E’ estorsione esigere il lavoro in nero minacciando il licenziamento – CASSAZIONE PENALE, Sezione II, Sentenza n. 36642 del 05/10/2007
Puo’ costare
caro agli imprenditori – una condanna a tre anni e sei mesi di reclusione, per
estorsione – tenere i dipendenti ‘in nero’ (senza contratto di lavoro, con
salari bassissimi e nessun diritto) con la costante minaccia, in caso di ‘alzate
di testà, di sbatterli fuori e di rimpiazzarli col primo disoccupato che passa.
La Cassazione ha infatti confermato a carico di tre datori di lavoro sardi di
Nuoro il verdetto con il quale la Corte di Appello di Cagliari (contrariamente
ai giudici di primo grado che li avevano assolti) li ha giudicati colpevoli di
estorsione infliggendo proprio tre anni e mezzo di carcere ciascuno.
Nelle due società dei tre imprenditori, le dipendenti – tutte donne – erano
costrette ad "accettare trattamenti retributivi deteriori non corrispondenti
alle prestazioni effettuate", subivano "condizioni di lavoro contrarie alla
legge e ai contratti", non godevano di ferie, lo straordinario non veniva
pagato, niente assistenza assicurativa. Nel migliore dei casi alle lavoratrici
veniva corrisposta la paga prevista dai contratti di formazione lavoro, sebbene
lavorassero per molte più ore. Il tutto in un clima nel quale i datori
"ponevano le dipendenti in una situazione di condizionamento morale, in cui
ribellarsi alle condizioni vessatorie equivaleva a perdere il posto per via di
una situazione in cui la domanda di lavoro superava di gran lunga l’ offerta".
Ad avviso della Suprema Corte – sentenza 36642 della Seconda sezione penale – in
questa situazione si configura il reato di estorsione, protrattasi per oltre
dieci anni. Nessun successo ha, infatti, avuto la linea difensiva degli imputati
– Andreina L., Gaetano e Maurizio L., tutti poco più che cinquantenni – che
hanno provato a schivare la condanna al carcere chiedendo di ricevere solo le
sanzioni previste per chi tiene dipendenti non in regola. Quello che abbiamo
fatto – hanno detto a Piazza Cavor – "costituisce espressione del non
eccezionale fenomeno del lavoro nero, ma non integrerebbe gli estremi
dell’estorsione perchè le lavoratrici avevano accettato quelle condizioni senza
ricorso ad alcuna violenza". Ma per la Cassazione "l’accettazione di quelle
condizioni non fu libera perchè condizionata dall’assenza di altre possibilità
di lavoro".