Penale

l’auspicio di un fatto negativo non costituisce minaccia – CASSAZIONE PENALE, Sezione V, Sentenza n. 35763 del 25/10/2006

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Non puo’
parlarsi di minaccia quando il male non sia prospettato come dipendente dalla
volontà dell’agente ma rimesso  ad un auspicio o una previsione che l’attività
commerciale della persona offesa (nella specie la gestione di un baretto) non
sarebbe andata a buon fine

 


CASSAZIONE PENALE, Sezione
V, Sentenza n. 35763 del 25/10/2006

(Presidente:
B. Foscarini; Relatore: P. Marini)

 

Il giudice di
pace di Genzano, con sentenza 24/3/2005, ha condannato R.A. alla pena di euro
350,00 di multa quale responsabile di ingiurie e minacce(reati ritenuti in
continuazione)  rivolte a C. L. attraverso messaggi sms a mezzo di telefono
cellulare; fatti accertati fra lug. e l’ago. 2003.

L’imputato
ricorre per cassazione deducendo: mancanza o manifesta illogicità della
motivazione; non solo non risulterebbe accertato il testo dei messaggi sms
asseritamente offensivi, ma la stessa riconducibilità della scheda telefonica
all’imputato trarrebbe da dichiarazione interessata dall’effettiva intestataria
B.K. e da dichiarazioni testimoniali non convincenti (M.llo F. in punto di
riconoscimento della voce dell’imputato chiamato al telefono cellulare indicato
dalla persona offesa); inosservanza o erronea applicazione della legge penale
quanto al ritenuto reato di minaccia.

Il primo
motivo di gravame è manifestamente destituito di ogni fondatezza.

L’impugnata
sentenza, invero, ha con tutta evidenza esaustivamente esposto gli elementi di
prova a carico dell’imputato, coniugando coerentemente in senso univocamente
accusatorio: l’interruzione, nel lug. 2003, del rapporto sentimentale fra
persona offesa ed imputato; le dichiarazioni accusatorie della persona offesa
con riferimento ai messaggi sms ingiuriosi e intimidatori; la disponibilità in
capo all’imputato della scheda telefonica utilizzata nell’occorso, cosi’ come
dichiarato dalla B.

Ha poi del
tutto logicamente ritenuto attendibile la B., laddove costei ha riferito che fu
l’imputato, con il quale ella aveva intrattenuto in precedenza una relazione
sentimentale, a chiederle di intestarsi la scheda vodafone, trovando tale
dichiarazione puntuale conferma nella circostanza che fu proprio l’imputato a
rispondere al corrispondente numero telefonico digitato dal M.llo F. in sede di
prime indagini; e, d’altra parte, poichè lo stesso M.llo F. aveva chiesto al R.
di recarsi in caserma per ritirare gli effetti personali e l’interlocutore non
si qualifico’ per persona diversa e non interessata, è incensurabile che il
giudice di merito abbia ulteriormente valorizzato il deposto del pubblico
ufficiale anche laddove il teste ha dichiarato sembrargli, all’apparecchio, la
voce dell’imputato

A fronte di
tale motivazione, il ricorso di risolve, quanto al primo motivo, nella pretesa
di diverso e più favorevole apprezzamento degli elementi di prova veicolandone
una lettura riduttiva e domestica dell’intera vicenda.

Fondato,
viceversa, è il secondo motivo di gravame.

La sentenza
impugnata, invero, non spende alcuna parola in punto alla valenza intimidatoria
delle frasi contestate nel relativo capo di imputazione (capo B) e deve dirsi,
in effetti, che le stessesse, consistendo nelle frasi: ignorante, farai la fine
di tuo padre , tanto non vai avanti al tuo baretto , perderai tutto illusa, non
integrano il reato di minaccia; non puo’ parlarsi di minaccia, infatti, quando
il male non sia prospettato come dipendente dalla volontà dell’agente, come è
nella fattispecie, rappresentando le frasi niente più che un auspicio o una
previsione dell’imputato che l’attività della persona offesa, (la gestione di
un baretto, non sarebbe andata a buon fine (perderai tutto, illusa), cosi’ come
era avvenuto in altra occasione per il di lei genitore (farai la fine di tuo
padre).

Consegue che
la sentenza deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di
minaccia contestato al capo b) perchè il fatto non sussiste; il relativo
aumento di pena per continuazione, pari a euro 13,00 di multa, deve essere
eliminato (sicchè la pena resta determinata in euro 337,00 di multa);
dichiarato inammissibile il ricorso nel resto.


P.Q.M.

Annulla senza
rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato al capo B (art. 612 c.p.)
perchè il fatto non sussiste, ed elimina il relativo aumento di pena per
continuazione di euro 13,00 di multa; dichiara inammissibile nel resto il
ricorso.

Roma,
20/9/2006.

Depositata in
Cancelleria il 25 ottobre 2006.

 

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