Civile

Non si può espellere l’immigrato clandestino che deve accudire i figli – CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite, Sentenza n. 22216 del 26/11/2006

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E’ ammissibile il ricorso straordinario per
cassazione contro i provvedimenti di ingresso e permanenza in Italia del
familiare di un minore straniero per i gravi motivi di cui all’art. 31, co. 3,
del d.lgs. 25 lug. 1998, n. 286

Spetta all’immigrato clandestino
l’autorizzazione alla permanenza sul territorio nazionale, in deroga alle
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione, se concorrono gravi
motivi connessi con lo sviluppo psico- fisico del figlio minore, tenuto conto
della sua età delle sue condizioni di salute. Nella specie il grave pregiudizio
è stato ravvisato nel danno che sarebbe derivato alla figlia minore
dell’imputato dalla perdita improvvisa della figura paterna per effetto della
sua espulsione.


CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite,
Sentenza n. 22216 del 26/11/2006

(Presidente:
V. Carbone; Relatore: U. Vitrone)


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso
depositato il 19 dic. 2002 H.R., cittadino marocchino, chiedeva al tribunale per
i minorenni presso la corte d’appello di Ancona la sospensione o la revoca del
provvedimento di espulsione dal territorio nazionale emesso nei suoi confronti
dal prefetto di Pesaro e Urbino adducendo al riguardo l’esigenze di tutela della
salute e della crescita psico- fisica della figlia minore H. I. nata in Urbino
il 3 mar. 2002 dal matrimonio da lui contratto con la cittadina marocchina K.S.

Esponeva il
ricorrente che la minore era stata iscritta nel permesso di soggiorno di cui
godeva la madre ed aveva sviluppato tutti i suoi affetti e interessi in Italia
in quanto egli, pur versando in condizioni di clandestinità ave a sempre
prestato cure ed affetto alla figlia, provvedendo ai suoi bisogni ed avviandola
alla frequenza della scuola materna e sosteneva che la minore avrebbe subito un
grave trauma dall’improvviso allontanamento del padre.

Con decreto del 16
ott. 2003 il tribunale per i minorenni accoglieva l’istanza autorizzando il
ricorrente a restare i Italia per tre anni, slavo ulteriore proroga.

Contro il
provvedimento proponeva reclamo il procuratore della Repubblica presso il
Tribunale per i minorenni e il PG presso la corte d’appello di Ancona, sezione
minori, la quale, con decreto del 7,8 mag. 2004, ne disponeva la revoca.

Osservava la cote
che in linea di massima la tutela del minore straniero costituiva compito
demandato alla pubblica amministrazione, rispetto alla cui attenzione
l’intervento del giudice civile o amministrativo aveva luogo solo in sede di
impugnativa o di controllo dei provvedimenti amministrativi, con le sole
eccezioni costituite dalla decisione sulla richiesta del questore di espulsione
del minore e dell’autorizzazione all’ingresso o alla permanenza del familiare
del minore che si trovasse nel territorio nazionale giustificata da gravi motivi
connessi con il suo sviluppo psico- fisico, in una situazione, cioè, di
emergenza nella quale si determinasse un pericolo attuale per il minore e la
conseguente necessità della presenza di un familiare che se ne prendesse cura
per un tempo stabilito e finchè permanessero le condizioni che l’avevano
determinata.

Tale
autorizzazione non poteva essere invece concessa in funzione della
regolarizzazione o della sanatoria dell’ingresso ovvero della permanenza in
Italia del familiare, considerando che la fattispecie del ricongiungimento
familiare trovava la sua compiuta disciplina nella legge la quale rimetteva al
questore di provvedere sulle relative istanze salvo il ricorso al tribunale
ordinario conto il provvedimento negativo.

Ne, infine, valeva
il principio del superiore interesse del minore poichè esso non poteva essere
invocato per consentire la deroga alla disciplina dell’immigrazione, ma doveva
trovare attuazione solo nel rispetto delle norme che lo regolavano, nell’ambito
delle relazioni familiari.

Contro il
provvedimento ricorre per cassazione H.R. con due motivi.

