Penale

Comprare i biglietti dai “bagarini” si può! – CASSAZIONE PENALE, Sezione II, Sentenza n. 20227 del 13/06/2006

Si
possono acquistare i biglietti di una partita di calcio dai  c.d. “bagarini”. E’
quanto afferma la seconda sezione della Cassazione nella sentenza in rassegna.
L’art. 712 punisce c
hiunque,
senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a
qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le
offre o per l’entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano
da reato.

Secondo i primi
giudici, la conoscenza della proveienza illecita dei biglietti è notoria

in quanto
l’approvvigionamento avviene non già per i canali rituali ed ordinari, quale il
botteghino dello Stadio, ma a seguito di frequenti fatti di previo
accaparramento degli stessi  sicuramente non legittimi e, dunque, idonei ad
ingenerare in chi acquista il dubbio sulla provenienza da reato delle cose
offerte. Ma la Cassazione non è di questo avviso.

Per gli Ermellini
non vi  motivo di aderire alla tesi dell’automatismo della presunzione di
conoscenza della illecità. Non è detto, infatti, che il procacciamento di
biglietti da parte dei bagarini si sostanzi sempre e comunque in un fatto
sicuramente non legittimo, tale da far ritenere i biglietti acquistati dal
tifoso di provenienza illecita.

(Marco Martini, ©
Litis.it, 5 Luglio 2006)

 


CASSAZIONE
PENALE, Sezione II, Sentenza n. 20227 del 13/06/2006

(Presidente
G.M. Casentino; Relatore A. Esposito)


OSSERVA

X.Y. ha
proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza emessa in data 5/10/2005 con
la quale il giudice Monocratico del Tribunale di Taranto lo condannava alla pena
di Euro 30,00 di ammenda ritenendolo responsabile del reato previsto e punito
dall’art. 712 c.p. avendo egli incautamente acquistato da un bagarino per il
prezzo di L. 50.000 n. 2 biglietti di Tribuna numerata per la partita di calcio
Taranto- Chieti, risultati di provenienza illecita.

A sostegno
del ricorso deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p. lett. e) per manifesta
illogicità della motivazione anche in relazione alla corretta applicazione
dell’art. 712 c.p.

In proposito,
rileva che l’attività dei bagarini si concretizza normalmente nel preventivo
lecito acquisto di un numero elevato di biglietti da rivendere a quei soggetti
che, giunti presso gli impianti sportivi ed essendo nella impossibilità di
rivolgersi alla biglietteria, per essere giunti in ritardo ovvero perchè i
biglietti sono ormai esauriti, non potrebbero altrimenti assistere alla
manifestazione in atto.

Chiede,
pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

Il ricorso è
fondato e, come tale, va accolto.

Ed, invero,
emerge dal testo del provvedimento impugnato la circostanza che il medesimo
giudice, mentre per un verso ha ritenuto che l’imputato avesse riferito la
veridicità dei fatti asserendo che arrivato in ritardo e non essendo più
disponibili i biglietti alla biglietteria si era, appunto, rivolto al bagarino,
dal quale aveva acquistato il predetto biglietto per la somma di L. 50.000 circa,
per altro verso ha ritenuto che tale condotta integrasse il reato di cui
all’art. 712 c.p., essendo notoria la provenienza di siffatta tipologia di
biglietti non già per i canali rituali ed ordinari, ma a seguito di frequenti
fatti di previo accaparramento degli stessi sovente a seguito di fatti di
procacciamento (da parte di coloro che offrono in vendita) sicuramente non
legittimi e, dunque, idonei ad ingenerare in chi acquista il dubbio sulla
provenienza da reato delle cose offerte.

Tale
motivazione, oltre ad essere illogica e contraddittoria, è palesemente erronea
non riuscendosi a comprendere perchè il procacciamento di biglietti da parte
dei bagarini si sostanzi in un fatto sicuramente non legittimo, e non si
comprende perchè i due biglietti in questione siano da ritenere di provenienza
illecita.

In sostanza,
della sentenza impugnata non risulta alcun elemento che consenta di individuare
un reato presupposto dal quale possono provenire i biglietti.

La sentenza
impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio perchè il fatto non
costituisce reato.


P.Q.M.

la Suprema
Corte di Cassazione, II sezione penale, annulla senza rinvio la sentenza
impugnata perchè il fatto non costituisce reato.

Roma,
16/5/2006.

Depositata in
Cancelleria il 13 giugno 2006.

 

mailto:marco@litis.it

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