
riconoscimento scientifico aiutano il minore in questo percorso; c) l’assistente
all’igiene di competenza del Ministero Istruzione che deve occuparsi dei bisogni
del minore quali ad esempio portarlo nel bagno, aiutarlo durante i pasti
eccetera.
Nello specifico del caso di specie si rileva come, appare fondata ” sotto due
profili — la dedotta violazione, da parte delle autorità scolastiche, delle
regole generali di formazione delle classi.
Nella classe vi erano due alunni diversamente abili, per cui è fondata la
dedotta violazione del secondo comma, primo periodo, dell’art. 10 del D.M. 3
giugno 1999 n. 141 che pone il precetto per cui di regola, in una classe non vi
puo’ essere che un bambino diversamente abile. La possibilità di più
svantaggiati è prevista solo in via eccezionale: ” la presenza di più di un
alunno in situazione di handicap nella stessa classe puo’ essere prevista in
ipotesi residuale ed in presenza di handicap lievi.
Nel caso, deve in primo luogo escludersi la sussistenza di quest’ultima
condizione in quanto è evidente che, l’ipotesi prevista dalla norma, implica la
“non gravità” di tutti i bambini handicappati, e non di uno di essi (come
implicitamente sembra suggerire la relazione depositata dalla scuola).
La gravità della condizione del figlio dei ricorrenti era, da sola, tale da non
tollerare altre presenze nell’ambito del gruppo, e comunque si rileva come in
base alla descrizione della situazione, anche le condizioni riferite dalla
scuola dell’altro bambino non sembravano assumere il carattere della lievità (“immaturità
globale dei prerequisiti” per l’apprendimento “in un’organizzazione borderline”).
In una seconda prospettiva si rileva come, dato che è incontestato che la
classe era formata da 22 alunni, per cui era stato anche violato il secondo
periodo del ricordato secondo comma dell’art. 10 del D.M. 3 giugno 1999 n. 141
per cui “Le classi iniziali che ospitano più di un alunno in situazioni di
handicap sono costituite con non più di venti iscritti; per le classi
intermedie il rispetto di tale limite deve essere rapportato all’esigenza di
garantire la continuità didattica nelle stesse classi.”
In sostanza la disposizione consente, limitatamente alle classi successive
eventuali sforamenti solo quando ricorrono esigenze di continuità didattica.
Per questo non è accettabile sul piano giuridico e morale la giustificazione
per cui, in luogo di privilegiare la tutela dell’handicap, si era data la
preferenza alle richieste dei genitori dei ragazzi normali per il tempo pieno.
Al riguardo spetta al dirigente scolastico il potere di formazione delle classi
in relazione alle effettive esigenze che si siano manifestate successivamente
alla definizione dell’organico di diritto, quali, ad esempio, la necessità di
due distinte sezioni in presenza di tre alunni portatori di handicap, in
attuazione delle disposizioni contenute negli art. 4 d.m. 15 marzo 1997,
dell’art. 10 d.m. 24 luglio 1998 n. 331 e dell’art. 10 d.m. 3 giugno 1999 n. 141
(cfr. T.A.R. Toscana, sez. III, 25 settembre 2003, n. 5115;T.A.R. Toscana, sez.
I, 18 marzo 2002, n. 519).
Parimenti meritevole di accoglimento, nei sensi e nei limiti che seguono, è la
doglianza circa la confusione di ruoli tra l’assistente all’igiene
(collaboratore scolastico statale) e l’assistente educativo e/o alla
comunicazione (di competenza del Comune di Roma per la scuola elementare) il
quale ha il compito di aiutare il minore disabile ad incrementare il proprio
apprendimento mediante l’utilizzo anche di particolari tecniche che aiutino il
minore in questo percorso.
Alquanto vaghe e non specifiche al caso appaiono al riguardo le affermazioni
della scuola che, genericamente, afferma la presenza di propri “collaboratori
scolastici” senza nulla meglio specificare al riguardo circa la loro
preparazione, la sufficienza del loro numero e la loro eventuale specifica
assegnazione all’alunno. Estremamente analitica è invece, e non a caso,
l’indicazione circa il numero e le ore degli insegnanti di sostegno
(rispettivamente n. 4 di cui una per 22 ore settimanali, l’altre per 6 ore
settimanali) che garantiscono la presenza anche durante i rientri pomeridiani.
Il Comune ” con affermazioni ancora una volta del tutto generali ” si limita a
ricordare come il piccolo usufruisce della presenza di un assistente educativo
comunale (c.d. AEC) qualificato e preparato, per un totale di 25 ore settimanali
senza indicare l’esatta qualifica es. (assistente domiciliare, operatore
sociale, psicologo, ecc.).
In nessuna parte le amministrazioni resistenti specificano pero’ chi assiste in
concreto l’alunno. Proprio la genericità delle difese dell’Amministrazione
comunale dà logico fondamento all’affermazione per cui gli assistenti educativi
comunali sarebbero nella realtà semplici operatori non specializzati che
sarebbero in concreto utilizzati come operatori all’igiene in supplenza degli
operatori TA del Ministero.
Se il Collegio non ha dubbi che, come afferma la scuola, ogni operatore
scolastico si adopera per garantire lo “star bene a scuola” di ciascun alunno”
nondimeno l’organizzazione nel suo complesso dei servizi scolastici e di quelli
sociali deve essere tale da assicurare in concreto la presenza di condizioni
ottimali per favorire l’integrazione scolastica del bambino svantaggiato.
Il che nella specie non è in concreto avvenuto.
In conclusione il ricorso, nei profili qui esaminati, è dunque fondato e deve
essere accolto.
Per l’effetto deve essere pronunciato l’annullamento degli atti impugnati e
dichiarato il diritto dell’alunno handicappato rispettivamente ad essere l’unico
alunno handicappato della classe ai sensi dell’art. 10 del D.M. n. 141/1999; ad
usufruire un AEC specializzato; ad avere un assistente all’igiene a lui
specificamente “dedicato”.
Deve invece respingersi la domanda di risarcimento danni, in quanto anche
limitando al quantum, la fattura relativa alla visita specialistica appare nella
specie difettare la prova della diretta ed immediata riferibilità ed
imputabilità alle vicende qui in esame.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in Euro 1.500,00 di cui €
500,00 per spese di giudizio in favore dei ricorrenti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo
Regionale del Lazio” Sez.III^-quater :
1. accoglie il ricorso n. 11343/2005, e per l’effetto annulla i provvedimenti di
cui in epigrafe e dichiara il diritto del figlio dei ricorrenti:
1.a. ad essere l’unico alunno handicappato della classe ai sensi dell’art. 10
del D.M. n. 141/1999;
1.b. ad usufruire un AEC specializzato;
1.c. ad avere un assistente all’igiene a lui specificamente “dedicato”.
2. Respinge la domanda risarcitoria.
3. Condanna le Amministrazioni resistenti al pagamento in solido delle spese che
sono liquidate in Euro 1.500,00 di cui