La nomina del difensore non può essere desunta dalla sola autenticazione della firma del querelante – CASSAZIONE PENALE, Sezioni Unite, Sentenza n. 26549 del 11/07/2006
SOTTOSCRIZIONE –
AUTENTICAZIONE: La
nomina del difensore
non può essere desunta dalla sola circostanza che il legale abbia autenticato la
firma del querelante ma sono necessarie nella querela altre dichiarazioni.
In deroga ai precedenti
orientamenti in tema di autenticazione della firma le Corte stabilisce le
regole affermado in primis che la “dichiarazione” della parte costituisce ” per
espresso disposto legislativo ” il requisito fondamentale per la validità della
nomina del difensore; e tale dichiarazione potrà anche essere orale se resa
innanzi all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria, che ne cureranno
la verbalizzazione; ma deve, per ovvi motivi, essere effettuata per iscritto
nelle ipotesi in cui l’atto di nomina sia consegnato o spedito all’autorità che
procede.
La nomina del difensore non
può essere desunta dalla sola circostanza che il legale abbia autenticato la
firma del querelante ma è necessario che la parte lesa abbia reso nella querela
altre dichiarazioni, dalle quali potere ricavare la sua volontà di essere
assistita dal legale che ha autenticato la firma; se al momento
dell’autenticazione della firma del querelante mancava la dichiarazione di
nomina del difensore, la querela recapitata da un incaricato o spedita per posta
è invalida; e la successiva attività materiale compiuta dalle parti non può in
alcun caso avere un effetto di sanatoria o di ratifica di quell’atto, nè dell’attività
di certificazione posta in essere da chi era carente del relativo potere.
La questione di diritto e
la soluzione adottata dalla Corte
Il principio di diritto
formulato dalla Core è da configurarsi nel primo motivo addotto dal ricorrente
nella presentazione del ricorso e cioè che “le querele proposte dalle persone
offese non sarebbero valide per difetto di autenticazione delle firme dei
querelanti”.
In ordine a ciò, infatti, già
in passato si era verificato un contrasto tra le decisioni delle diverse sezioni
di questa Corte e considerando che i reati per cui si procede nell’esame della
sentenza si sono prescritti, la Corte ” secondo la costante giurisprudenza di
legittimità ” ritiene il proscioglimento per mancanza di querela più favorevole
della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione (cfr.: Cass. pen.,
sez. IV, 28 novembre 1986, Eigenmann, RV 175626; Cass. pen., sez. IV, 1 aprile
1985, Censi, RV 168768; Cass. pen., sez. IV, 15 dicembre 1981, Treossi, RV
152036).
Secondo un primo filone
giurisprudenziale “in tema di querela, affinchè si configuri il potere
eccezionale di autenticazione previsto in generale dall’articolo 39 delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, e in specie,
dall’articolo 337, comma 1, c.p.p., è indispensabile la premessa della qualifica
di difensore di una parte individuata: tale qualità peraltro non può discendere
se non da una investitura, collegata ad adeguata manifestazione di volontà
rivestita degli apparenti requisiti formali, onde in nessun caso è configurabile
una prova presuntiva dell’incarico desunta da determinati comportamenti”
(Cass. pen., sez. VI, 3 ottobre 2003, P.G. in proc. Mignogna, RV 227444:
conformi: Cass. pen., sez. V, 21 maggio 1997, De Paolis, RV 208245; Cass. pen.,
sez. V, 28 settembre 1998, Chiambretti, RV 211517).
Di contro, altre sentenze
hanno evidenziato che la presentazione di una querela autenticata da un
avvocato, seppure questi non risulti in precedenza, ovvero nel contesto
dell’atto, nominato difensore di fiducia, a condizione che sia possibile
individuare una nomina tacita dello stesso da parte della persona offesa.
Inoltre, secondo alcuni
indirizzi la nomina tacita può essere desunta dalla semplice autenticazione
della firma della persona lesa e dall’attività contestuale alla sottoscrizione
dell’atto di querela (cfr. Cass. pen., sez. V, 23 febbraio 1993, PG in proc.
Mancini e altro, RV 193686; Cass. pen. sez. V, 9 marzo 1997, Pendinelli, RV
213124; Cass. pen., sez. IV, 23 aprile 2001, Isaia, RV 219213; Cass. pen., sez.
V, 14 novembre 2000, Feroleto, RV 219190); secondo altre decisioni, invece,
la nomina tacita può essere desunta anche da comportamenti successivi alla
presentazione della querela, tra i quali va ricompresa l’attività difensiva
della parte svolta nel successivo giudizio (cfr.: Cass. pen., sez. V, 22
ottobre 1997, P.C. in proc. Feltri e altro, RV 208995; Cass. pen., sez. V, 21
aprile 1999, Sgarbi, RV 214648).
Invero, l’art. 337, comma 1,
c.p.p., stabilisce che “la dichiarazione di querela è proposta, con le forme
previste dall’articolo 333, comma 2, alle autorità alle quali può essere
presentata denuncia ovvero a un agente consolare all’estero. Essa, con
sottoscrizione autentica, può essere anche recapitata da un incaricato o spedita
per posta in piego raccomandato”.
