Violenza sessuale. Perdita della potestà solo quando la qualità di genitore è elemento costitutivo del reato – CASSAZIONE PENALE, Sezione III, Sentenza n. 17052 del 17/01/2006
La vicenda –
Su concorde richiesta delle
parti, ex art. 444 c.p.p., il Tribunale di Genova, condannava D.B. per i reati
di cui agli artt. 519, comma 2, 609 bis commi 1 e 2, 609 ter, comma 1 n. 1 e
coma 2 c.p., art. 600 ter; c) artt. 3 e 4 n. 2 Legge 75/58 e art. 600 bis c.p.,
commessi in danno della figlia minore di anni 14.
Il Giudice applicava alla
imputata le pene accessorie della interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e
della privazione della potestà genitoriale.
Contro tale decisione
proponeva ricorso il difensore della B. adducendo ” in particolare – l’erronea
applicazione dell’art. 609 nonies c.p. .
Il difensore sosteneva che
la perdita della potestà genitoriale presuppone che la qualità di genitore sia
elemento costitutivo del reato; è richiesta pertanto una condotta commissiva e
non omissiva da parte del genitore stesso.
La questione di diritto sollevata –
Con la seguente sentenza la
Corte è stata chiamata a risolvere un problema di interpretazione ed
applicazione dell’art. 609 nonies c.p. nella parte in cui stabilisce, come pena
accessoria ” per i delitti previsti dagli artt. 609 bis, 609 ter, 609 quater,
609 quinques e 609 octies ” “la perdita della potestà del genitore, quando la
qualità di genitore è elemento costitutivo del reato”.
Si tratta di una sentenza
innovativa, di cui avevamo già in
precedenza dato conto su Litis.it, che introduce in giurisprudenza una nuova
interpretazione in campo di reati a sfondo sessuale e che va ” come vedremo ”
anche a modificare ed ad annullare precedenti interpretazioni.
La soluzione adottata dalla Corte –
Secondo l’art. 609 nonies
comma 1 n.1) la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale puo’
essere applicata solo qualora la qualità di genitore risulti elemento
costitutivo del reato stesso.
Pertanto ” osserva la Corte
” è lo stesso art. 609 c.p. a stabilire le fattispecie cui puo’ essere
applicata la sanzione accessoria prevista nel n. 1) dello stesso art. 609 c.p. .
Poichè la qualità di
genitore non è più prevista come circostanza aggravante ” come era previsto
dal previgente art. 541 c.p. ” tale qualità deve essere presa in considerazione
” ai fini della pena accessoria ” quando risulti essere elemento costitutivo del
reato contestato.
Alla luce di tale
precisazione ” continua la Corte ” la decadenza dalla potestà genitoriale è
possibile “solo per il delitto di cui all’art. 609 quater n. 2 che, punendo
gli atti sessuali commessi dal genitore con i figli consenzienti infrasedicenni,
è l’unica fattispecie in cui la qualità di genitore è elemento costitutivo
del reato”.
In conclusione – afferma
la Corte ” il richiamo effettuato dall’art. 609 nonies agli altri delitti,
diversi dall’art. 609 quater, si giustifica solo in realzione alla pena
accessoria della interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla
tutele e alla curatela e all’effetto penale della perdita del diritto agli
alimenti e della esclusione dalla successione della persona offesa.
Sulla base di tali
osservazioni la Corte ha, conseguentemente, dichiarato l’illegittimità di una
precedente massima giurisprudenziale (Cass. se. III sent. n. 26196 del 18.6.03
rv. 225733) che aveva considerato legittimo il provvedimento della perdita della
potestà di genitore per tutti i reati di cui agli artt. 609 bis, ter, quater,
quinques e octies, poichè tale qualità è elemento costitutivo o circostanza
aggravante del reato.
Condivisibile ” secondo la
Corte ” è, invece, la sentenza della Sez. III n. 34793 del 25.9.01 rv. 219993,
secondo la quale è legittimo il provvedimento della sospensione della potestà
genitoriale nei procedimenti per il reato di violenza sessuale in danno di un
figlio minore, venendo tale misura ad incidere sull’esercizio di quegli stessi
poteri che hanno permesso l’abuso ed avvalendosi dei quali non solo potrebbe
verificarsi una reiterazione del reato, ma porsi in essere comportamenti idonei
ad influire sulla genuina acquisizione della prova nell’iter processuale.