Non hanno
presentato difese il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i
minorenni di Ancona e il PG presso la corte d’appello di Ancona.

Con ordinanza del
15 apr.- 11 giu. 2005, n. 12375, è stata disposta la rimessione degli atti al
primo presidente che ha assegnato il ricorso alle sezioni unite per la decisione
del contrasto di giurisprudenza verificatosi circa la natura contenziosa del
procedimento camerale e la definitività dei provvedimenti in materia minorile
di cui all’art. 31, co. 3, del d.lgs. n. 268 del 1998 e, quindi, la loro
ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 111 cost.


MOTIVI DELLA
DECISIONE

Va preliminarmente
esaminata la questione dell’ammissibilità del ricorso straordinario per
cassazione contro il provvedimento camerale del tribunale per i minorenni, che
ha formato oggetto di decisioni contrastanti.

Il contrasto di
giurisprudenza trae origine da una recente pronuncia (Cass. 4 mar. 2005, n.
4798) la quale, pur dando atto di una prevalente giurisprudenza contraria la
quale si limiterebbe ad ammettere implicitamente il ricorso straordinario per
cassazione contro i provvedimenti del tribunale per i minorenni in materia di
autorizzazione all’ingresso e alla permanenza in Italia del familiare di un
minore per un periodo di tempo determinato ai sensi dell’art. 31, co. 3, del
d.lgs. 25 lug. 1998, n. 286, ha escluso che nella specie potessero ravvisarsi i
requisiti della decisorietà e della definitività del provvedimento in
contestazione.

Tali
considerazioni, che hanno indotto la corte a ritenere inammissibile il ricorso
straordinario per cassazione, si fondano, rispettivamente, sul rilievo che
provvedimento autorizzatorio sarebbe finalizzato esclusivamente a governare gli
interessi dei minori, com’era confermato dal rilievo che sarebbe impossibile
l’identificazione di un soggetto portatore di un contrapposto diritto o
interessasse sulla cui attribuzione sorga controversia nonchè dal concorrente
rilievo che il provvedimento non è definitivo essendo possibile la sua revoca
prima della scadenza del termine quando vengano meno i gravi motivi che ne
abbiano giustificato il rilascio.

L’affermazione
secondo cui il contrario orientamento dominante avrebbe sempre ammesso solo per
implicito il ricorso straordinario per cassazione non corrisponde, peraltro, al
reale stato della giurisprudenza la quale, tra le tante pronunce che hanno
pronunciato in materia senza affrontare la questione dell’ammissibilità del
ricorso (Cass. 17 set. 2001, n 11624; 14 mar. 2002, n. 3701; 19 mar. 2002, n.
3991; 21 giu. 2002, n. 9088; 22 mag. 2003, n. 8033; 8 ago. 2003, n. 11951; 14
nov. 2003, n. 17194; 3 mar. 2004, n. 4301) annovera due sentenze emesse in pari
data (Cass. 14 giu. 2002, nn. 8510 e 8511) le quali hanno ribadito, con ampiezza
di argomentazioni la tesi prevalente dell’ammissibilità del ricorso
straordinario per cassazione.