Da tale norma si desume che la
querela può anche essere “recapitata” ovvero che può essere “spedita”, a
condizione però che l’atto rechi la “sottoscrizione autentica” del querelante;
tale espressione è stata, peraltro, sempre intesa dalla giurisprudenza di
legittimità come quella di “sottoscrizione autenticata”; e tale interpretazione
è stata confermata dalla Corte costituzionale, la quale ha espressamente
affermato che “il recapito della querela mediante una persona incaricata o la
spedizione per posta della stessa, in piego raccomandato, rappresentano una
novità del codice di rito penale in vigore dal 1989.
A tal punto, però, la Corte,
in deroga a quanto sancito in precedenza partendo dall’art. 96, comma 2, c.p.p.,
secondo cui la nomina del difensore di fiducia è “fatta con dichiarazione resa
all’autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa
con raccomandata”, ritiene che una “dichiarazione” della parte costituisce ”
per espresso disposto legislativo ” il requisito fondamentale per la validità
della nomina del difensore; e tale dichiarazione potrà anche essere orale se
resa innanzi all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria, che ne
cureranno la verbalizzazione; ma deve, per ovvi motivi, essere effettuata per
iscritto nelle ipotesi in cui l’atto di nomina sia consegnato o spedito
all’autorità che procede. Essa, però, non necessita di formule
sacramentali come quelle richieste dall’articolo 83 c.p.c. per la procura alle
liti: e ciò in quanto la disciplina prevista dall’articolo 96 c.p.p. si
distingue da quella del codice di procedura civile per una maggiore duttilità,
conseguente alle differenze tra i due tipi di processo: è quindi sufficiente ”
ai fini della validità della nomina del difensore del querelante ” che
quest’ultimo abbia chiaramente manifestato, con una sua dichiarazione, la
volontà di essere assistito da un determinato avvocato.
E sarà compito del giudice del merito stabilire, di volta in volta, se le
espressioni utilizzate dalla persona offesa nell’atto di querela sono
sufficienti a dimostrare la sua volontà di nominare quale difensore di fiducia
il legale che ha effettuato l’autenticazione della sua sottoscrizione:
ovviamente, di tale suo convincimento il giudice dovrà fornire adeguata
motivazione, esente da vizi logici.
Ad ogni modo, la nomina del
difensore non può essere desunta dalla sola circostanza che il legale abbia
autenticato la firma del querelante ma è necessario che la parte lesa abbia reso
nella querela altre dichiarazioni, dalle quali potere ricavare la sua volontà
di essere assistita dal legale che ha autenticato la firma; nè queste
dichiarazioni possono essere sostituite dai cosí detti “fatti concludenti”
posteriori alla presentazione della querela stessa, quali ad esempio la
circostanza che l’avvocato abbia effettivamente assunto il ruolo di difensore
nel corso del successivo giudizio.
La Corte, infatti sostiene che
se al momento dell’autenticazione della firma del querelante mancava la
dichiarazione di nomina del difensore, la querela recapitata da un incaricato o
spedita per posta è invalida; e la successiva attività materiale compiuta dalle
parti non può in alcun caso avere un effetto di sanatoria o di ratifica di
quell’atto, nè dell’attività di certificazione posta in essere da chi era
carente del relativo potere.
Quando invece nella querela sono contenute altre dichiarazioni della persona
offesa, dalle quali può ragionevolmente desumersi che quest’ultima intendeva
nominare quale difensore il legale che ha effettuato l’autenticazione della
firma, allora – per le ragioni prima esposte ” tale autenticazione è
perfettamente valida; e conseguentemente anche la querela è idonea a dispiegare
tutti i suoi effetti.
(Annaflora Sica, © Litis.it, 6
Novembre 2006)
Cassazione Penale, Sezioni
Unite, sentenza n. 26549 del11/07/2006
(Sezioni Unite Penali,
Presidente N. Marvulli, Relatore P. A. Sirena)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 7 giugno 2001, il Tribunale di Roma dichiarò S.M.responsabile
del reato previsto dagli articoli 595 C.P., 13 e 21 della legge 8 febbraio 1948,
numero 47, per avere redatto e pubblicato sul quotidiano “Il Giornale” del 3
agosto 1998 un articolo intitolato “Collaboratori con licenza di delinquere da
Di Maggio a Contorno e Galasso: la protezione statale comodo paravento per
azioni illecite”, il cui contenuto venne ritenuto offensivo della reputazione
della collaboratrice di giustizia F.M.e dell’associazione “Dafne”, presentata
come un sex club gestito in Trastevere dalla stessa F.M..
Con la stessa sentenza il Tribunale di Roma dichiarò, inoltre, C. V.responsabile
del delitto previsto dall’articolo 57 C.P. per avere, quale direttore
responsabile del quotidiano anzidetto, omesso il controllo necessario al fine di
impedire che, con l’articolo dello S., venisse offesa, anche mediante fatti
determinati, la reputazione della persona offesa.
I due imputati furono, perciò,
condannati ” previa concessione delle circostanze attenuanti generiche
prevalenti sulle aggravanti contestate – alla pena di lire 1.000.000 di multa
ciascuno, e in solido al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede,
in favore della parte civile costituita.
Avverso tale decisione proposero impugnazione sia lo S. che il CERVI, ma la
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