Penale

Infortuni sul lavoro. Anche al caposquafra ca riconosciuta la qualità di “preposto” – CASSAZIONE PENALE, Sezione VI, Sentenza n. 14192 del 14/12/2005

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La vicenda ”

la Corte di Appello di
Napoli confermava la sentenza con la quale il Tribunale condannava B.S. ritenuto
responsabile del reato di cui all’art. 598 c.p. e della violazione degli artt. 4
c. 5 lett. f) e 90 c. 2 lett. b) D. Lgs. 626/94, poichè in qualità di capo
squadra non aveva effettuato il giusto controllo sull’operato degli operai ad
esso sottoposti, cagionando, cosi’, una grave lesione ad A.G., consistita nella
perdita del secondo dito della mano destra.

Proponeva ricorso per
cassazione l’imputato deducendo inosservanza o erronea applicazione della
normativa antinfortunistica che riguarderebbe solo il datore di lavoro e non
anche il dirigente o il preposto, escludendo, cosi’, che egli avesse la
qualifica, attribuitagli, di preposto.

 


La questione di diritto
sollevata e la soluzione della Corte ”

la questione è relativa
all’applicazione dei doveri inerenti alla “posizione di garanzia” rispetto agli
infortuni intercorsi nell’ambiente di lavoro novellata dai D.Lgs. 626/94 e
242/96 al fine di uniformare la normativa italiana del 1955 alla normativa
europea.

Il concetto di “posizione
di garante” è disciplinato dall’art. 40 del nostro codice penale che al 2 comma
stabilisce che “il non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di
impedire equivale a cagionarlo”.

Il nostro ordinamento,
infatti, assegna a determinati soggetti una posizione di garanzia, in
ragione della qualifica dagli stessi assunta.

Determinati soggetti
hanno, cioè, un obbligo giuridico di impedire eventi che possano nuocere
a terze persone, in quanto considerati garanti di determinati interessi.

Con le innovazioni
apportate dai D.Lgs. citati si è operata ” in campo di sicurezza sul lavoro ”
un ampliamento del precetto prevenzionale, prevedendo per il preposto un più
ampio campo di responsabilità.

Con la seguente sentenza
la Corte ha inquadrato il concetto di preposto e fissato il campo di
operatività della sua responsabilità.

Il termine “preposto” ”
spiega la Corte ” si ricava dalla stessa normativa che specifica che sono tali i
soggetti che sovrintendono all’espletamento di attività soggette a normativa
prevenzionale, cioè coloro che hanno il compito di far si che le misure di
sicurezze siano applicate e rispettate.

Nella ipotesi di una
squadra di operai  – dice la Corte ” il caposquadra va inquadrato nella figura
del preposto, in quanto rientra nei suoi compiti dirigere e sorvegliare i
componenti della squadra al lavoro, maggiormente in assenza del datore di
lavoro.

La qualità di preposto va
quindi riconosciuta al caposquadra che abbia compiti di vigilanza e di direzione
dei lavori.

Tale qualifica, inoltre,
puo’ essere desunta anche dalla posizione assunta da ciascuno all’interno del
gruppo lavorativo.

Perchè possa essere
chiamato a rispondere degli eventuali eventi lesivi occorre che il preposto
abbia in concreto, utilizzando il criterio guida dell’effettività, il potere di
intervenire nei compiti precettati.

 

(Lorenzo Sica, © Litis.it,
27 Giugno 2006)

 


CASSAZIONE PENALE, Sezione VI,
Sentenza n. 14192 del 14/12/2005

(Presidente M. Battisti, Relatore G. Campanato)

 

FATTO E DIRITTO

B. S., imputato del reato
di lesioni colpose e di violazione degli artt.4 co 5 lett f) e dell’art .90, co
2 lett b) D lgs 626/94 per non avere controllato in qualità di capo squadra che
il sottoposto A. G. , intento a segare pezzi di legno utilizzasse l’apposito
attrezzo spingi pezzo cagionando allo stesso una lesione personale grave
costituita dalla perdita del secondo dito della mano destra con diminuzione
permanente della capacità prensoria, ( fatto risalente al 12 luglio 1999)
veniva condannato , con la concessione delle attenuanti generiche la pena di sei
mesi di reclusione.

Avverso la suindicata
sentenza il B. proponeva appello chiedendo l’assoluzione dal reato, deducendo di
non avere avuto la qualità di preposto, ma solo di capo squadra, senza alcun
potere di controllo sull’A.; in subordine chiedeva la concessione
dell’attenuante di cui all’art. 114 cp. e la riduzione della pena.

La Corte d’Appello di
Napoli dichiarava estinta per prescrizione la contravvenzione ; confermava la
dichiarazione di responsabilità e, ritenuta la prevalenza delle concesse
attenuanti generiche, determinava la pena in euro 400,00 di multa, confermando
nel resto.

