Per l’omessa pronuncia del decreto di esproprio la giurisdizione spetta all’A.G.O. – CONSIGLIO DI STATO, Adunanza Pleanaria, Sentenza n. 9 del 30/07/2007
Spetta all’Autorità
Giudiziaria Ordinaria la giurisdizione
in relazione a controversie espropriative caratterizzate dalla omessa pronuncia
del decreto di esproprio o ( secondo l’ipotesi più frequente) dalla sua
adozione dopo la scadenza dei termini comminati dalla dichiarazione di P.U., sul
rilievo che in questi casi l’Amministrazione è ormai carente di ogni potere
ablatorio rispetto al diritto reale vantato dal proprietario.
Nessun onere
di previa impugnazione del provvedimento dannoso puo’ addossarsi al suo
destinatario ove l’atto sia stato rimosso in sede amministrativa, in autotutela
o su ricorso di parte, oppure se il danno non è prodotto dalle statuizioni
costitutive contenute nell’atto ma è materialmente causato dalle particolari
modalità di sua esecuzione.
CONSIGLIO DI STATO,
Adunanza Pleanaria, Sentenza n. 9 del 30/07/2007
1) Con
ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione staccata di
Catania, i germani G., premessa la propria qualità di comproprietari
pro indiviso dell’area situata in territorio del comune di
Melilli, censita in catasto al foglio di mappa 57, p.lle 750, 754, 614, 618 ed
interessata dalla costruzione del poliambulatorio dell’Azienda U.S.L. n. 8 di
Siracusa, esponevano che le Amministrazioni citate avevano occupato – senza
notificare gli atti della procedura ad essi proprietari – i terreni in
questione, realizzando il poliambulatorio.
Deducevano le
seguenti censure:
a) violazione
degli artt. 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241 , in quanto i ricorrenti,
proprietari del fondo occupato, non erano stati resi edotti dell’avvio del
procedimento amministrativo finalizzato all’espropriazione; in particolare ad
essi non era stato notificato l’avviso di deposito del decreto di approvazione
dell’opera pubblica, cui per legge ordinariamente consegue l’indifferibilità ed
urgenza della stessa;
b)
illegittimità dell’azione amministrativa, esistenza di danni, di nesso causale,
di dolo/colpa della p.a. , in quanto agli interessati (in qualità di effettivi
proprietari dei beni) non erano stati notificati gli atti del procedimento
espropriativo, e cio’ per asserita colpa dell’ente espropriante.
I ricorrenti
chiedevano conclusivamente di accertare e dichiarare la illegittimità e la
illiceità della condotta delle Amministrazioni intimate in relazione alla
procedura di espropriazione avente ad oggetto l’area sulla quale era stato
edificato il Poliambulatorio di Melilli e per l’effetto chiedevano la condanna
in solido tra loro del Comune di Melilli e della Azienda U.S.L. n. 8 di Siracusa
al risarcimento della lesione subita, invocando l’art. 2043 c.c. e l’art. 35
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, oltre che la corresponsione di
interessi e rivalutazione monetaria, ed il ristoro dell’ulteriore pregiudizio
derivante dal ritardo subito nella reintegrazione del proprio patrimonio.
Si
costituivano l’Azienda U.S.L. n.8 di Siracusa che rappresentava la propria
estraneità alla vicenda, nonchè il Comune di Melilli che contestava in fatto
ed in diritto le deduzioni dei ricorrenti.
Il T.A.R.
adito osservava che:
– nel 1991
era intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera in questione,
che prevedeva (art. 3 del Decreto dell’Assessorato Regionale alla sanità n.
