Mobbing. Respondabile il Il datore di lavoro se omette la dovuta vigilanza sui dipendenti – CASSAZIONE CIVILE, Sezione Lavoro, Sentenza n. 16148 del 20/08/2007
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Il datore di
lavoro è ritenuto responsabile dei danni derivanti da mobbing se non esercita
una adeguata vigilanza sul comportamento dei dipendenti. E’ quanto afferma la
sezione lavoro della Corte di cassazione nella sentenza n. 16148 deposita lo
scorso 20 agosto 2007. Il comportamento omissivo e negligente dell’azienda,
spiega la Cassazione, che nulla ha fatto per porre fine agli episodi delittuosi
in danno del lavoratore posti in essere all’interno dell’agenzia ove lo stesso
lavorava ed in chiara relazione con l’attività di dirigenza della vittima,
prescinde dalla identificazione degli autori materiali dei fatti e dalla
condanna penale dei medesimi.
In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno sia
per responsabilità contrattuale che per responsabilità extracontrattuale, , i
Supremi giudici hanno confermato l’orientamento secondo cui il termine di
prescrizione ex art. 2935 C.C. inizia a decorrere non già dal momento in cui il
fatto del terzo viene a ledere l’altrui diritto, bensi’ dal momento in cui la
produzione del danno si manifesta all’esterno divenendo oggettivamente
percepibile e riconoscibile (cfr. Cass. n. 12666 del 2003, Cass. n. 9927 del
2000, Cass. n. 8845 del 1995, Cass. n. 3206 del 1989, Cass. n. 4532 del 1987).
CASSAZIONE CIVILE, Sezione Lavoro,
Sentenza n. 16148 del 20/08/2007
SVOLGIMENTO DEL
PROCESSO
Con ricorso del 19.11.1996 R. B. conveniva in
giudizio avanti al Tribunale di Taranto ENEL S.p.A. chiedendone la condanna al
risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale e violazione dell’ art.
2087 CC. Assumeva il ricorrente, dirigente della agenzia ENEL di Martina Franca,
che il proprio datore di lavoro, benchè costantemente informato, aveva omesso
di adottare gli opportuni provvedimenti per tutelare l’esponente e la moglie
dalle continue aggressioni e minacce degli altri dipendenti della sede di
Martina Franca, iniziate alla fine degli anni ’70 e proseguite fino al novembre
1987. Per tali fatti delittuosi era stato iniziato un procedimento penale a
carico di quattro dipendenti Enel per i reati di furto, ingiurie, minacce e
lesioni personali, concluso in data 13 novembre 1987 con sentenza istruttoria di
improcedibilità per amnistia. Lamentava il ricorrente che il datore di lavoro,
benchè a conoscenza dei fatti suddetti, aveva altresi’ omesso di accogliere le
sue domande di trasferimento. Sosteneva che, in conseguenza del comportamento
negligente dell’azienda e per effetto delle continue aggressioni e minacce, egli
stesso aveva subito dapprima una grave debilitazione psico fisica, seguita poi
da un infarto, mentre la moglie era deceduta il 16 gennaio 1992.
L’enel si costituiva ed eccepiva in via
preliminare la prescrizione del diritto azionato dal dipendente. Nel merito
chiedeva il rigetto della domanda. Il Tribunale rigettava la domanda per
intervenuta prescrizione decennale, visto che il diritto del R. a far valere la
responsabilità contrattuale della società poteva essere esercitato dalla fine
degli anni settanta, epoca alla quale risalivano i primi episodi di aggressione,
e che da tale data decorreva anche il termine di prescrizione, non essendovi
prova di atti interrottivi anteriori alla proporzione della domanda giudiziale
del 19.11.1996.
L’appello proposto dal R. veniva respinto dalla
Corte di Appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto. La Corte territoriale
osservava che il dipendente, per poter avanzare le sue pretese risarcitorie, non
doveva attendere la definizione del processo penale instaurato nei confronti dei
suoi aggressori, nè l’aggravamento delle sue condizioni di salute.
Per la Cassazione di tale sentenza B. R. ha
proposto ricorso sostenuto da un unico motivo. Enel distribuzione spa, succeduta
da Enel spa, resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato
memoria.
MOTIVI DELLA
DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, denunciando
violazione degli artt. 2087 e 2035 CC, 9 legge n. 300 del 1970, nonchè vizi di
motivazione, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver fatto
decorrere il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità contrattuale
"dalla fine degli anni 70" anzichè dal 13.11.1987, data della sentenza penale
di proscioglimento per amnistia degli autori di aggressioni e minacce nei suoi
confronti. Sostiene il ricorrente che solo dalla pronuncia della predetta
sentenza si è manifestata la responsabilità contrattuale del datore di lavoro
per aver omesso qualsiasi misura atta a salvaguardare il proprio dipendente..