 

Il B. avverso detta
sentenza datata 4.6.04 ha proposto ricorso per cassazione, deducendo
inosservanza o erronea applicazione della normativa antinfortunistica di cui al
D.lgs 626/94 come modificato dal D.Lgs 242/96 , in quanto la norma citata
riguarderebbe il datore di lavoro e non più il dirigente o il preposto.

Con il secondo motivo
deduce anche manifesta illogicità della motivazione, in quanto a suo dire la
corte avrebbe fatto confusione tra le qualifiche attribuitegli, equiparando la
figura dell’assistente a quella del preposto ed a quella del caposquadra: mentre
l’assistente di cantiere, munito di procura, puo’ essere assimilato al preposto,
tale non potrebbe essere considerato il caposquadra, "operaio fra operai, senza
obbligo di vigilanza sull’osservanza delle norme di sicurezza". Assumeva, in
linea di fatto, che nel cantiere di piazza Cavour a Napoli, dove avvenne
l’incidente, vi erano al lavoro decine di operai, tutti minatori specializzati e
di lunga esperienza , con due capisquadra e probabilmente un vero assistente che
sorvegliava le operazioni in sotterraneo, per cui esso ricorrente non aveva
compiti di vigilanza, nè avrebbe potuto in concreto sorvegliare in ogni istante
i suoi compagni di lavoro.

Con il terzo motivo il B.
contesta che l’A. abbia fatto parte del suo gruppo, ricordando come lo stesso
abbia dichiarato all’Ispettorato del Lavoro ed in una successiva dichiarazione
di avere ricevuto l’ordine di ricavare dei cunei da un’asse di legno da parte
del caposquadra Nicodemo Nicola e solo in dibattimento abbia riferito che tale
ordine gli era stato impartito dal B..

 

Con il quarto motivo
lamenta la mancata applicazione della chiesta attenuante di cui all’art. 114 c.p.,
considerato che lo stesso A. era stato imputato e condannato dal tribunale per
non avere fatto uso dello spingi pezzo.

 

Sulla base dei detti motivi
chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata con ogni statuizione
conseguente.

Il Procuratore Generale
concludeva chiedendo il rigetto del ricorso.

 

11 ricorso propone la
questione relativa all’applicazione dei doveri inerenti alla posizione di
garanzia rispetto agli infortuni intercorsi nell’ambiente di lavoro che è stata
novellata dai citati decreti legislativi per rendere uniforme la normativa
italiana risalente alla legge antinfortunistica del 1955 e del 1956 ai principi
della normativa europea.

In particolare con le
innovazioni apportate al testo del 1994 dal decreto legislativo del 1996 si sono
distinte le funzioni e la posizione di garanzia che è propria del datore di
lavoro e non è delegabile a terzi dalle funzioni delegabili ( art. l comma 4
ter ). In questo modo si sono enucleati degli obblighi cosi’ ontologicamente
connessi alla funzione propria ed alla qualifica del datore di lavoro da
renderli assolutamente insuscettibili di traslazione su altri soggetti, sia pure
prescelti ed espressamente delegati dal titolare. Si tratta dei compiti di
valutazione dei rischi connessi all’attività d’impresa di individuazione delle
misure di prevenzione e dei mezzi di protezione, di definizione del programma
per migliorare i livelli di sicurezza, di fornitura dei dispositivi necessari di
protezione individuale, di designazione del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione. Il datore di lavoro non è tenuto ad elaborare
personalmente il piano di sicurezza, ma dovrà scegliere gli esperti che lo
faranno, fissando i tempi ed i modi delle forme di controllo della loro
attività, senza rimettere ad altri l’incarico di assumere questa iniziativa ed
una volta ottenuto il piano dovrà reperire le risorse, organizzare le strutture
e distribuire i compiti fra i suoi collaboratori per renderlo operante.

Accanto al datore di lavoro
sono menzionati dal decreto i dirigenti ed i preposti, dei quali non si dà una
espressa definizione, per cui tali qualità discendono dalla loro posizione
assunta all’interno delle singole aziende o enti.

Venendo a considerare la
figura dei preposti perchè il ricorrente , caposquadra, non aveva senz’altro
una posizione dirigenziale e contesta di poter essere considerato preposto, la
nozione si ricava dall’art 4 bis che riprende il concetto contenuto dell’art.4
dei D.P.R. 547/55 e 303/56, definendoli come i soggetti che sovraintendono
all’espletamento delle attività soggette alla normativa prevenzionale.

Con il termine "sovraintendere",
secondo il concorde orientamento della dottrina e della giurisprudenza, si
indica l’attività rivolta alla vigilanza sul lavoro dei dipendenti per
garantire che esso si svolga nel rispetto delle regole di sicurezza.

Non spetta al preposto
adottare misure di prevenzione, ma fare applicare quelle predisposte da altri,
intervenendo con le proprie direttive ad impartire le cautele da osservare

Con l’art.90 del D.lgs.626/94,
cosi’ come modificato dal D.lgs.242/96 è stat

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