94477/1991) l’avvio delle espropriazioni nel termine di tre mesi dalla data di
comunicazione del D.A. stesso e la ultimazione entro cinque anni con la medesima
decorrenza;
– nel 1995
era stata disposta l’occupazione d’urgenza;
– il decreto
di espropriazione non era mai intervenuto, come si desumeva, anche ai sensi
dell’art. 116/2 c.p.c., dal silenzio sul punto delle amministrazioni, le quali
erano state espressamente sollecitate dall’ordinanza interlocutoria a fornire
documentati chiarimenti riguardo ad esso;
Cio’ premesso
riteneva sussistente la giurisdizione amministrativa e nel merito accoglieva il
ricorso, dichiarando illegittima ed inefficace l’attività espropriativa delle
parti resistenti nei confronti dell’immobile dei ricorrenti, accoglieva la
domanda risarcitoria e condannava in solido le amministrazioni resistenti a
risarcire ai ricorrenti il danno, per l’ammontare da determinarsi, ai sensi
dell’art. 35/2 del decreto legislativo n. 80/1998, secondo i criteri stabiliti
in motivazione e poneva le spese e gli onorari di giudizio a carico solidale
delle amministrazioni resistenti.
La sentenza
del T.A.R. veniva appellata dal Comune di Melilli che eccepiva:
il difetto di
giurisdizione amministrativa concernendo la controversia de qua comportamenti
non involgenti l’esercizio di pubbliche potestà;
l’inammissibilità
di accertamento incidentale della legittimità di atti amministrativi non
impugnati nel termine decadenziale ed al solo fine di un giudizio risarcitorio.
Contestava
poi la propria responsabilità essendo un mero delegato alla procedura relativa
ad un’opera di cui si giova la Azienda U.S .L. n. 8 di Siracusa.
La sentenza
veniva, altresi’, impugnata con appello incidentale dalla Azienda U.S.L. n. 8 di
Siracusa che, oltre a rilevare l’inammissibilità e la tardività del ricorso in
primo grado, sosteneva:
l’inapplicabilità
degli articoli 53 e 43 d.lgs. n. 327/2001 richiamati dal T.A.R. e che la
giurisdizione spetterebbe al giudice ordinario in assenza di alcun atto o
provvedimento del quale la caducazione è pregiudiziale;
l’erroneità
della dichiarazione di responsabilità in solido dell’Azienda, del tutto
estranea alla procedura espropriativa della quale dovrebbe – se mai – rispondere
la Regione attraverso la gestione liquidatoria delle pregresse poste debitorie e
creditorie sorte in capo alle ex UU.SS.LL..
I ricorrenti
in primo grado nelle memorie presentate, oltre a svolgere puntuali
controdeduzioni, hanno eccepito l’irricevibilità (per tardiva notifica) e l’inammissibilità
(per tardivo deposito) dell’appello incidentale dell’Azienda.
Il Consiglio
di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana con ordinanza n.75/07
depositata il 2 marzo 2007 avendo rilevato l’esistenza di alcune questioni
pregiudiziali negli appelli proposti, ha ritenuto opportuno ex art. 10, quarto
comma del d.lgs 24 dicembre 2003 n.373 rimettere la soluzione della intera
controversia all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
L’ordinanza
di rimessione – in relazione alla fattispecie oggetto del contenzioso
caratterizzata in punto di fatto dagli elementi sopra illustrati – sottopone
all’esame dell’Adunanza Plenaria, collocandole in un ampio quadro di riferimento
giurisprudenziale e dottrinario, le questioni che possono essere schematizzate
nei seguenti termini, secondo un ordine di successione logico giuridico.
Una prima
questione che attiene alla sussistenza nella specie della giurisdizione
amministrativa sotto il profilo della riconducibilità del danno prospettato
all’esercizio di un potere ovvero ad un mero comportamento, tenendo presente che
i lavori iniziati con l’immissione in possesso nel termine di efficacia della
dichiarazione sono stati ultimati quando detto termine era ampiamente decorso e
fermo restando che il decreto di esproprio non è mai stato adottato;
una seconda
questione che attiene, sotto un profilo gradato, alla ammissibilità di
un’azione non impugnatoria, ma autonomamente risarcitoria e diretta a far
dichiarare ? secondo la prospettazione dei ricorrenti in primo grado ? la
illiceità e la illegittimità della procedura ablatoria al di fuori di una
specifica domanda di annullamento degli atti contestati ed all’esclusivo fine di
ottenere il risarcimento per equivalente del danno causato dall’irreversibile
trasformazione dell’immobile in questione;
una terza
questione che concerne l’applicabilità al presente giudizio di appello della
procedura accelerata di cui all’art. 23 bis della legge 6 dicembre 1971 n.1034,
atteso che l’appello incidentale della Azienda U.S.L. non è stato notificato
nel termine breve di trenta giorni dalla ricevuta notifica della sentenza, come
invece prescrive l’art.23 bis, ed è stato depositato oltre il termine dimidiato
di cinque giorni dalla notifica.
