Attualità

Cassazione: non sempre è stupro se comincia con un sì

La
Cassazione torna ad affrontare il controverso argomento dello stupro. Stavolta
la terza sezione penale ha stabilito che non è sempre configurabile come reato
di violenza sessuale un rapporto cominciato con l’assenso di entrambi i
partner, ma non interrotto su richiesta di uno degli amanti. I giudici hanno
quindi annullato la condanna a quattro anni di reclusione per un ventenne di
Latina giudicato colpevole di violenza aggravata e continuata nei confronti di
una minorenne.

Nel settembre del 2000 due fidanzati si erano appartati per scambiarsi
effusioni amorose sino ad arrivare ad un rapporto sessuale completo. Poco tempo
dopo, pero’, la ragazza, allora sedicenne ed alla sua prima esperienza, denuncio’
il suo compagno: sebbene avesse prestato il suo consenso all’inizio, aveva
chiesto invano al partner si fermarsi per il forte dolore che gli provocava il
rapporto sessuale. La Corte di Appello di Roma, confermando la decisione del
Tribunale di Latina, aveva condannato il ventenne di Latina a quattro anni di
reclusione per violenza sessuale. Contro la sentenza dei giudici romani
l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione denunciando vizi di motivazione
ed, in particolare, una erronea ricostruzione dei fatti e l’ inattendibilità
della minorenne.

Con la sentenza 24061 depositata oggi la Suprema Corte ha accolto il
ricorso annullando la sentenza e rinviando gli atti alla Corte di Appello di
Roma per un nuovo giudizio. I giudici di secondo grado – si legge nella
motivazione della sentenza della Suprema Corte – non hanno adeguatamente tenuto
conto del fato che la ragazza "aveva accettato di avere un rapporto
sessuale con l’imputato, ma si era opposta nel momento in cui aveva iniziato a
sentire forti dolori nella zona vaginale". Non è stato, inoltre,
considerato nel giudizio di merito che l’imputato aveva dichiarato di agire
"nella certezza di avere un rapporto consentito" e che quindi
"poteva non aver percepito quel disagio che la ragazza avrebbe
successivamente manifestato". La ragazza, infine, il giorno successivo
alla presunta violenza, era tranquillamente andata in macchina con l’ imputato.

Rinviando la decisione ad una diversa sezione della Corte di Appello di
Roma, la Suprema Corte ha chiesto che "vengano nel nuovo giudizio
accertati gli elementi sopra articolati e sui quali è evidente una certa
rilevante discrasia logica".

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