Attraverso tale sentenza la
Corte denuncia l’esistenza, nel sistema normativo, di numerose incongruenze in
ordine al reato di cui all’art. 609 bis c.p. dovute ad una inesatta
interpretazione del tenore letterale delle disposizioni codicistiche.
Che sia un monito per tutti
i Giudici di merito?
Si tratta ” in ogni caso ”
di una sentenza che, forse, porterà un po’ di chiarezza nel vasto panorama dei
delitti a sfondo sessuale in danno di minori, reati di cui, purtroppo, si sente
sempre più spesso parlare.
(Lorenzo Sica, © Litis.it,
13 Giugno 2006)
Cassazione Penale,
Sezione III, Sentenza n. 17052 del 13/01/2006
(Presidente C. Vitalone, Relatore P. Onorato)
Svolgimento del
processo
1 –
Con sentenza del 4.5.2005
il g.i.p. del tribunale di Genova, su concorde richiesta delle parti ex art. 444
c.p.p., ha applicato a Daniela B. la pena di cinque anni di reclusione in ordine
ai seguenti reati uniti nella continuazione, commessi in danno della figlia
minore di anni 14, A) artt. 519, comma 2, e 609 bis commi 1 e 2, 609 ter,
comma 1 n. 1 e comma 2 c.p.; b) art. 600 ter; e) artt. 3 e 4 n. 2 legge 75/19>4
e art. 600 bis c.p.. con recidiva.
In sostanza all’imputata
era stato contestato di aver costretto la figlia a compiere e subire atti
sessuali con tale Rocco Gatto, di aver sfruttato la figlia per realizzare
materiale pornografico e di aver sfruttato la prostituzione minorile della
medesima.
Il giudice ha inoltre
dichiarato la B. interdetta in perpetuo dai pubblici uffici, priata della
potestà genitoriale e del diritto agli alimenti ed esclusa dalla successione
della persona offcsa. nonchè interdetta in perpetuo dal qualsiasi ufficio
attinente alla tutela e alla curatele.
2 –
Ricorre il procuratore
generale di Genova, deducendo:
a) inosservanza de11’art.
444, comma 1 bis c.p.p., atteso che l’imputata era recidiva reiterata e non
poteva quindi accedere al c.d. patteggiamento allargato;
b) mancanza o manifesta
illogicità di motivazione in ordine al giudizio di prevalenza delle attenuanti
di cui agli artt. 62 n. 6 e 62 bis c.p. rispetto alle aggravanti contestate e
alla recidiva.
3- Propone ricorso anche il
difensore della B., deducendo:
-
erronea applicazione
dell’art.
609 nonies
c.p.. atteso che
la perdita della potestà genitoriale ivi prevista presuppone che la qualità
di genitore sia elemento costitutivo del reato e pertanto richiede una
condotta commissiva e non omissiva da parte del genitore medesimo; -
erronea applicazione
dell’art. 29 c.p., giacchè la interdizione perpetua dai pubblici uffici
presuppone una condanna non inferiore a cinque anni di reclusione.
Motivi della
decisione
4 –
Il ricorso del procuratore
generale va respinto.
il primo motivo è infatti
privo di fondamento giuridico.
Invero secondo l’art. 444,
comma 1 bis, c.p.p., sono esclusi dal c.d. patteggiamento allargato, introdotto
dalla legge 12.6.2003 n. 134 per i reati puniti con pena detentiva non
superiore a cinque anni ivi computata la diminuzione di un terzo per il rito,
soltanto i processi per i reati di particolare allarme sociale tassativamente
indicati nei commi 3 bis e 3 quater dell’art. 5 1 c.p. e quelli contro
delinquenti abituali, professionali o per tendenza ovvero contro recidivi
reiterati ai sensi dell’art. 99, comma 4, c.p..
Orbene, nel caso di specie,
i reati contestati alla B. non rientrano in quelli suindicati, mentre
all’imputata è stata contestata solo la recidiva semplice, non già quella
reiterata asserita dal ricorrente.
Su quest’ultimo punto,
questa corte ha già avuto modo di precisare corre