Nelle note di
udienza depositate tardivamente ma con l’adesione delle controparti, i
ricorrenti in primo grado hanno ribadito, illustrandole ulteriormente in maniera
diffusa, le argomentazioni ed i rilievi espressi nelle precedenti fasi del
giudizio.
1. Gli
appelli non sono fondati e la sentenza impugnata va percio’ confermata.
Come riferito
nelle premesse la controversia all’esame consegue alla realizzazione di un
Poliambulatorio U.S.L. sul terreno di proprietà dei germani G. sito nel comune
di Melilli.
La
dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, che risale all’anno 1991,
prevedeva il termine di cinque anni per il compimento dei lavori e della
procedura ablatoria.
In fatto,
l’occupazione del fondo da parte del comune è avvenuta nell’anno 1995 con
successivo avvio a cura della U.S.L. dei lavori che sono stati pero’ ultimati
dopo l’anno 2000, senza che il decreto di esproprio venisse nel frattempo
adottato.
I germani G.
hanno quindi proposto nel 2002 ricorso al T.A.R. Catania, chiedendo il
risarcimento per equivalente del danno patito.
Con sentenza
n. 1126 del 2005 il T.A.R. ha accolto il ricorso, condannando le Amministrazioni
al risarcimento.
Per quanto
qui ora rileva il Tribunale ha statuito che la controversia, pur riguardando
"comportamenti" dell’Amministrazione, risultava devoluta alla giurisdizione
amministrativa esclusiva in base all’art. 53 T.U. sulle espropriazioni n. 327
del 2001, all’epoca ancora non inciso da Corte cost. n. 191 del 2006.
Nel nuovo
contesto normativo derivante dalla pronuncia costituzionale ora citata, il
Consiglio di Giustizia amministrativa ? affrontando la questione in base al
primo motivo di impugnazione proposto dall’appellante ? dubita della perdurante
condivisibilità delle conclusioni cui è pervenuto il Giudice di primo grado e
chiede quindi di chiarire se della controversia all’esame possa effettivamente
conoscere il giudice amministrativo.
Al riguardo
l’Adunanza Plenaria ricorda che, come è noto, la Corte di Cassazione è in
sostanza ferma nel ritenere la giurisdizione dell’A.G.O. in relazione a
controversie espropriative caratterizzate dalla omessa pronuncia del decreto di
esproprio o ( secondo l’ipotesi più frequente) dalla sua adozione dopo la
scadenza dei termini comminati dalla dichiarazione di P.U., sul rilievo che in
questi casi l’Amministrazione è ormai carente di ogni potere ablatorio rispetto
al diritto reale vantato dal proprietario.
In tali sensi
chiarisce la Suprema Corte che nel caso di inutile decorso dei termini finali
fissati nella dichiarazione di P.U. per il compimento dell’espropriazione e dei
lavori senza che sia intervenuto il decreto traslativo non rileva più che il
potere espropriativo fosse in origine attribuito all’Amministrazione, in quanto
è decisivo che tale attribuzione, circoscritta nel tempo direttamente dal
Legislatore, fosse già venuta meno all’epoca dell’utilizzazione della
proprietà privata. (per tutte SS.UU. nn. 13659 del 2006 e 2688 del 2007).
A tale
insegnamento si è conformata una parte della giurisprudenza amministrativa, in
sostanza rilevando che un diverso criterio poteva valere solo fino a quando la
Corte costituzionale, con la