Ingiusto precludere al minore il diritto di mantenere il cognome materno – CASSAZIONE CIVILE, Sezione I, Sentenza n. 12641 del 26/05/2006
La Corte di
Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in materia di riconoscimento paterno
e in particolare modo nei casi di riconoscimento paterno successivo al
riconoscimento materno e alla conseguente sostituzione del cognome paterno al
cognome materno.
La Cassazione si è uniformata al principio
espresso del Giudice delle leggi ,secondo cui per i figli nati fuori matrimonio
e non riconosciuti dal padre immediatamente o comunque contemporaneamente alla
madre, non solo è esclusa per legge l’automatica imposizione del cognome
paterno, ma deve essere riconosciuta al cognome già acquisito dal figlio una
propria autonoma tutela, in quanto identità personale fino ad allora da lui
posseduta nell’ambiente in cui vive
La Corte quindi, afferma, che pur volendo prescindere dal meccanismo automatico
del cognome, bisogna aver riguardo all’identità personale posseduta dal minore
nell’ambiente in cui è cresciuto fino al momento del riconoscimento da parte
del padre, poichè precludere al minore il diritto di mantenere il cognome
materno, si risolve in un ingiusta privazione della sua personalità.
La vicenda – Il
Sig. X ha presentato ricorso innanzi al tribunale per i minorenni per potere
attribuire al figlio naturale, nato da una relazione con la sig.ra Y e
successivamente riconosciuto, il proprio cognome in sostituzione di quello della
madre. La domanda è stata rigettata dal Tribunale. Il reclamo presentato in
Corte di Appello è stato ugualmente respinto, in quanto la Corte ha ritenuto
che fosse intercorso un notevole lasso di tempo tra il riconoscimento materno e
quello paterno avvenuto successivamente e che in questo lasso di tempo il minore
aveva maturato una propria identità personale e conseguentemente
l’attribuzione del cognome paterno avrebbe creato al minore disagio e
turbamento. Ulteriore elemento ostativo dell’attribuzione al minore del cognome
paterno era la pessima reputazione del padre, appartenente alla criminalità
organizzata del posto. Il sig.X nei confronti di tale decisione,ha proposto
ricorso in cassazione.
La questione giuridica e la
soluzione della Corte –
Nel nostro ordinamento
giuridico, il cognome non svolge solo la funzione pubblicistica, che consente al
soggetto di essere identificato in un determinato nucleo familiare, ma svolge
anche una fondamentale funzione di natura privatistica, quale strumento
identificativo della persona. La tutela costituzionale del diritto al
mantenimento del cognome attribuito alla persona al momento della nascita, in
accordo con le norme di legge, deve ritenersi assoluta. Nel caso di filiazione
naturale, peraltro, non essendovi una famiglia legittima da tutelare, il
cognome del figlio assolve – quanto meno in prevalenza – alla funzione
privatistica.
Secondo il Giudice delle
leggi, per i figli nati fuori matrimonio e non riconosciuti dal padre
immediatamente o comunque contemporaneamente alla madre, non solo è esclusa
per legge l’automatica imposizione del cognome paterno, ma deve essere
riconosciuta al cognome già acquisito dal figlio, una propria autonoma tutela,
in quanto identità personale fino ad allora da lui posseduta nell’ambiente in
cui vive.
La ratio dell’art.262 c.c,
non è quella di parificare la posizione del figlio naturale a quella legittima,
ma è quella di garantire l’interesse del figlio a conservare o meno il cognome
originario. Quindi, tutelare l’interesse del minore, avendo riguardo allo
sviluppo della sua personalità, nell’ambito delle relazioni sociali nel quale
il minore è inserito.
In questo contesto, si
inserisce la crisi del principio dell’automatica attribuzione del cognome
paterno. Infatti, la norma che attribuisce automaticamente, il cognome paterno
ai figli legittimi, è oggetto di critiche, poichè viola il principio di
eguaglianza morale e giuridica dei coniugi sancito dal codice civile e dalla
Carta Costituzionale. Il legislatore , ha pero’ previsto casi in cui
l’automatica trasmissione del cognome non opera, come ad esempio nell’ipotesi
dello scioglimento del matrimonio, ove è consentito alla moglie di conservare
il cognome del marito qualora sussiste un interesse suo o dei suoi figli,
interesse che coincide con l’interesse di assicurare l’identità personale
maturata, o nell’ipotesi della separazione personale, il divieto della moglie di
usare il cognomr del marito, qualora tale uso possa a lui causare grave
pregiudizio.
La stessa Corte
Costituzionale, definisce l’attribuzione automatica del cognome paterno
“retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le
proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà
maritale, non più coerente con i principi dell’orninamento e con il valore
costituzionale dell’eguaglianza tra uomo e donna”.