Tali
argomentazioni hanno trovato ulteriore sviluppo in una recentissima sentenza
redatta dal medesimo estensore (Cass. 11 gen. 2006, n. 396), la quale,
replicando con diffusa motivazione alle argomentazioni poste a fondamento della
sentenza n. 4788 del 2005, ribadisce la validità dell’orientamento prevalente
attraverso le seguenti considerazioni: che il provvedimento emesso ai sensi
dell’art. 31 del d.lgs. n. 286 del 1998 ha carattere decisorio in quanto esso
non ha per oggetto esclusivo l’interesse del minore ma prende in considerazione
un delicato e complesso equilibrio di posizioni giuridiche diverse facenti capo,
da una parte, al minore il quale, avendo il diritto a restare in Italia, ha
anche il diritto ad esservi assistito da un familiare ancorchè privo del
permesso di soggiorno, e, dall’altra, al familiare che ha il diritto di
assistere il minore in Italia; che tali diritti sono tutti funzionali al
rispetto del diritto all’unità familiare e alla reciproca assistenza tra i suoi
membri, cui si intitola il titolo quarto del citato decreto legislativo, che
comprende gli artt. Da 28 a 33, e che si rivela particolarmente significativo
allorquando del nucleo familiare facciano parte i minori, com’è confermato dal
rilievo che i provvedimenti giurisdizionali ed amministrativi finalizzati ad
attuare tale diritto debbono considerare con carattere di priorità il superiore
interesse del fanciullo (art. 28, co. 3); che il provvedimento è diretto a
comporre una controversia per l’attribuzione di un bene della vita consistente
nell’eccezionale concessione al minore di essere assistito in Italia da un suo
familiare e nella concessione al familiare del diritto di entrare in Italia
senza permesso di soggiorno e di rimanervi per un periodo determinato e a
precise condizioni; che il provvedimento definitivo, in quanto suscettibile di
revoca solo in ipotesi verificabili dopo la sua pronuncia, e cioè per venir
meno dei gravi motivi che ne giustificarono il rilascio o per attività del
familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la sua permanenza in
Italia, ed è quindi idoneo a passare in giudicato rebus sic stantibus; che il
provvedimento di rigetto lederebbe irreversibilmente l’interesse protetto dalla
norma.

L’ammissibilità
del ricorso straordinario per cassazione contro i provvedimenti in questione
deve essere ribadita con le precisazioni che seguono.

La decisorietà
dei provvedimenti camerali, tra i quali rientra quello in esame, viene ravvisata
non solo nelle ipotesi in cui il giudice decisa sull’attribuzione di un diritto
o di uno status risolvendo un conflitto di interessi tra due soggetti
contrapposti, uno dei quali potrebbe essere la pubblica amministrazione, con una
pronuncia suscettibile di dar luogo a un giudicato ma anche quando incida su
determinate situazioni di diritto o su status come avviene nei casi in cui la
tutela giurisdizionale è diretta alla composizione di un conflitto la cui
soluzione no comporta la prevalenza di una delle due contrapposte posizioni
giuridiche ma è funzionale alla tutela dell’unico interesse coinvolto, come
avviene nel caso dei provvedimenti di revisione delle condizioni inerenti
all’affidamento dei figli di genitori separati ed ai rapporti patrimoniali tra i
coniugi per il mantenimento della prole a norma dell’art. 9 della legge 1 dic.
1970, n. 898, con i quali il giudice è chiamato a realizzare unicamente il
miglior interesse della prole.

Nella specie, non
puo’ negarsi la decisorietà del provvedimento il quale incide sul diritto del
minore ad essere assistito da un familiare nel concorso delle condizioni
richieste dalla legge e, contemporaneamente, su quello del familiare a far
ingresso in Italia e a trattenervisi per prestare la dovuta assistenza: esso ha,
infatti, ad oggetto non già un interesse generico del minore, ma un
interessasse specifico e pressante che va tutelato, se esistente, anche in
deroga delle disposizioni in materia di immigrazione, ancorchè per un periodo
determinato.

E, poichè sia
l’espulsione che il ricongiungimento familiare coinvolgono direttamente diritti
soggettivi, il provvedimento del giudice che decide sulla deroga ai divieti che
precluderebbero l’ingresso e la permanenza del familiare non puo’ non decidere
su vero e propri diritti,, paralleli e concorrenti seppur non contrapposti, del
minore e del familiare e non su un mero interesse del solo minore.

Inoltre il regime
della revocabilità del provvedimento, che si concreta sempre in una decisione
su diritti, non puo’ che essere unitario, nel senso che l’espressa previsione di
stabilità del provvedimento positivo, che è revocabile solo per fatti
sopravvenuti, opera anche nei confronti del provvedimento negativo che puo’
essere impugnato per cassazione per essere ridiscusso rebus sic stantibus,
mentre la richiesta di ingresso del familiare sfornito di permesso di soggiorno
puo’ essere riproposta solo prospettando una diversa necessità di assistenza
del minore.<

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