Occorre premettere che il ricorrente ha
precisato di agire per l’accertamento dell’inadempimento contrattuale del suo
datore di lavoro e per il risarcimento dei danni da responsabilità contrattuale
ex art. 2087 C.C. (vedi pagg. 9 e segg. Del ricorso). Nel motivo di ricorso non
si fa alcun accenno ad una ipotetica responsabilità extracontrattuale dell’Enel
per il decesso del coniuge A.R.C. . Infatti non è configurabile una
responsabilità contrattuale dell’enel nei confronti di terzi estranei al
rapporto di lavoro. Il problema della decorrenza del termine di prescrizione del
diritto di risarcimento va dunque esaminato con esclusivo riferimento alla
posizione del dipendente B. R. e nessuna rilevanza puo’ assumere, in relazione
alla domanda come sopra precisata, la data del decesso della sig.ra C.
Cio’ precisato, il ricorso è fondato nei limiti
delle considerazioni che seguono.
Il ricorrente, che assume di aver subito una
depressione psico – fisica ed un infarto in conseguenza delle aggressioni e
minacce subite da parte dei dipendenti dell’agenzia di Martina Franca, addebita
all’Enel di non aver adottato ex art. 2087 C.C. tutte le misure necessarie a
tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del dipendente.
La sentenza impugnata è condivisibile nella
parte in cui ha affermato che la prescrizione non puo’ iniziare a decorrere dal
13.11.1987, data della sentenza di proscioglimento degli imputati per amnistia,
come vuole il ricorrente. Infatti il comportamento omissivo e negligente
dell’azienda, che secondo le allegazioni del R. nulla ha fatto per porre fine
agli episodi delittuosi in danno del dirigente posti in essere all’interno
dell’agenzia di Martina Franca ed in chiara relazione con l’attività di
dirigenza della vittima, prescinde dalla identificazione degli autori materiali
dei fatti e dalla condanna penale dei medesimi.
La sentenza è condivisibile altresi’ nella
parte in cui afferma, conformemente alla costante giurisprudenza di questa
corte, che il mero aggravamento delle condizioni di salute del dipendente non
vale a determinare lo spostamento del termine iniziale di prescrizione (cfr.
Cass. n. 23220 del 2005, Cass. n. 3498 del 2004, Cass. n. 7937 del 2000).
La sentenza impugnata non è invece
condivisibile laddove afferma che il termine di prescrizione ex art. 2935 C.C.
decorre dal momento in cui il diritto al risarcimento del danno puo’ essere
fatto valore e quindi, nella specie, dai primi episodi delittuosi lamentati dal
R. e cioè dal 1979.
In tale modo la corte territoriale ” che non ha
svolto alcun accertamento in fatto (nè alcun accertamento in fatto ha svolto il
giudice di primo grado) limitandosi all’esame della eccezione preliminare ” non
ha tenuto conto della circostanza che il R. ha lamentato di aver subito una
molteplicità di aggressioni e minacce a partire dal 1979 e fino al novembre del
1987. Allo stesso modo non ha tenuto conto che il comportamento negligente
dell’azienda, in relazione ai suddetti episodi di cui il dipendente assume di
aver tenuto sempre informato il datore di lavoro, si è protratto per tutto il
tempo in cui i fatti criminosi si sono ripetuti.
A fronte della allegazione da parte del
ricorrente di fatti delittuosi protratti nel tempo e della colpevole negligenza
del datore di lavoro per tutto il tempo in cui i reati sono stati commessi,
ciascuno dei quali era idoneo a fondare la richiesta di risarcimento, non è
conforme al diritto sostenere che in caso di pluralità di fatti illeciti
protratti nel tempo il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento
della commissione del primo degli episodi denunciati, poichè anche i successivi
illeciti sono potenzialmente idonei a determinare una autonoma lesione del
diritto e quindi a fondare una domanda di risarcimento.
Neppure è conforme a diritto far decorrere la
prescrizione del diritto al risarcimento del danno dal fatto illecito lesivo
anzichè dal manifestarsi all’esterno della produzione del danno. In tema di
prescrizione del diritto al risarcimento del danno, sia per responsabilità
contrattuale che per responsabilità extracontrattuale, questa corte ha
ripetutamente affermato che il termine di prescrizione ex art. 2935 C.C. inizia
a decorrere non già dal momento in cui il fatto del terzo viene a ledere
l’altrui diritto, bensi’ dal momento in cui la produzione del danno si manifesta
all’esterno divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile (cfr. Cass. n.
12666 del 2003, Cass. n. 9927 del 2000, Cass. n. 8845 del 1995, Cass. n. 3206
del 1989, Cass. n. 4532 del 1987).
Per tutte le considerazioni sopra svolte il
ricorso, dunque, deve essere accolto. Di conseguenza la sentenza impugnata deve
essere cassata con rinvio ad altro giudice, designato in dispositivo, che si
atterrà ai principi di diritto sopra enunciati e procederà a tutti gli
accertamenti del caso che non risulta essere stati espletati dai giudici di
merito. Provvederà il giudice di rinvio anche alla liquidazione delle spese del
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza
impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di
cassazione,alla Corte di Appello di Bari.