Quindi, appare non più
attuale la trasmissione automatica del cognome paterno.
La Corte afferma, che pur
volendo prescindere dal meccanismo automatico del cognome, bisogna aver riguardo
all’identità personale posseduta dal minore nell’ambiente in cui è cresciuto
fino al momento del riconoscimento da parte del padre, poichè precludere al
minore il diritto di mantenere il cognome materno, si risolve in un ingiusta
privazione della sua personalità.
In definitiva, il
provvedimento deve tutelare l’interesse del minore e nel caso in esame è
ampiamente provato che nell’intervallo tra i due riconoscimenti, il minore ha
maturato una precisa e ben definita identità individuale e sociale, per il
fatto di essere individuato, con il cognome della madre, nell’ambito sociale in
cui è vissuto. Pertanto, sulla base di quanto detto, la Corte rigetta il
ricorso, in quanto non ravvisa violazione dell’art. 262 c.c.
(Anna Sabia, © Litis.it, 28
Giugno 2006)
CASSAZIONE
CIVILE, Sezione I, Sentenza n. 12641 del 26/05/2006
(Presidente M. G. Luccioli, Relatore S. Del Core)
Svolgimento del processo
il Tribunale per i
minorenni di Napoli, con decreto in data 29 maggio 2003, rigetto’ la richiesta
di F.T. di attribuire al figlio naturale A. E. – nato il 5 giugno 1997 da una
relazione con R. E. e da lui riconosciuto
Successivamente – il Cognome paterno in Sostituzione di quello della madre.
Il reclamo prodotto dal
T., nella perdurante resistenza della E., venne respinto dalla
Corte d’appello sezione minorenni di Napoli In basa alle seguenti
considerazioni . Vi ara stato un notevole Intervallo temporale tra il
riconoscimento materno, effettuato alla nascita del minore, e il
successivo riconoscimento paterno, Intervenuto con sentenza resa pubblica 1’11
novembre 2000. Nelle more, il minore aveva maturato una propria identità
personale come A. E.", essendo conosciuto nell’ambito scolastico e
sociale con tale appellativo. Raggiunta una età Che gli consentiva una
carta capacità di discernimento, il minore aveva acquisito nelle relazioni
intorno ed esterne la consapevolezza dall’appartenenza al gruppo familiare della
madre, per cui sarebbe stata sicuramente fonte di turbamento e disagio 1-assuasàoae
del coSxaawo paterno sostituito o aggiunto a quello materno. Ulteriore elemento
ostativo alla predetta attribuzione era la pessima reputazione
posseduta nel ristretto ambiente di vita del minore dall’avo paterno G.T., noto esponente della
criminalità organizzata locale. Nessuna utilità poteva derivare al minore
dall’esacre contrassegnato in società col Cognome T. a individuato,
quindi, cane -nipote di un camorrista". Tale discendenza non poteva non avere
una ricaduta negativa nella stima in pubblico della figura paterno, pur 4m=-,no
da precedenti penali e pendenze giudiziario. Avendo il cognome la funzione
di strumento identificativo della persona, di’ rilievo costituzionale,
non ora conforme all’ànteresso
del minore l’attribuzione
del cognome paterno.
Di tale decreto il
T. ha chiesto la cassazione con ricorso affidato a due motivi, poi
illustrati con memoria.
Resiste con
controricorso R. E.
L’intimato Procuratore
generale della Repubblica
presso la Corte d’appello
di Napoli non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Nel corso della
discussione orale la difesa della resistente ha eccepito la nullità del ricorso
in quanto non notificato al Procuratore Generale presso il giudice a quo.
L’eccezione è infondata in fatto, risultando il ricorso ritualmente notificate
al predetto ufficio. Peraltro, essa è anche priva di consistenza giuridica,
giacchè dall’art. 262 c.c. si evince che, nelle cause relative all’attribuzione
del cognome al figlio naturale, il pubblico ministero non assume la veste di
parte necessaria. In tali giudizi, pertanto, il ricorso per cassazione avverso
la pronuncia emessa dalla Corte d’appello no- va
notificato anche al procuratore Generale presso la Corte medesima.
Con il
primo motivo, il T. denunzia violazione dell’art.262 c.c.
nonchè messa, insufficiente 0 contraddittoria motivazione su punto
decisivo della controversia. Trascurando le ragioni addotte in sede di reclamo
contro il provvedimento del tribunale dei minorenni, la corte napoletana ha
omesso di rilevare che il riconoscimento paterno era Intervenuto a distanza di
t~ o dalla nascita del minore a causa dell’opposizione della madre e della
conseguente necessità di ricorrere all’Autorità Giudizfaria. La corte
d’appello non ha considerato, in via comparativa, gli